Un manichino crocifisso, vestito di vecchi abiti macchiati di rosso: a simboleggiare "la negazione della violenza, delle guerre e delle torture". Gino Cinus, monastirese di 60 anni, artista per gioco, nel suo lavoro all’ospedale Oncologico di Cagliari ha voluto esprimere il concetto del tutto personale della croce.

"Sono convinto che la figura sulla croce vada vista come quella di un uomo reale: uno come noi che al di là del bene e del male compiuto debba sempre portare la croce", spiega Cinus. Dipendente ospedaliero, musicista (suona nella banda musicale di Monastir), non ama esporsi ma le sue opere fanno parlare, e discutere.

Agli encomi si sono accompagnate le critiche; l’uomo in bicicletta (un manichino vestito all’antica in sella alla due ruote) è stato bruciato qualche anno fa.

Cinus ora ha vestito e fissato a una croce il suo personalissimo inno alla pace, alla non violenza. "Realizzando quest’opera pensavo che l’uomo non ha ancora imparato nulla: ancora si fa la guerra per interessi economici e per motivi di religione, ammazzando, massacrando innocenti, donne e bambini, e torturando civili inermi", dice ancora Cinus, artista provocatorio, sempre pronto a spingere a riflettere sulla storia e sulla cronaca di oggi. Come ha fatto l'opera delle scarpe rosse disposte in fila davanti alla chiesa di San Sebastiano: un'installazione di qualche anno fa contro il femminicidio.

E il manichino crocifisso di oggi che, aggiunge Cinus, "è il mio messaggio destinato a fare intendere quello che volevo".
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