"Cara Unione,

spiego, ritenendo la questione comune a molte donne, perché il 16 giugno non ho potuto esercitare il mio diritto di voto in occasione del rinnovo del consiglio comunale di Alghero, mia città di residenza.

Recatami al seggio al mattino , sono stata chiamata a votare col mio nome e cognome seguito da 'in… cognome di mio marito'.

Ho fatto presente al presidente di seggio che nei miei documenti di identità compare solo il mio nome e cognome, gli unici che mi identificano da quasi 59 anni, e che dunque vi era difformità tra le due documentazioni. Alla risposta che era per una migliore identificazione dell'elettore ho dunque chiesto se mio marito fosse identificato col suo nome, cognome e 'in … mio cognome'. No, questo non è previsto dalla legge. Quale legge? Pare il Regio decreto 143 del 1942, mai abrogato e rispolverato in occasione delle elezioni europee.

Ho fatto mettere a verbale che chiedevo che tale stato venisse modificato in modo che io potessi esercitare il mio diritto al voto col mio unico nome e cognome, senza nessun 'in' aggiuntivo.

Alle 19 e quaranta l'elenco elettorale non era stato corretto per cui ho rinunciato al voto, non identificandomi come moglie di… e non solo col mio nome.

Mi è stato anche chiesto se fossi separata, come se questo modificasse i termini della questione.

Che dire? È vero che esistono cose ben più gravi ed importanti ma io mi sono sentita lesa nella mia identità più profonda e discriminata in quanto donna.

Abbiamo fatto un bel salto indietro.

A chi devo dire grazie per tutto ciò e soprattutto come posso fare per recuperare la mia identità?

Per inciso il mio matrimonio gode di ottima salute e mio marito appoggia totalmente questa battaglia".

Maria Luisa Manca - Alghero

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