D omenico Arcuri, commissario straordinario per il potenziamento delle infrastrutture ospedaliere per l'emergenza Covid-19, ha deciso di fissare il prezzo delle mascherine chirurgiche. Chi gliene abbia conferito il potere, non è chiaro. Il decreto legge che ne istituisce la figura e le competenze non sembra dargliene facoltà. Ma non importa, ci siamo abituati: nell'emergenza tutto è lecito, lo sarà pure decidere per legge quanto costano le mascherine. Oltre a essere lecito, è conveniente?

La mascherine avevano, prima della crisi, un prezzo molto modesto. Il rivenditore le comprava all'incirca a 10 centesimi l'una. Oggi il medesimo negoziante (il più delle volte, un farmacista) le paga fra le cinque e le dieci volte tanto. Che cosa è cambiato? È esplosa la domanda, causa Covid-19. Come il lettore ricorderà, da principio alcuni “esperti” hanno sostenuto che le mascherine non dovessero essere usate dalle persone comuni. Che ciò fosse coerente con le conoscenze di quel momento circa le modalità di trasmissione del virus, oppure che rispondesse alla volontà di preservare gli approvvigionamenti ospedalieri evitando la corsa alla mascherina, è difficile a dirsi.

F atto sta che proprio sulla faccenda mascherine ha cominciato a incrinarsi la fiducia delle persone nelle istituzioni. Ora lo Stato corre ai ripari e prescrive la mascherina sanitaria per tutti.

Ovviamente se si costringe la gente a portarla, la mascherina gliela si dovrà anche dare. Come? La produzione, lo abbiamo imparato, avviene in larga misura in Cina. Ci sono imprese che realizzano dispositivi di protezione per le vie respiratorie anche in Italia, fino a qualche mese fa il loro mercato più importante riguardava la tutela dei lavoratori dalle polveri nell'edilizia. Siccome siamo la seconda manifattura d'Europa, e abbiamo una storia nel tessile che risale all'alba dei tempi, non era difficile immaginare che molte aziende si riadattassero per fornire questo prodotto. Più mascherine di stoffa ci sono, e meno mascherine chirurgiche servono. Il prezzo di queste ultime è lievitato sia per la maggiore richiesta, sia perché ci si è affidati al trasporto per via aerea. Ma sapendo che la domanda sarà stabilmente superiore al passato, nei prossimi mesi, è possibile organizzare trasporti via nave, riducendo i costi.

In realtà per ora abbiamo soprattutto messo i bastoni fra le ruote a chi le mascherine le importava per davvero. È ammesso infatti lo sdoganamento di tutte quelle che sono già “piazzate” presso ASL e ospedali. Vengono requisite quelle che arrivano ad un intermediario che non può ancora indicare l'acquirente finale. Per evitarlo si è trovato un escamotage: una “donazione volontaria” del 20% alla Protezione civile, per salvare capra e cavoli.

Fino all'altro ieri. Quando è stato definito un prezzo massimo alla vendita: 50 centesimi. Capite bene che se il rivenditore le ha pagate 60 centesimi, ci rimette. È un'aritmetica complessa, che ha tenuto impegnati i decisori alcune ore, prima di disporre un sussidio ai farmacisti che abbiano già acquistato a un prezzo più alto. Il prezzo di vendita è artificialmente ribassato, e sussidiato. Siccome lo Stato non può controllare i prezzi di un mercato mondiale, prova a fare il gioco delle tre carte. Aspettandosi un “bravo” dai cittadini per la sua risolutezza e sperando che i rivenditori scommettano sulla sua velocità nel distribuire sussidi. Le imprese che si sono attrezzate per distribuire mascherine in Italia, invece, si trovano costrette a competere in un mercato falsato: se fanno mascherine chirurgiche dovranno accontentarsi di un prezzo presumibilmente vicino ai loro costi di produzione, se fanno mascherine di stoffa sconteranno una concorrenza falsata. L'incentivo agli importatori per adoperarsi diminuisce. E ahinoi i farmacisti conoscono la lentezza dello Stato pagatore. Come si risolve il problema? State tranquilli, ci ha detto il commissario Arcuri, abbiamo acquistato macchinari e cominceremo a produrre direttamente. Quando, come, a che costi, non si sa. Ci sarebbe da ridere, se non ci fosse in ballo la salute delle persone.

ALBERTO MINGARDI

DIRETTORE DELL'ISTITUTO

“BRUNO LEONI”
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