I l voto in Emilia è uno spartiacque per la legislatura e presenta uno scenario parallelo alla crisi del governo giallo-verde nell'estate dell'anno scorso. Allora, dopo il voto europeo di maggio, i rapporti di forza tra Lega e Cinque Stelle si invertirono, il partito di Salvini passò dal ruolo di junior partner a partito guida nel paese. Il sisma fu rapido, di fronte alle richieste della Lega di riequilibrare la linea politica, i grillini risposero picche, Salvini tentò di far cadere il governo. Cadde lui.

Ieri la Lega ha mancato l'appuntamento con il sottosopra in Emilia, Salvini ha perso, resta il primo partito in Italia, ma ha mostrato limiti di cui abbiamo già scritto. Il Pd perde una regione, la Calabria, ma sprizza felicità e questo dà la cifra di quanto fosse importante mantenere il controllo dell'Emilia.

La storia si ripete. Al posto della Lega c'è il Pd che ha un alleato a Palazzo Chigi, il Movimento Cinque Stelle, in via di estinzione nel paese. E naturalmente in un battibaleno - la politica ha le sue regole ferree - i dem hanno chiesto ai grillini di riequilibrare “l'asse politico del governo”. Traduzione: abbiamo vinto le elezioni in Emilia, in Calabria siamo il primo partito, voi siete quasi spariti dalla mappa politica, comandiamo noi. Risposta dei Cinque Stelle: neanche per sogno, in Parlamento siamo il primo gruppo, nulla è cambiato. Gong. Per chi suona la campana?

Cinque Stelle cadenti. Pd e M5S stanno anticipando la crisi che verrà.

C onte ieri esprimeva soddisfazione dicendo che bisogna «contrastare queste destre e mi auguro si possa rafforzare un ampio fronte, chiamatelo come volete, progressista, riformista, alternativo alle destre». Che cosa siano le destre lui in fondo lo sa bene: sbucato dal nulla, è stato nominato premier nel 2018, con i voti in Parlamento delle “destre”.

Instabilità. Il governo non è affatto al sicuro come si favoleggia, perché tutte le premesse con cui era stato costruito il Conte 2 (e prima ancora il Conte 1), sono saltate.

Ricapitoliamo: il Pd sardinizzato ha fermato Salvini in Emilia, i Cinque Stelle sono in via di estinzione, il premier Conte (che fu espresso dai grillini e non dagli alieni) è un senza tetto politico che aspira a farsi un suo partito e il Pd questo non può permetterselo. A Conte serve una legge elettorale proporzionale, così come a Renzi e agli altri cespugli dell'orto botanico della politica.

La legge elettorale. Perché mai il Pd dovrebbe varare una riforma proporzionale, quando il sistema politico italiano va verso un nuovo bipolarismo (Lega vs Pd), che senso avrebbe tenere in vita piccoli partiti, rissosi, liberi di ricattare il partner principale in coalizioni dove si chiacchiera molto e non si conclude niente? Sarebbe un suicidio politico. Non sarebbe il primo, ne abbiamo visto tanti.

Tema delicato, il Quirinale. come può un Parlamento con una geografia politica che non corrisponde più alla realtà del corpo elettorale pensare di eleggere il prossimo presidente della Repubblica? Sarebbe un punto grave di rottura tra rappresentati e rappresentanti, uno scollamento tra il Paese e il Palazzo, un cortocircuito. Dove ci sono scintille di solito scoppiano gli incendi.

Il quadro internazionale. La politica italiana si muove come se fosse isolata dal resto del mondo. Tra pochi giorni, il 31 gennaio, il Regno Unito uscirà dall'Unione europea, Boris Johnson come un fulmine ha portato a casa la Brexit. Dopo la caduta del muro di Berlino, l'exit dell'Inghilterra è il più importante fatto dal dopoguerra in Europa. America 2020, la campagna per la Casa Bianca, è in corso. A poche miglia nautiche dall'Italia, la Libia non trova pace. In Medio Oriente si tesse la trama della Bomba iraniana. Cina e Stati Uniti lavorano a un nuovo accordo sul commercio mondiale. Il mondo corre, noi stiamo in mezzo al traffico della storia, immobili, sonnambuli. L'orchestrina suona alla grande, occhio all'iceberg.

MARIO SECHI

DIRETTORE DELL'AGI

E FONDATORE DI LIST
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