R uth è una signora meravigliosa e molto intelligente. Seduta su un divanetto dell'Hotel Sandalia, a Nuoro, mi rivela con grande umiltà di aver disegnato lei il sistema sanitario di Hong Kong, una regione a statuto speciale con otto milioni di residenti e una popolazione media quotidiana di quattordici milioni, compresi turisti e visitatori.

Dopo una settimana in Sardegna (in realtà io sono amico di suo marito, rettore della più innovativa università di Hong Kong, mio ospite per una visita di approfondimento nel campo del turismo, artigianato ed enogastronomia), lei vuole parlarmi e avere spiegazioni. In sintesi, non si capacita della nostra disorganizzazione e della nostra povertà. «Com'è possibile?» mi chiede incredula. «Siete una popolazione meno numerosa di quella di un qualsiasi quartiere di una città asiatica, seduti sopra un immenso tesoro, un'isola unica al mondo: proprio non comprendo come possiate avere questi problemi».

Si sofferma ovviamente anche sulla sanità, e alcune settimane dopo riprendiamo quest'ultimo discorso nella terrazza del T Hotel in Pok Fu Lam, di fronte a una delle più belle baie di Hong Kong, nella pausa di una conferenza. Mi ribadisce che il concetto più difficile da spiegare a un non asiatico è la grandezza dei numeri in gioco: «Vedi quel blocco lì davanti?» mi chiede indicandomi alcuni grattacieli residenziali, uno dei tanti raggruppamenti che costellano la costa come funghi. (...)

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