Quel Concilio fu convocato perché la diffusione della dottrina di Martin Lutero faceva sempre più paura. In tre momenti separati, dal 1545 al 1563 (periodo durante il quale si susseguirono addirittura cinque papi, Paolo III, Giulio III, Marcello II, Paolo IV e Pio IV), i cardinali si riunirono a Trento (da qui il nome di Concilio Tridentino) e a Roma per produrre una serie di affermazioni a sostegno della dottrina cattolica che Lutero contestava: in questo modo, cercarono di dare una risposta alle dottrine del calvinismo e del luteranesimo. Quella risposta che è nota come Controriforma.

Con risultati non sempre eclatanti. Il protestantesimo si diffuse, comunque, in gran parte dell'Europa. Ma un effetto positivo certamente la produsse: spinse i religiosi alla fondazione di ordini e confraternite che si occupassero della cura degli infermi. Ed è forse proprio questa spinta a far sì che anche a Cagliari venisse creato il primo ospedale vero e proprio: in "Sa Costa" (la via Manno attuale) fu edificato l'ospedale Sant'Antonio, nato per prendere il posto del lebbrosario dell'attuale largo Carlo Felice. Una struttura, in quel quattordicesimo secolo, assolutamente all'avanguardia: ha la funzione - concetto tutto sommato rivoluzionario in quei tempi - di curare chi non ha i mezzi economici per essere seguito direttamente da un medico personale. Un obiettivo che viene raggiunto anche grazie all'organizzazione: al suo interno lavorano un chirurgo e quattro medici che, di volta in volta, devono lasciare i propri pazienti per occuparsi dei miseri e derelitti dell'ospedale Sant'Antonio. Anche gli infermieri, a dire il vero, non sono del tutto volontari: vengono reclutati tra i condannati dell'Inquisizione. Per evitare di scontare qualche pena particolarmente pesante accettano ben volentieri di mettersi al servizio di quei pazienti.

Anche l'organizzazione, visti i tempi, è encomiabile. Certo, le misure di igiene, in quegli anni, lasciano decisamente a desiderare. Ma l'ospedale viene sistemato seguendo criteri logici. Per la prima volta in città, si creano reparti separati per genere: le donne da una parte, gli uomini dall'altra. C'è, a dire il vero, anche un reparto unisex, quelli in cui vengono ricoverati i pazienti alle prese con malattie veneree.

In realtà - ma questa è una realtà che tutti fanno finta di non conoscere - ci sarebbe anche un altro reparto: nei sotterranei, lontani dagli occhi degli estranei, vengono ricoverati i "matti". E, secondo i racconti popolari, le terapie dedicate loro sono tutt'altro che umane: vengono tenuti incatenati per intere giornate. Non solo: si racconta che molti di loro, durante la notte, vengano trovati morti. La ragione? A causa di quello che è stato chiamato "su brodu 'e mesunotti", un veleno che viene fatto bere loro dagli addetti durante la notte. Difficile sapere chi siano i destinatari di questo trattamento: probabilmente, secondo qualche studioso, sono i "matti" che si erano macchiati di reati di natura sessuale. Un trattamento durato moltissimi secoli, nonostante i cambiamenti: alla metà del 1600 l'ospedale passò sotto la gestione dei Fatebenefratelli. Già proprio quell'ordine che attualmente gestisce la controversa farmacia vaticana (oltre a decine di strutture sparse in tutto il mondo). Ma allora l'ordine era quasi un'Emergency ante litteram, creata da un laico, San Giovanni di Dio per occuparsi della cura dei malati, dei poveri e delle prostitute. Ma, appunto, non dei "matti" che subiscono trattamenti inumani sino alla prima dell'Ottocento quando, alla sommità di viale Santa Margherita, venne realizzato il San Giovanni di Dio.

Un ospedale, quello di Sant'Antonio, assolutamente all'avanguardia. Che si occupa anche dei pazienti per i quali le terapie si rivelano, alla fine, inutili. Nella zona dell'attigua chiesa del Santo Sepolcro c'era, prima dell'apertura del cimitero di Bonaria, la più importante area di seppellimento. E proprio lì stava la confraternita del Santissimo Crocifisso dell'Orazione e delle Morte che aveva come scopo principale proprio la sepoltura dei più poveri. In realtà, quella chiesa, stando a quanto raccontato, nell'Ottocento, dal canonico Giovanni Spano, sarebbe stata edificata dai Templari. Il maggior studioso della città ha ripreso quanto scritto da Dionigi Bonfant nel 1635 su "Il triumpho de los Santos del Reyno de Cerdeña": aveva sostenuto che i cavalieri Templari l'avessero edificata per dare una cappella al loro monastero. Ricostruzione, però, non considerata attendibile dagli studi più recenti.
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