"Cara Unione,

domenica come sono arrivata a lavoro ho saputo che la Sardegna, improvvisamente, aveva cambiato colore, notizia di cui non avevo avuto tempo e modo di leggere nei giorni precedenti.

Per la terza volta (seconda dopo il lockdown di marzo) ci ritroviamo intrappolati ognuno nel proprio comune di residenza, che non è detto che sia quello di appartenenza.

Penso che ci siano tantissime persone nella mia stessa situazione: sono di Cagliari, abito a Sestu e lavoro a Quartu. Pur ritenendomi fortunata a poter uscire tutte le mattine per andare al lavoro , trovo molto discriminatorio che non mi possano permettere di andare a trovare i miei genitori a Cagliari, o un qualsiasi altro parente, o far visita ad amici.

Cioè una persona che è del luogo in cui abito e che ha lì tutti i parenti e amici, ha libertà di andare a fare visita a chiunque una volta al giorno, e io non posso nemmeno portare i miei figli per far visita ai nonni...ma non dovremmo essere nella città metropolitana?! Non era stato nominato il sindaco della città metropolitana di Cagliari?! A cosa serve allora che ci sia una sorta di unione tra comuni limitrofi quando in questi momenti in cui ci si sente più soli e fragili, non ci si può riunire tra congiunti più stretti?

Non pretendo molto, non voglio andarmene in giro come se nulla fosse, ma perlomeno trovare un po' di equilibrio, avere la possibilità di stare accanto ai miei cari stando all'interno delle regole, e dando una parvenza di normalità ai miei bambini che hanno diritto di vedere i nonni almeno una volta a settimana".

B.Z. - Sestu

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