M ario Draghi ha esortato i suoi ministri a «comunicare solo quello che facciamo, quando lo facciamo». I ministri non hanno fatto lo stesso coi loro consiglieri. Walter Ricciardi, che lavora col ministro Speranza, ha chiesto, attraverso una serie di interviste, un nuovo lockdown, per mettere sotto controllo le varianti del virus. Alle dichiarazioni dell'esperto di salute pubblica ha reagito Matteo Salvini, facendogli una domanda tutto fuorché peregrina: ma perché il consigliere del ministro parla coi giornalisti, anziché col ministro e, per suo tramite, col nuovo premier?

Essendo fatta da esseri umani, la politica è necessariamente una faccenda in cui abbondano errori di valutazione e passi falsi. È, inoltre, materia in cui ci si muove appellandosi alle emozioni, agli istinti più profondi, facendo balenare qualche magia e contando che il pubblico non veda il trucco.

È il caso della campagna vaccinale. Prima ancora che incominciasse, in Italia abbiamo discusso a lungo su che cosa fare per convincere i riottosi: secondo i sondaggi, grosso modo il 30% della popolazione. Sarà senz'altro un problema da porsi, ma forse dopo avere vaccinato quel 70% di popolazione che invece è ben disponibile a farlo. Poi ci siamo appassionati alla necessità di essere autosufficienti e abbiamo messo 81 milioni di euro di Invitalia, cioè del contribuente, in un vaccino “italiano” che sarà approvato, se va bene, a settembre, e poi andrà prodotto e inoculato.

I n tutto questo, è cominciata a serpeggiare l'idea che il nuovo modello di contrasto all'epidemia debba essere CovidZero: quindi, lockdown per evitare la diffusione delle varianti, fino a quando non avremo vaccinato almeno tutti coloro che appartengono alle categorie più fragili.

Per fortuna qualcosa si muove. In Lazio pare che il sito per fare le prenotazioni stia funzionando bene, e così pure in Lombardia nonostante un comprensibile problema di sovraffollamento, nelle prime ore in cui è stato messo on line. Il ritmo però deve intensificarsi. Il 14 febbraio avevamo somministrato 4,94 dosi ogni 100 persone (parliamo di dosi perché alcuni vaccini hanno bisogno di un richiamo, altre no): in Europa, non è molto diverso da quanto è avvenuto in Spagna (5,18), in Germania (4,95) ma anche in Romania (5,79).

In Inghilterra il valore è molto più alto, 23 dosi ogni 100 abitanti. Gli inglesi stanno sperimentando un lockdown molto rigoroso. Lo stesso vale per la Francia, dove sono state somministrate ancor meno dosi che da noi, 4,25 ogni 100 abitanti. Ma ciò non è invece vero in Spagna, dove in diverse regioni le restrizioni possono essere più o meno pesanti (a Madrid sono aperti i teatri) e persino in Catalogna, dove le norme sono severe, si è votato in tutta tranquillità. Negli Emirati Arabi, che hanno somministrato 51 dosi/100 abitanti, dal 7 febbraio sono entrate in vigore disposizioni più rigide: i cinema possono riempire le sale solo a metà, palestre, centri commerciali e spiagge private devono operare al 70% della capacità, pub e bar resteranno chiusi per un mese. Rispetto all'Italia, un parco divertimenti. Negli Stati Uniti, dove sono state somministrate 15 dosi ogni 100 abitanti, il grado di chiusura delle attività, per così dire, varia da stato a stato.

Non tutti i Paesi hanno scelto la via di abbinare lockdown e campagna vaccinale. Noi italiani, in particolare modo, dovremmo sapere bene che se il lockdown serve a comprare tempo non è detto che la politica lo userà bene.

Meglio concentrarsi sull'aumentare il passo delle vaccinazioni. Per farlo, bisognerebbe esser certi di usare tutte le dosi disponibili.

In realtà il tanto bistrattato mercato aiuterebbe. Da una parte, avere una certa quota di vaccini disponibili per consumo privato farebbe sì che chi vuole possa, in modo trasparente, “saltare la coda”: riducendone così la lunghezza per tutti gli altri. Dall'altra, è inevitabile che ci saranno delle dosi che non verranno utilizzate: è impossibile, infatti, che come in tutte le cose non ci siano appuntamenti che saltano, pazienti che non si presentano per i motivi più diversi.

I vaccini di Pfizer e Moderna, che sono quelli oggi disponibili, hanno bisogno di essere conservati a temperature molto basse. Che succede in assenza di vaccinandi? Li si butta via? Non sarebbe meglio avere liste d'attesa parallele, per pazienti “solventi” e disponibili ad essere chiamati in caso sopravvenga una disponibilità?

Sono problemi che ci si dovrebbe porre, pensando a un obiettivo concreto: vaccinare quante più persone possibile, nel più breve tempo possibile, per ridurre la pressione sul sistema sanitario e restituire a tutti una vita più normale.

ALBERTO MINGARDI

DIRETTORE DELL'ISTITUTO

“BRUNO LEONI”
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