Un emozionante e toccante “film sonoro”, esito di un importante laboratorio sul cinema. Frutto di un incontro tra due professionisti in ambito teatrale e un gruppo di allievi con disabilità visive. Con un obbiettivo: <Ribadire che la disabilità, come ogni tipo di diversità devono avere piena cittadinanza in una società che vuol chiamarsi inclusiva>. Nelle parole di Roberto Pili, presidente di Ierfop (Istituto europeo di ricerca e formazione professionale), è racchiuso il senso del cortometraggio “Guido e Arianna - L’essenziale è invisibile agli occhi, e visibile al cuore”, primo risultato del progetto “Vedo ciò che sento” promosso da Ierfop in collaborazione con Teatro Dallamardio, la compagnia cagliaritana fondata da Antonello Murgia, regista e sceneggiatore, sua l'idea del film, e Fabio Marceddu, attore e drammaturgo. Fondamentale l'incontro con Paolo Boi, Francesca Marrosu, Carla Miceli, Eleonora Neri, Marco Perra, Alessandro Pretta, Roberta Saba, Francesca Zola. Sono gli attori protagonisti di questa storia dal forte impatto emotivo. Parla di amore, ma anche di riscatto, di sogni, timori, desideri, integrazione e accettazione sociale di ogni tipo di diversità.

La trama: durante una cena al buio una coppia, lei è non vedente, annuncia il matrimonio. Tra dimensione reale e onirica il film prevede un finale a sorpresa. Il film è stato proiettato all'Exma di Cagliari davanti a un folto pubblico, alla presenza dell'intero cast e dei responsabili di Ierfop.

<Il film realizzato dai nostri corsisti all’interno di un percorso formativo finanziato dal ministero del lavoro, sarà a disposizione di istituzioni, associazioni che si interessano di disabilità sensoriali, degli istituti scolastici e prenderà parte alle più importanti rassegne del settore a livello nazionale e internazionale. È un progetto che prevede la realizzazione di un cortometraggio ogni anno - sottolinea il presidente di Ierfop Pili - progettare e lavorare in una prospettiva inclusiva e aperta alla sperimentazione, porta cambiamenti significativi in tempi sorprendentemente rapidi nell’approccio all’esistenza delle persone affette da disabilità visive>. 

Il vicepresidente Teodoro Rodin ha evidenziato: <L’iniziativa mostra grande coraggio e apertura mentale, siamo certi che questa visione potrà favorire il cammino dell’inclusione anche ad altre persone, affette da forme diverse di disabilità o di invalidità>.

Le riprese del film, svolte a febbraio scorso nel rispetto di un rigoroso e dettagliato piano di produzione, hanno trasformato la sede di Ierfop in un vero e proprio set cinematografico che ha mobilitato tutto il personale. La collaborazione tra l’Istituto e Teatro Dallarmadio è nata nel 2020, in occasione della realizzazione del Laboratorio di Teatro con un gruppo di allievi non vedenti e ipovedenti. <In quell’occasione, per via della pandemia, non potemmo realizzare l’esito scenico, siamo perciò oggi molto orgogliosi di mostrare il frutto del lavoro dei nostri allievi - ha precisato il direttore delle attività didattiche Bachisio Zolo – nulla di ciò sarebbe stato possibile senza il supporto e l’impegno del nostro staff, che ha profuso grande impegno in tutte le fasi di questo interessante progetto. Il film sonoro vuole trasmettere le emozioni che prendono forma dal suono e fare in modo che tutti possano sperimentare modi differenti di vedere, anche quando non sono gli occhi a farlo, attivando tutti gli altri sensi per percepire e sentire>.

Il regista ed ideatore Antonello Murgia: <Non a caso il progetto si intitola “Vedo ciò che sento”: l’ambiziosa idea era quella di creare un film sonoro e non un radiodramma, un film fatto di immagini che si possono osservare con gli occhi chiusi. Lo spettatore percepisce la storia attraverso i rumori, i suoni, i silenzi, i dialoghi, immagina ogni scena, che abbiamo fatto aderire durante le riprese alla realtà, attraverso la capacità evocativa dei paesaggi sonori>. Nel sottotitolo, citazione da Saint-Exupéry, è racchiuso il profondo significato del progetto: “L'invisibile agli occhi è visibile al cuore”. 

L' entusiasmo per il film ha coinvolto tutti. <So di non essere un vero attore ma ho sempre voluto fare un'esperienza di questo tipo e questo film mi ha permesso di mettermi in gioco. Interpretare un personaggio da me distante è stata la sfida più ardua, proprio perché non sono un vero attore. Spero che quanto prodotto aiuti qualche disabile ad avere maggiore consapevolezza e altri ad erigere meno barriere>, afferma Paolo Boi.

<Le fasi della lavorazione del film sono state un bel momento di creatività e confronto con i compagni, con il regista Antonello Murgia, con lo sceneggiatore Fabio Marceddu, con i quali speriamo di poter ripetere questa costruttiva e umana esperienza>, ha detto Francesca Marrosu. <La disabilità, la diversità creano, purtroppo, ancora disagio, imbarazzo, fastidio a volte perfino sconcerto - spiega Fabio Marceddu -  il modo migliore per superarlo non sono certo il pietismo o gli atteggiamenti ambigui di falsa accettazione, bisogna vedere quanta ricchezza c'è in ogni persona, e quanta povertà si nasconda in un approccio ai rapporti sociali “escludenti” o “esclusivi” e non inclusivi. È nella diversità che c'è l'uguaglianza>. 

Una finestra spalancata sulla diversità, un bell'esempio di arte al servizio del sociale e dove i pregiudizi sono tenuti fuori dalla porta.

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