Innanzitutto occorre sfatare una leggenda: non è vero che sia impossibile assistere al torneo di tennis di Wimbledon. E’ difficile, ma non impossibile. Certo, tutto il mondo vorrebbe passare attraverso le porte dei fratelli Doherty, i primi dominatori del torneo londinese e quindi sicuramente la concorrenza è formidabile e i posti a sedere non bastano a soddisfare la richiesta. Ma chi è sorretto dalla dose giusta di passione, chi è disposto ad autentici sacrifici tutto pur di entrare nel tempio del tennis, può scegliere alcune strade. Con qualche possibilità di successo. Non infinita, ma neppure così lontana.

Innanzitutto c’è la possibilità di tentare attraverso il  cosiddetto “ballot”, il sorteggio. Un sistema di vendita inaugurato nel 1924 e ancora oggi in vigore (a parte l’edizione in corso, segnata dal Covid, dai posti ridotti e dai giocatori costretti in una bolla insieme ali loro team). Occorre presentar per tempo, diciamo almeno 9 mesi prima dell’inizio di The Championship che si svolgono a cavallo tra giungo e luglio, una regolare domanda all’All England  lawn tennis e aspettare. Se si è tra i fortunati, arriverà una mail di conferma: Signoria Vostra, Le è stato assegnato un biglietto per Wimbledon.

Ci sono tre campi numerati, il centrale, l’uno e il due, gli altri sono liberi. Non si possono scegliere i posti né i campi, ma tant’è, sarebbe assurdo fare gli schizzinosi: entrare nel tempio dello sport della racchetta è comunque un’esperienza mistica, direbbe qualsiasi appassionato.

Ordine di gioco a Wimbledon (foto Paolo Carta)
Ordine di gioco a Wimbledon (foto Paolo Carta)
Ordine di gioco a Wimbledon (foto Paolo Carta)

Tornando ai biglietti, è vero, ci sono anche quei siti Internet che li vendono on line. Certo, si perde il gusto della ricerca, della sofferenza che gratifica gli appassionati e si deve mettere in preventivo una spesa che può arrivare anche a 800-1000 euro per un singolo ticket.

Altrimenti, se si vuole veramente conoscere uno degli aspetti più caratteristici di Wimbledon, c’è la strada più dura, affascinante, al tempo steso romantica, praticata dagli aspiranti spettatori in arrivo a Londra da tutto il mondo: la fila, The Queue, come la chiamano gli inglesi. Certo, questo è un anno particolare, i britannici sono stati costretti ad abolire The Queue insieme al ballott e per il 2021 si biglietti si sono possono acquistare solo on line e con il rischio che la variante Delta del Covid possa cancellare la presenza del pubblico da un giorno all’altro.

In fila per un biglietto a Wimbledon (foto Paolo Carta)
In fila per un biglietto a Wimbledon (foto Paolo Carta)
In fila per un biglietto a Wimbledon (foto Paolo Carta)

La fila resta il metodo più democratico creato da sempre dai tradizionalisti soci del club di Wimbledon così innamorati di questo sport e di The Championship che hanno voluto dare a tutti, proprio a tutti, l’opportunità di godere del loro torneo. Perché ogni giorno vengono messi in vendita nella biglietteria del club un numero limitato di ticket per i campi numerati e per l’accesso agli altri. I ground poi, non trascuratelo, danno la possibilità di osservare i match dai mega schermi piazzati a ridosso del centrale, da dove, tutti seduti sull’erba, si possono seguire le partite in diretta. In questo modo si può entrare nel club della Henman hills, la collinetta dove gli inglesi soffrivano per le gesta del loro ex numero uno sconfitto per tre volte in semifinale dal futuro vincitore del torneo. Il suo ricordo è stato cancellato soltanto dai successi di Andy Murray, amato ma sino a certo punto per le sue dichiarazioni d’amore nei confronti della Scozia. Tant’è che la collinetta resta ancor oggi dedicata ad Henman, l’eterno sconfitto.

La fila comincia dal giorno prima, ci sono appassionati che arrivano con una tenda da campeggio e vettovaglie per trascorrere la notte e buona parte della mattinata sino all’apertura dei cancelli del circolo attorno alle 11  a seconda dell’orario di gioco stabilito per il giorno. Una fila lunga, ordinata, monitorata da steward gentili e inflessibili, votati al mantenimento dell’ordine che però non manca mai perché chi vuole entrare a Wimbledon sa che deve comportarsi in un certo modo anche prima di avere tra le mani il biglietto.

Una fila infinita, che può arrivare anche a diecimila persone, alimentata durante il giorno da chi, magari verso le 15 o le 16, decide di lasciare il circolo e consegna il biglietto all’organizzazione, che lo rimetterà in vendita per dieci sterline.

C’è chi, dopo la fila, riesce a varcare i cancelli del club alle 11,30 giusto quando cominciano i match, chi riesce a farlo soltanto nel pomeriggio e magari assisterà solo a qualche match di doppio o agili incontri tra juniores.

Poco importa, tutto fa leggenda: anche sentire il profumo del prato, vedere con quanta cura i giardinieri si prendono cura del campo, assistere a fine giornata alle operazioni di pulizia del manto dalla terra smossa e dai fili d’erba staccati, assistere al disegno delle righe in gesso significa comunque partecipare a un rito.

Chi scrive ha vissuto questa esperienza per quattro volte, in viaggio dalla Sardegna con i compagni di squadra di un club cittadino.

Un piccolo sincero consiglio: evitare gli ultimi giorni del torneo, quelli delle semifinali e delle finali., . Grandi match per carità, ma ci sono solo quei pochissimi incontri in programma, non si può passare da un campo a un altro come può accadere nella prima settimana, cercando i match più appassionanti e combattuti Il giorno più bello è il secondo lunedì, in cui si giocano tutti gli ottavi di finale maschili e femminili. Si possono ammirare tutti i migliori al mondo, magari c’è ancora in gara qualche italiano, in genere poco a loro agio sull’erba visto la provenienza da un paese più siccitoso e votato ai campi in terra.

Wimbledon, l’unico aspetto negativo è che poi qualsiasi altro torneo, anche le altre prove dello Slam, sembrano  una cornucopia rispetto a un evento e a un circolo dove ogni angolo trasuda di rispetto per il gioco, per gli atleti, per la storia di questo club unico a Sud del Tamigi dove i match si osservano in rispettoso silenzio.

Paolo Carta

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