Le mani alzate, l’urlo in coro: «Sono fuori di testa, ma diverso da loro». A memoria, in italiano, a New York. I seicento fan scatenati riusciti a trovare un posto (biglietti finiti in un amen) negli spazi stretti di un tempio della musica come il Bowery Ballroom di Manhattan sono il timbro definitivo sull’incredibile exploit internazionale dei Maneskin. «La gente parla, non sa di che cosa parla». Era dai tempi dei clichè più classici di “O sole mio” e “Nel blu dipinto di blu” che la musica italiana non superava l’Atlantico con una forza così dirompente. Il battesimo nel club newyorchese sembra solo l’inizio di una storia destinata a crescere in pochissimo tempo: lo dimostra anche l’enfasi della partecipazione al Tonight show di Jimmy Fallon, guru dell’intrattenimento televisivo americano, rilanciata anche dal video social della stella di Hollywood Drew Barrymore: «Sono la band più sexy del pianeta».

IL ROCK ITALIANO 
 

Stavolta non ci sono di mezzo la melodia romantica o gli acuti lirici capaci di far breccia prevalentemente nei ricordi nostalgici di milioni di immigrati partiti dalla Penisola. Stavolta si parla di rock, a casa di chi il rock l’ha inventato. Non è un caso che monumenti della musica Usa come Iggy Pop o Little Steven (o star planetarie come il britannico Ed Sheeran) si siano soffermati sulla band romana capace di far saltare in aria le classifiche musicali di mezzo mondo, prima con la cover “Beginn” e poi con la loro “I wanna be your slave”. E accanto ai pezzi in inglese sfilano senza sfigurare quelli in italiano, a partire dall’ormai classico “Zitti e buoni”, spingendo milioni di fan a imparare i ritornelli. Era già capitato per tutta l’estate in Europa, con successi a ripetizione sui palchi in Germania, Belgio, Svezia, Repubblica Ceca, Polonia. L’incredibile accoppiata con i Rolling Stones è il nuovo tassello che certifica la scalata di Damiano David e compagni, anche perché l’evento è stato organizzato sul palco di Las Vegas, dove chi non è americano di solito può entrare giusto pagando il biglietto. 

CRITICHE E POTENZIALITÀ 

Molti amanti (italiani) del rock più puro liquidano la musica e il successo dei Maneskin come un cortocircuito passeggero dovuto principalmente a una buona preparazione in laboratorio di cose già viste e alla notorietà dovuta alle varie competizioni canore, da X Factor all’Eurovision song contest, passando per Sanremo: «Non hanno inventato nulla», il mantra che rimbalza tra i critici in giro per il web. La sensazione però è che la corsa dei quattro ventenni sia destinata a proseguire ancora: sanno suonare (hanno iniziato appena teenagers nelle strade di Roma), hanno presenza scenica, rimettono un po’ di linfa a un genere che sembrava ormai tramontato, si danno il tono da belli e dannati, soprattutto hanno un frontman - Damiano David - abile e con una personalità non comune. 

IL FUTURO IMMEDIATO  

In questo momento hanno un solo nemico: le vertigini per il successo inatteso e quasi spropositato. Non sarà facile per loro e il management che hanno attorno tenere i tiranti ben ancorati a terra ed evitare di perdere la forza di gravità indispensabile per non dissolvere quanto costruito sinora. Di sicuro il percorso artistico appare ora in discesa: è facile intuire che nei prossimi mesi verranno lanciati sulla scena internazionale altri pezzi già usciti della band, anche in italiano, a partire da quel “Torna a casa” con la nota protagonista Marlena, che li ha portati alla ribalta dalle nostre parti, ma passando anche per altre cover. D’altronde il panorama dei pezzi musicali del Belpaese è sterminato, quanto pressoché vergine sulla scena internazionale: dove toccano i Maneskin è oro, qualunque autore sarebbe lieto di consegnare un pezzo alla ribalta planetaria. Sta succedendo con “Amandoti” di Lindo Ferretti, può succedere ancora.

NUMERI DA CAPOGIRO 

Bastano un paio di elementi per dare l’idea di dove si stanno muovendo Damiano, Victoria, Thomas e Ethan, anche se l’accostamento è senz’altro irriverente: quasi sessant’anni fa un altro quartetto di Liverpool è sbarcato in America con il battesimo all’Ed Sullivan show, prima dell’esibizione in un club di New York. Sappiamo come è andata e quella storia è irripetibile: solo che ora i Maneskin viaggiano a una media di 38 milioni di ascolti mensili su Spotify, la più nota app dello streaming musicale digitale, contro i 25 milioni dei Beatles e i 20 dei Rolling Stones, compagni di chitarre a Las Vegas. Sia chiaro: la storia della musica non si discute, soprattutto quando ci sono di mezzo gli interpreti più cristallini, ma l’avventura dei Maneskin è ancora tutta da scrivere. 

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