Ci sono pigrizie che ci fanno faticare un sacco. Ad esempio, non imparare a usare ciò che ci fa risparmiare tempo per fare una cosa. Ma c'è di peggio: la pigrizia di informarsi su quali strumenti esistono per farci risparmiare, appunto, tempo e fatica.

Internet offre tante scorciatoie. Chi, ad esempio, va in banca per fare un bonifico paga commissioni sempre più alte: alla banca, per avere meno dipendenti, conviene che i clienti usino l'home banking sul computer di casa, con diverse garanzie: identità, codice segreto e richiesta, che giunge sul nostro smartphone, di validare l'operazione digitando su Internet un codice "usa e getta". Possiamo pagare la sosta nelle strisce blu collegando un App per smartphone alla nostra carta di credito. All'Azienda ospedaliero-universitaria cui fa capo il Policlinico di Monserrato, possiamo prenotare l'orario in cui pagare il ticket per un esame o una visita specialistica (al di là delle sospensione di alcuni servizi a causa della pandemia): al netto di qualche lieve ritardo, funziona. Siamo molto bravi ad acquistare su Ebay, Amazon o altri siti di e-commerce, sappiamo comprare on line i biglietti per aerei o navi, ma non prenotare un orario all'ufficio postale in cui riceveranno noi, su appuntamento, per ritirare un pacco o una raccomandata, cioè compiere operazioni che richiedono la nostra presenza. Per il resto si fa tutto via Internet, così non ci si accalca in tempi di pandemia e non si esce da casa.

Ma se la gente non ha tanta confidenza con piccole cose come queste, figuriamoci che utilizzo fa di risorse appena più complesse. La posta elettronica certificata, ad esempio, oppure la tecnologia Cns (Carta nazionale dei servizi) o, ancora, lo Spid (Sistema pubblico di identità digitale) o la firma digitale, che serve per garantire che il documento che si manda in allegato è proprio quello, che è conforme all'originale in nostro possesso.

Sarà il caso di fare una piccola rassegna di ciò che a casa ci risparmia di recarci personalmente negli uffici postali e in tutti gli uffici della pubblica amministrazione, e in gran parte di quelli privati.

La Pec: è l'acronimo di Posta elettronica certificata ed è usata prevalentemente in Italia. Nel resto dei Paesi dell'Unione europea si preferisce la firma digitale. In che cosa consiste? È in pratica l'alternativa elettronica alla raccomandata con avviso di riscossione. Ha senso - cioè ha valore di raccomandata a. r. - solo se sono Pec entrambe le caselle email: quella di chi spedisce e quella di chi riceve. Una casella email ordinaria non potrà mai spedire un messaggio Pec: potrà riceverlo, ma senza rilasciare la conferma, dunque è come una email ordinaria. Funziona così: ci sono provider che forniscono caselle email Pec: la si richiede, in molti casi la si paga (ma il prezzo è contenuto), in altri è gratis. Quando si spedisce una mail Pec a un indirizzo Pec, in pratica si invia il messaggio a un terzo (Poste italiane, un provider come Aruba o tanti altri, gli elenchi sono su Internet) che a sua volta la inoltra al destinatario, certificando con ricevute elettroniche la ricezione e addirittura l'apertura del messaggio da parte del destinatario. Si possono anche inviare allegati. Tutto ha il valore di una raccomandata con avviso di riscossione. Avere la casella email Pec è obbligatorio per tutta la pubblica amministrazione, per le nuove società, per le nuove Partite Iva e ditte individuali, compresi gli artigiani, per gli iscritti a un Ordine professionale. Se commettiamo un'infrazione al Codice della strada, la Polizia locale può decidere di inviare la sanzione via Pec: se si lascia scadere la casella Pec (non pagando il rinnovo) o non la si consulta, il messaggio in arrivo è comunque una "raccomandata" consegnata.

Dunque, meglio tenerla d'occhio, anche perché si può programmare la casella Pec in modo tale che ci avvisi, con una mail alla casella ordinaria che usiamo tutti i giorni, quando arriva "posta" certificata.

La firma digitale, molto usata nell'Unione europea e anche in Italia, è un modo diverso per certificare che un messaggio, oppure un documento prodotto o riprodotto in digitale, sia autentico. In pratica, utilizzando un programmino fornito dalla società accreditata che ci fornisce la firma digitale (è un terzo rispetto a chi invia e chi riceve, fa da certificatore, l'elenco è su Internet), il file è firmato da noi in modo digitale, quindi quel documento è indiscutibilmente nostro. Il vantaggio è che può essere inviato anche attraverso mail ordinaria: questa procedura garantisce il destinatario sul fatto che noi dichiariamo come autentico quel documento digitale. Può essere una mappa catastale inviata a una banca per richiedere un mutuo, per fare un esempio. Un documento firmato digitalmente è dunque da ritenere autentico, integro (significa non modificato dal destinatario o da chiunque altro) e non ripudiabile: chi l'ha firmato digitalmente, non può sostenere che non provenga da lui o che sia stato modificato. Nel sistema della firma digitale a ciascun titolare è assegnata - dall'Agenzia per l'Italia digitale - una coppia di chiavi numeriche. Una è pubblica, l'altra è conosciuta solo dal titolare (una specie di codice pin). La chiave è installata in un ambiente sicuro (il microchip nella scheda della carta sanitaria, ad esempio) e può essere utilizzata solamente tramite una password di sblocco: il pin. Per firmare, il titolare utilizza un software che lascia la sua "impronta digitale" sul file (documento) che invia. Il destinatario verifica la firma grazie a un programmino che estrae la chiave pubblica dal certificato del titolare, apre il file con documento e firma, ricalcola l'impronta e decifra con la chiave pubblica la firma del titolare, confrontando l'impronta del mittente e quella ricalcolata dal destinatario. Se sono identiche, la firma è valida. E anche stavolta, abbiamo fatto tutto da casa o dall'ufficio, ma ci servono la tessera sanitaria e un lettore collegati al computer, sul quale dovremo installare i programmini di gestione del dispositivo e della carta (i driver).

L'ultima frontiera, ed è la più semplice da usare, per certificare che noi siamo realmente noi si chiama Spid. Significa Sistema pubblico di identità digitale ed è accettato dall'intera pubblica amministrazione e dai privati che decidono di aderire. Con questo sistema, cittadini e imprese possono accedere ai servizi con un'identità digitale unica che permette l'accesso e la fruizione da qualsiasi dispositivo, senza lettori e senza card. In pratica, consente di garantire elettronicamente - quando comunichiamo con la pubblica amministrazione o con le imprese che adottano il sistema - la propria identità anagrafica, quindi si può accedere a tutti i propri dati personali depositati nella pubblica amministrazione e agire ufficialmente come se si fosse di persona nell'ufficio cui chiediamo un servizio. Con la differenza che lo facciamo da computer o smartphone. Di fatto, è la nostra identità digitale. A rilasciare lo Spid sono diversi soggetti accreditati (al solito, li si trova su Internet) dall'Agenzia per l'Italia digitale, un po' come funziona per Pec e firma digitale. È proprio un'identità: con chiunque ci si rapporti, se passo attraverso lo Spid io sono io, indiscutibilmente, e quindi agisco su tutto ciò che mi riguarda. Oltre quattromila pubbliche amministrazioni utilizzano lo Spid, si può utilizzare per fare veramente di tutto, da casa propria. Sul sito https://www.spid.gov.it/servizi tutti i possibili usi.

pagoPa è invece un sistema di pagamento elettronico che rende le transazioni economiche verso le pubbliche amministrazioni (questo significa, quel PA) più semplici, sicure e trasparenti. Insomma, serve per fare pagamenti e si risparmia sulle commissioni che di solito si versano a banche, servizi postali eccetera. pagoPA non è un sito dove pagare, ma una nuova modalità per eseguire i pagamenti tramite i Prestatori di Servizi di Pagamento (PSP) aderenti. Si possono effettuare i pagamenti direttamente sul sito o sull'applicazione mobile dell'ente o attraverso i canali sia fisici che online di banche e altri PSP, come ad esempio banche, home banking, sportelli bancomat, ricevitorie Sisal, Lottomatica, Banca 5 e uffici postali.

Sembra tutto complicatissimo, invece è "soltanto" leggermente complicato, soprattutto all'inizio per chi non ha tanta dimestichezza con computer e smartphone. In realtà è difficile iniziare se non si possiede un indirizzo di email ordinaria, figuriamoci la Pec, per fare un esempio. Molti Comuni hanno pensato di dare una mano ai cittadini istituendo sportelli in cui le nuove frontiere digitali sono spiegate con parole semplici ai cittadini, che possono farsi dare una mano per aprire una casella mail Pec o farsi un'identità Spid. A questo provvedono le persone assunte dal Comune di Cagliari nell'ambito del progetto regionale Lavoras, che stanzia il denaro necessario per realizzarlo. Coordinato da Carlo De Candia, prevede tre sportelli aperti ai cittadini nei Palazzi di città (ex Circoscrizioni) in viale Sant'Avendrace e in alcuni altri.

Lì s'impara. E poi a fare le code, ci mandiamo gli altri.
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