L a crisi del coronavirus per Matteo Salvini è un passaggio delicato, la Lega sta cercando un riassetto complicato perché essere all'opposizione in questo momento è paradossalmente più difficile che stare al governo. L'epidemia diffonde paura e smarrimento, gli elettori cercano di essere rassicurati, in Italia si privilegia il dibattito sulla salute ignorando altri fatti decisivi.

A d esempio che un'economia malata riduce le aspettative di vita in breve tempo. Il coronavirus ha allungato l'esistenza al governo Conte e sul taccuino di Salvini da mesi c'è la domanda del compagno Lenin: che fare? Come sempre, per appendere il quadro ci vuole il chiodo. E mentre cercava la risposta il chiodo è arrivato dalla Giunta delle immunità del Senato sul caso Open Arms: no al processo, ora la parola passa all'aula, ma il colpo per il Pd e il Movimento Cinque Stelle è duro sul piano dell'immagine e della sostanza politica: non si può disconoscere una linea sull'immigrazione sostenuta ieri in maniera collegiale (governo gialloverde), per fare della tattica parlamentare oggi (governo giallorosso), tra l'altro con lo stesso presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che oggi dice non aver saputo niente - il capo del governo - di quello che faceva il ministro dell'Interno. Non è credibile. E la non partecipazione al voto di Italia Viva è la ciliegina sulla torta a forma di boomerang.

Salvini ora ha un'occasione, una finestra di tempo a disposizione. Cosa può fare? Vediamo prima lo scenario. Il lockdown ha messo in difficoltà Salvini per quattro motivi. 1) La Regione più colpita dal coronavirus è la Lombardia a guida leghista; 2) Salvini è un politico di movimento che è a suo agio in piazza, ma oggi le piazze sono vuote e le urne virtuali meno piene che in passato; 3) La crisi economica impone a Salvini la costruzione di un altro storytelling, perché quello del leader della Lega sull'immigrazione è improvvisamente invecchiato, appariva monocorde ben prima del coronavirus e ora è sparito dal radar delle cose che contano; 4) Il premier Conte ha una maggioranza debole di cui egli però rappresenta l'insostituibile collante, lo stato d'eccezione per il governo è stato il Gerovital, gli ha allungato la vita e anche mostrato un'indubbia capacità di mediazione del premier.

La decisione della Giunta delle immunità dà dunque a Salvini l'occasione per aprire una sua Fase 2. E qui veniamo al come. Subito dopo la decisione del Senato il leader leghista ha annunciato il ritorno al suo “ambiente naturale”, una manifestazione di piazza per il 4 luglio, probabilmente al Circo Massimo a Roma. La scelta della data è importante: siamo in piena estate, la stagione balneare è in parte compromessa, il debito galoppa, gli aiuti alle imprese e alle famiglie sono ostaggio della burocrazia, la liquidità estinta, gli effetti devastanti del lockdown su produzione, disoccupazione, commercio, tutti in campo. A questo dobbiamo aggiungere i contrasti nell'Unione europea. È la condizione ideale per la Lega per colpire i ritardi del governo e far leva sul malcontento sociale. Quello sarà un momento difficile per il premier Conte, quella sarà anche l'occasione propizia per far maturare un cambio di guida dell'esecutivo o una crisi pilotata che conduca alle elezioni anticipate in autunno.

Per fare tutto questo la Lega deve presentare un programma di governo, deve tessere la tela, non disfarla. Presentare una leadership costruttiva (possibilmente separata dalla premiership, dal candidato a Palazzo Chigi), la tutela attiva e non sbandierata dell'interesse nazionale in un'idea di nuova Europa da edificare e non da demolire (abbiamo visto quanto sia importante per i nostri conti l'azione della Bce), un ritorno alle politiche per i ceti produttivi, un cambiamento generazionale per i giovani e con i giovani, la coltivazione della cultura della libertà e non del divieto e dell'iper-regolazione (perfino degli affetti).

Il problema della Lega è semplice e inesorabile, deve risolvere le sue contraddizioni: tutto questo per ora non c'è. E non c'è molto tempo per farlo.

MARIO SECHI

DIRETTORE DELL'AGI

E FONDATORE DI LIST
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