F orse la notizia vera è che alla Reuters sono andati avanti per 170 anni a guida esclusivamente maschile, anche se bisogna tenere conto che le donne sono arrivate in forze nelle redazioni molti decenni dopo gli uomini: è dunque fisiologico che conquistino i vertici con un certo ritardo, diciamo così.

Fatto sta che la nomina di Alessandra Galloni alla direzione di una delle agenzie di stampa più importanti al mondo - 2.500 giornalisti e 600 fotografi in 200 città - è stata celebrata da giornali e tv per un solo motivo: è la prima donna.

P erò, se si ha voglia e tempo di leggere il curriculum della neo direttrice - laurea ad Harvard, master alla London School of Economics, quattro lingue, tredici anni al Wall Street Journal come corrispondente da New York, Parigi, Londra e Roma, capo ufficio Europa meridionale della stessa Reuters e poi editor delle Global news, numerosi premi internazionali - si intuisce che il genere conta poco, la competenza invece tanto. Che poi è quello che vogliamo quando parliamo di parità ed equità.

Negli stessi giorni c'è stato spazio pure per Maria Chiara Carrozza, presidente del Centro Nazionale Ricerche. Anche qui, mai nessuna prima. E anche qui, un super curriculum: ordinaria di Bioingegneria industriale, responsabile dell'area Neuro-robotica dell'istituto di Biorobotica della Scuola superiore Sant'Anna di Pisa di cui è stata anche rettrice, presidente del gruppo nazionale di Bioingegneria oltre che ex deputata ed ex ministra.

E se Elon Musk, il multimiliardario patron di Tesla, annuncia che “porterà” la prima donna sulla luna (la Nasa ha affidato alla sua società Space X la missione Artemis, un progetto da due miliardi e 800 milioni di dollari per l'allunaggio di un veicolo commerciale) a sentire le interviste delle astronaute si scopre che sono tante e ci sarebbe da stupirsi solo se restassero a terra.

Il problema dal gender gap però c'è e resiste fortissimo in molti settori. Persino nella musica, altrimenti il sovrintendente della Scala di Milano Dominique Meyer non avrebbe annunciato un codice per la dignità delle lavoratrici. Bisogna far capire alle giovani, ha spiegato, che se hanno talento avranno una chance. Prima, invece? C'erano resistenze che ora vanno scemando: sul podio salgono direttrici d'orchestra mentre coreografe, registe e compositrici firmano spettacoli importanti. Ma sovrintendenti neanche una. L'equità si riferisce anche alla remunerazione che, evidentemente, pari non è, e non solo alla Scala di Milano. Basti ricordare Valerie Baudson, nominata ceo di Amundi, il colosso europeo del risparmio gestito che raddoppia, da 10 a 20 miliardi, gli investimenti dedicati alla transizione energetica. Bravissima, però il suo stipendio è decurato di un terzo rispetto al suo predecessore. Del resto, se l'Istat dice che le donne in Europa guadagnano il 15 % in meno degli uomini un motivo ci sarà. Il divario più vistoso (23%) è proprio tra i manager mentre nei lavori impiegatizi, nei servizi e nel commercio il reddito è sempre inferiore ma “solo” dell'8%. Come dire, più vai avanti più la forbice si allarga. Siamo sulla buona strada sì, ma quanto è lunga.

MARIA FRANCESCA CHIAPPE
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