La Sardegna è ai primi posti della poco invidiabile classifica sulla sclerosi multipla, una malattia neurodegenerativa che colpisce il sistema nervoso centrale. La sclerosi multipla è complessa e imprevedibile, ma non è contagiosa né mortale e nella nostra Isola colpisce in prevalenza il genere femminile, con frequenza 3 volte più elevata nelle donne. A Cagliari è in funzione all’ospedale Binaghi un centro d’eccellenza della Asl diretto dalla professoressa Eleonora Cocco che segue 6.000 pazienti provenienti non solo dalla Sardegna dall’iter diagnostico al percorso di terapia e malattia.

Professoressa cos’è, cos’è la sclerosi multipla?

«La sclerosi multipla (SM) (chiamata anche sclerosi a placche) è una malattia cronica del sistema nervoso centrale (cervello e midollo spinale), caratterizzata da un processo autoimmune in cui il sistema immunitario, non riconoscendole più come proprie, attacca alcune componenti del sistema nervoso come la mielina e i neuroni. La malattia prende il suo nome dalla presenza di lesioni (o placche) che si possono evidenziare in diverse parti del sistema nervoso centrale. Mentre in passato si pensava che la malattia fosse una malattia esclusivamente demielinizzante, quindi della mielina (sostanza che riveste i prolungamenti dei neuroni, detti assoni, e aumenta la velocità dell’impulso nervoso oltre che proteggere e avere una funzione di sostegno nei confronti degli stessi assoni), ora è chiaro che vi sia una anche una componente neurodegenerativa che oltretutto inizia precocemente.

La malattia è più frequente nel sesso femminile ed esordisce generalmente nella persona giovane adulta, intorno ai 20/40 anni, momento in cui la persona sta costruendo il proprio futuro dal punto di vista personale e lavorativo per cui particolarmente delicato nella vita. In maniera meno frequente la malattia può anche esordire in età pediatrica e in alcuni casi in età avanzate.

La SM, si manifesta nella maggior parte delle persone con degli episodi acuti/subacuti della durata maggiore alle 24 ore che vengono chiamati ricadute (o anche relapses o poussee) caratterizzati da una estrema variabilità dei sintomi tra le diverse persone e nel tempo anche nella stessa persona. Essenzialmente le ricadute sono l’espressione del processo infiammatorio e le manifestazioni della sede in cui l’infiammazione acuta si localizza.

Tipiche manifestazioni della malattia sono la perdita della vista in un occhio (neurite ottica retro-bulbare), i disturbi della sensibilità (come sensazione di formicolio, di scossa elettrica etc), disturbi motori (con difficoltà nel controllo del movimento degli arti, difficoltà nel camminare, rigidità agli arti, maggiore stanchezza alle gambe alle braccia e delle vere e proprie difficoltà talvolta nella deambulazione), disturbi nel controllo degli sfinteri in particolare della vescica, disturbi dell'equilibrio, disturbi nel parlare e anche disturbi cognitivi e dell’umore.

Le ricadute si susseguono nel tempo con una frequenza diversa da soggetto e sono separate da periodi di remissione; soprattutto nelle prime fasi di malattia vanno incontro a una remissione completa ma con l'andare del tempo possono lasciare dei reliquati e quindi possono lasciare dei segni e dei sintomi che non recedono. È importante sottolineare che non tutti gli episodi infiammatori si manifestano clinicamente perché alcune aree del sistema nervoso sono più eloquenti, l’infiammazione deve avere una certa intensità e il sistema nervoso, soprattutto nella persona giovane, presenta una grande capacità plastica che permette di compensare.

Considerando la storia naturale di malattia in epoca pre-terapeutica dopo circa 15/20 anni la malattia cambia faccia e le ricadute diventano sempre meno frequenti ma si può osservare una progressione della malattia con accumulo di disabilità, graduale ma costante nel tempo, e conseguente riduzione delle autonomie. Questa fase viene chiamata progressione secondaria e deriva da una predominanza degli aspetti neurodegenerativi a carico dei neuroni rispetto a quelli infiammatori.

Una piccola percentuale di soggetti circa il 10% esordisce più tardivamente (dopo i 40 anni) e da subito con una progressione questo decorso viene definito primariamente progressivo.

La diagnosi di SM si basa sulla combinazione di parametri clinici e parametri strumentali. In particolare, quello che andiamo a ricercare è la così detta disseminazione nel tempo e nello spazio delle lesioni, ovvero l’interessamento di più parti del sistema nervoso centrale (disseminazione spaziale) che deve avvenire in momenti diversi nel tempo (disseminazione nel tempo). Per valutare la disseminazione temporo-spaziale ci avvaliamo di alcune metodiche strumentali come la risonanza magnetica, i potenziali evocati multimodali (esami neurofisiologici che studiano delle vie nervose specifiche) e ancora andiamo a ricercare tramite una puntura lombare l’infiammazione all’interno del sistema nervoso andando a prelevare il liquido cerebro spinale.

Successivamente alla diagnosi si discute con la persona una eventuale terapia farmacologica. I farmaci che si utilizzano vengono definiti come “terapie modificanti il decorso” e questo è importante da sottolineare perché l'avvento della terapia farmacologica ha consentito di modificare in maniera sostanziale la storia naturale della SM e ha permesso di ridurre l'impatto della malattia nel lungo termine. In particolare, con le terapie possiamo ridurre il numero delle ricadute (sino ad azzerarle), cercare di evitare il passaggio alla fase progressiva e prevenire l’accumulo della disabilità nel lungo termine.

Un aspetto essenziale però da sottolineare è quello che la terapia farmacologica debba essere iniziata precocemente e in maniera adeguata. Infatti, i criteri diagnostici (Criteri di McDonald revisione 2017) che si utilizzano attualmente cercano di anticipare il più possibile la diagnosi e in molte persone permettono di farla addirittura al primo episodio.

Al momento abbiamo a disposizione un armamentario composto da più di 15 farmaci che agiscono con meccanismi d'azione differenti prevalentemente sugli aspetti infiammatori. Le terapie vengono classificate in due categorie: i farmaci prima linea che presentano una efficacia moderata e un buon profilo di sicurezza e i farmaci di seconda linea che sono generalmente destinati a persone che non rispondono ai farmaci di prima linea o che hanno delle forme aggressive dall’inizio. Le terapie di seconda linea sono generalmente di maggior impatto sul sistema immunitario e sono anche più efficaci ma il loro uso può essere associato a eventi avversi di maggior impatto.

Questi aspetti comportano la necessità nella scelta di pesare bene i benefici e i rischi delle terapie e cercare di personalizzare le scelte tenendo in considerazione sicuramente gli aspetti legati alla malattia e alle terapie ma anche quelli personali coinvolgendo la persona con SM e costruendo dei percorsi condivisi

È inoltre importante sottolineare che accanto agli approcci farmacologici, per migliorare l’andamento della malattia e migliorare la qualità di vita delle persone con SM, possiamo sfruttare una serie di interventi sullo stile di vita come l’abitudine al fumo, l’attività motoria (in alcuni casi adattata), una corretta alimentazione tra gli altri possono essere di grande aiuto e supporto nella gestione della vita con la SM».

La Sardegna è ai vertici della classifica italiana, perché?

«La SM è presente in tutto il mondo con delle aree ad alta media e bassa incidenza. La distribuzione geografica della malattia segue un gradiente che aumenta con l’aumentare della latitudine e infatti le regioni del Nord Europa e del Nord America presentano la prevalenza maggiore. Una eccezione è rappresentata dalla Sardegna che nonostante la sua localizzazione geografica, che la colloca in una delle aree a media frequenza, presenta una delle frequenze più alte al mondo (400 persone circa per 100000 abitanti). L'alta frequenza di SM in Sardegna, come anche di altre malattie autoimmuni come il diabete mellito di tipo I e le tiroiditi autoimmuni, è essenzialmente legata alla particolare struttura genetica dei sardi e dalla interazione con dei fattori ambientali. Negli ultimi anni degli importanti passi sono stati fatti nell’identificazione dei fattori predisponenti alla SM con più di duecento geni predisponenti (tutti influenzanti il sistema immunitario) e alcuni fattori ambientali (come il virus di Epstein Barr, il fumo di sigaretta, la carenza di vitamina D, il microbiota intestinale tra gli altri). Ogni fattore svolge un ruolo minimale nella predisposizione e da solo non è sufficiente a determinare l’insorgenza di malattia. È abbastanza evidente che la Sardegna sia una popolazione importante per capire le cause della SM sia per la elevata frequenza che per le caratteristiche ambientali e soprattutto genetiche peculiari della popolazione.

La popolazione Sarda in particolare presenta una struttura genetica che si è venuta a definire nel corso del tempo per proteggerla da fattori ambientali potenzialmente pericolosi, pensiamo per esempio alla Malaria o a infezioni come la Brucellosi, Tubercolosi, tra le altre. L’ambiente però può cambiare in maniera rapida, cosa che non avviene ovviamente per la genetica. Quindi, un corredo genetico favorevole in un determinato ambiente può non esserlo in un altro, cosa che verosimilmente è successo nell’Isola».

Perché colpisce più le donne?

«Le donne sono più frequentemente affette da SM e il rapporto è più o meno di 2.5 3.5 a uno rispetto appunto agli uomini. L’assetto ormonale, che influenza in maniera significativa la funzione del sistema immunitario, è verosimilmente la causa di questa differenza di frequenza tra i sessi. Il rapporto tra femmine e maschi è infatti pari a 1 in epoca pre-puberale per poi aumentare con il raggiungimento dell’età riproduttiva della donna, per poi diminuire nuovamente dopo la menopausa. Un altro aspetto importante è che anche l’andamento della malattia è influenzato dagli ormoni e infatti la gravidanza è caratterizzata generalmente da una fase di remissione e spesso le donne con SM riferiscono la gestazione come uno dei periodi di maggior benessere. La gravidanza svolge una azione immunomodulante perché il prodotto del concepimento avendo un corredo genetico proveniente da entrambi i genitori rischierebbe di essere attaccato dal sistema immunitario della mamma. Questo effetto immunomodulante importante per il bimbo è quindi favorevole anche per il controllo della malattia».

Si può prevenire?

«Al momento non esistono strategie capaci di prevenire l'insorgenza della SM e non abbiamo dei marcatori o segnali abbastanza affidabili per identificare le persone che la svilupperanno. Recentemente è stata delineata una fase prodromica ovvero alcuni sintomi che possono precedere l’esordio della SM ma essendo dei fastidi molto generici e diffusi non possono essere utilizzati come campanello d’allarme.

Quello però che si può cercare di prevenire in una malattia come la SM è l'insorgenza della disabilità permanente come si diceva prima con la terapia precoce e personalizzata».

Qual è l’arma vincente?

«L'arma vincente è sicuramente quella della terapia precoce e personalizzata con i farmaci più adatti per quella determinata persona. Lo scopo principale del trattamento è quello di influenzare il sistema immunitario, modulandolo o sopprimendolo con lo scopo di proteggere la mielina e soprattutto i neuroni, stabilizzando la malattia e cercando di evitare l’accumulo di disabilità e la perdita di autonomia nel tempo.

Per fare questo è fondamentale la costruzione di una alleanza terapeutica tra la persona con SM e lo specialista neurologo e la condivisione degli obiettivi e del percorso di cura nell’ottica dell’autodeterminazione della persona».

A che punto siete con la sperimentazione?

«La ricerca nell'ambito della sclerosi multipla va avanti in maniera molto svelta. Come detto al momento abbiamo più di 15 terapie approvate nella SM. Queste terapie hanno l’indicazione nel decorso infiammatorio prevalentemente nelle forme recidivanti remittenti e in maniera nettamente minore nelle forme progressive che mostrano infiammazione. Esistono però ancora dei bisogni insoddisfatti perché non tutte le persone rispondono in maniera ottimale ai diversi farmaci e per i decorsi progressivi le possibilità terapeutiche sono limitate. Inoltre, come più volte sottolineato, mentre le strategie terapeutiche agiscono su diversi meccanismi immunologici un punto critico è la protezione diretta del sistema nervoso e la possibilità di rigenerare le cellule nervose e la mielina.

Al momento attuale sono in corso varie sperimentazioni (di fase I, II e III) con molecole nuove e meccanismi d'azione diversi rispetto a quelli già disponibili e alcuni studi sono focalizzati sulla protezione e sulla rigenerazione dei tessuti.

Alcuni approcci terapeutici in fase di sperimentazione interessanti sono le cosiddette terapie cellulari. In particolare, si stanno sperimentando degli approcci con il trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche che hanno essenzialmente uno scopo di agire in maniera più drastica sul sistema immunitario cercando di indirizzarlo, nella fase di ricostruzione, verso la tolleranza nei confronti delle componenti proprie del sistema nervoso.

Nel 2023 inoltre sono stati pubblicati i risultati di due studi sperimentali esploratori (fase I, quindi in fase molto iniziale) sull'uomo con cellule staminali neuronali. I risultati sono molto interessanti perché hanno evidenziato la sicurezza della procedura ed emergono dei segnali positivi su alcuni parametri strumentali ma ribadisco sono molto preliminari.

Si tratta però di studi molto importanti perché aprono la strada per sperimentazioni future che vanno nella direzione della possibile rigenerazione.

Altri ambiti di sperimentazione sono quelli neuro-riabilitativi sia per gli aspetti motori che cognitivi e senza dubbio le nuove tecnologie stanno permettendo anche in questo ambito di ottenere dei risultati importanti e molto interessanti».

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