D ove eravamo rimasti? Vaccinazione e ricostruzione sono i pilastri del 2021, il nostro imperativo categorico che va affermato ogni giorno, ma si respira un'aria di astrattismo mentre abbiamo bisogno di concretezza.

Andiamo al sodo, vediamo come stanno andando le cose. Partiamo dalla ricostruzione, il futuro degli italiani. Camminiamo a fari spenti nella notte, abbiamo 300 mila imprese defunte finora (e altre migliaia faranno la stessa fine), non siamo mai usciti dalla politica dell'emergenza, abbiamo troppi bonus e pochi investimenti, così il governo è finito in testacoda sul piano del Recovery Fund. C'erano tutte le premesse per far bene, ma se le sostituisci con le promesse, l'epilogo è che non riesci a mantenerle. Al resto ci pensa l'improvvisazione. Siamo in ritardo, senza un piano per la ripresa, con una concorrenza degli altri Paesi europei affamata al punto che Macron qualche giorno fa si è presentato - senza averne alcun titolo - alla firma dell'intesa sugli investimenti tra Unione Europea e Cina. Mostrarsi di fronte a Xi Jinping per assicurare un posto al sole d'Oriente all'industria di Parigi. Scorretto, ma il risultato finale è che l'Italia non c'era.

Matteo Renzi ha chiesto modifiche sostanziali e la fine dei “pieni poteri” di Conte, il premier durante la conferenza stampa di fine anno ha detto che andrà alle Camere e così facendo ha scoperto incautamente (si chiama inesperienza) le sue carte, perché se decidi di parlamentarizzare la crisi i casi sono solo due: o ti suicidi in aula o hai i voti che sostituiscono quelli di Italia Viva.

N el primo caso, amen; nel secondo, la mutazione genetica della maggioranza apre le porte a un Conte III destinato a un rally quotidiano in Parlamento. Il tam tam del Palazzo dice che Conte (per ora) ha i voti dei “responsabili” di turno, ma Renzi (che ovviamente lo sa) nella tattica è svelto e ha deciso di andare a vedere il “buio” del premier. Dici di avere i voti? Vediamoli. Non li hai? Vai casa. Li hai? Forse vai a casa lo stesso, perché cambiare natura alla maggioranza, in queste condizioni, è un rodeo. Renzi è in una posizione win-win.

Sul taccuino c'è una domanda: cosa farà il Pd? Serve un'iniziativa politica del segretario Nicola Zinagaretti. Sottolineo, iniziativa politica, non un dito nella diga piene di crepe. Perché se Conte soccombe, deve inventarsi un nuovo governo (non si vota), se Conte ha un'altra maggioranza, deve prepararsi a un corso di sopravvivenza nella giungla. La politica serve a evitare di finire nella botola della crisi al buio. E veniamo alla vaccinazione. L'Italia ha a disposizione 469.950 fiale e i vaccinati sono 46.506, siamo solo al 10% di immunizzati sul totale della prima fornitura. Qualche pietra di paragone: la Germania ha vaccinato 188,553 persone, il Regno Unito è a quota 1 milione, gli Stati Uniti sono arrivati a 2,8 milioni. Israele è il leader della classifica dei vaccinati ogni 100 persone (11,55), l'Italia è agli ultimi posti con 0,08 dosi per 100 persone. C'è solo un grande Paese che finora fa peggio di noi, la Francia, con poco più di 300 vaccinati, una prestazione disastrosa che dice tutto sulla crisi che attraversa Macron.

La differenza con Parigi (per quelli che domani cominceranno a dire “e la Francia allora?”) è che l'Italia, il “Paese modello”, ha il record mondiale di mortalità per 100 mila abitanti, l'economia a pezzi e il rapporto tra debito pubblico e Pil oltre il 160%. La nostra campagna di vaccinazione è partita male, abbiamo cannato il frazionamento del rischio, ci siamo affidati all'Europa ma senza un piano B, su sei vaccini selezionati ne abbiamo disponibile solo uno (quello di Pfizer-Biontech) e purtroppo non è quello su cui abbiamo puntato (AstraZeneca).

Segnaliamo che i tre governi presi di mira dal giornalismo collettivo - Stati Uniti, Regno Unito e Israele - sono quelli che vaccinano meglio di tutti. Il palazzinaro di Manhattan (Trump), il premier da pub (Johnson) e l'inaffondabile (Netanyahu) hanno regolato i conti con la storia: Donald ci ha dato l'unico vaccino occidentale in servizio in Europa, Boris via Brexit ha battuto tutti sul tempo ben due volte per approvazione e partenza della campagna (con Pfizer-Biontech e AstraZeneca), Benjamin ha costruito un caso esemplare di organizzazione (militare, certo) e velocità d'esecuzione.

Nell'Europa continentale perfino l'ordinata Germania fatica a tenere il passo. La cancelliera Merkel ha dovuto ricorrere alle forniture extra (rompendo il fronte unitario dell'Unione europea) e ha dato il via libera all'acquisto di 30 milioni di dosi in più, ci sono ritardi nelle consegne (Biontech ha lanciato l'allarme, chiedendo di approvare a tutta velocità altri vaccini in Europa), in una residenza per anziani sono entrati in fase Sturmtruppen e tirano a sorte per il vaccino. È un gong per tutti, se Berlino arranca, figuriamoci gli altri. L'Italia può recuperare, per cambiare rotta occorrono umiltà e organizzazione, due ingredienti che nel governo scarseggiano. La crisi aperta da Renzi nasce dall'immobilismo di Palazzo Chigi. Declinano i verbi al futuro, ma il governo deve parlare (e fare) nel presente.

MARIO SECHI

DIRETTORE DELL'AGI

E FONDATORE DI LIST
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