Quando invecchiare può essere un piacere
Luciano Pittau: «Con il giuso stile di vita i 65 anni di oggi, in termini di forma fisica e cognitiva, corrispondono ai 45 anni di 30 anni fa»Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Combattono la battaglia più antica di tutte. Al Santissima Trinità di Cagliari un team di esperti cerca di contrastare l’invecchiamento. In pratica la lotta è tutta incentrata sul cervello e su tutto ciò che può mantenerlo intatto con un occhio di riguardo agli acciacchi.
Nel reparto di Geriatria diretto da Luciano Pittau le patologie più frequentemente trattate sono la sepsi, le polmoniti, lo scompenso cardiaco, l’insufficienza respiratoria, l’insufficienza renale, la disidratazione, le anemie e le neoplasie. Il reparto ha 24 posti letto, di cui 9 dotati di monitor multiparametrici ed è composto da 10 dirigenti medici di Geriatria e un direttore facente funzioni, 19 infermieri e 18 oss.
Dottor Pittau, a quanti anni si diventa vecchi?
«Esiste un’età che viene collocata a 65 anni, oltre i quali si viene definiti anziani. E’ un dato ufficiale che si rifà alle indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che mette insieme realtà dell’intero globo terrestre con paesi a basso ed ad alto reddito che presentano un'aspettativa di vita ben differente. Un po’ la differenza che noi stessi possiamo cogliere se riflettiamo sull’essere 65enni nell’epoca dei nostri nonni, dei nostri genitori o dei tempi odierni. Attualmente la maggior parte dei 65enni è in piena attività lavorativa e nei momenti ricreativi pratica attività sportive in cui difficilmente vedevamo impegnati i nostri nonni o i nostri genitori. Diciamo che i 65 anni di oggi, in termini di forma fisica e cognitiva, corrispondono ai 45 anni di 30 anni fa. Ciò significa che per quanto riguarda paesi come il nostro la soglia di ingresso nella terza età andrebbe spostata più in là e vi sono proposte da parte delle Società Scientifiche per portare a 75 anni questa soglia. Si sta introducendo anche un ulteriore termine, quello della “quarta età” per definire l’anziano dipendente da terzi ed in chiaro decadimento fisico».
C’è un’età anagrafica e una biologica?
«A differenza dell’età anagrafica, che è immutabile ed è determinata dallo scorrere del tempo, quella biologica viene influenzata da fattori genetici e da fattori ambientali. Non sempre le due età coincidono. E' esperienza comune osservare persone che mostrano meno degli anni che hanno e viceversa, chi ne mostra di più. In questi ultimi casi ci lasciamo andare al commento “come è invecchiato male!”. Una cosa è certa, l'invecchiamento è ineluttabile, si può provare a contrastarlo o a rallentarlo, ma non lo si può arrestare. In fondo i processi legati all'invecchiamento sono legati per un 30% al genotipo e per il restante 70% al fenotipo. Il genotipo è l'insieme dei geni dell'individuo e su questi, poco ci possiamo fare. Ce li danno i nostri genitori, e quelli sono. L'interazione dei geni con l'ambiente determina il fenotipo. L'ambiente è nelle nostre mani, ed è quello che chiamiamo stile di vita. Si tratta dell'alimentazione, dell'attività fisica, delle buone o cattive abitudini capaci di generare o meno stress. Avere in mano il 70% delle influenze che determinano il processo d'invecchiamento, non è poco».
Invecchiano prima gli uomini o le donne?
«L'aspettativa di vita nel nostro paese è di 80 anni per i maschi ed 84/85 anni per le femmine. Tutti gli studi finora effettuati dicono che i maschi vivono di meno e invecchiano più velocemente delle donne. In uno studio effettuato in Finlandia i maschi sono risultati biologicamente più anziani rispetto alle donne. La spiegazione potrebbe essere legata, in generale, alle abitudini di vita meno salutari che caratterizzano il sesso maschile. Alcuni ritengono che la differenza potrebbe essere spiegata anche dagli effetti benefici dell'estrogeno, ormone sessuale femminile».
I consigli per spostare l’asticella dell’età?
«A noi geriatri quando si parla di invecchiamento piace parlare di “fragilità”. Per rendere semplice la spiegazione, io preferisco utilizzare il termine “riserva funzionale” immaginandola come un vero e proprio serbatoio dal quale andiamo ad attingere carburante per superare qualsiasi evento stressante della nostra vita. Questo serbatoio ha la sua capienza massima quando si è giovani ed invecchiando diventa sempre meno capiente. In alcuni anziani si annulla completamente. In queste condizioni qualsiasi evento stressante può alterare l'equilibrio dell'organismo al quale poi non si è più in grado di tornare. Noi possiamo “allenare” la riserva funzionale, possiamo mantenere capiente questo serbatoio. Ciò ci aiuterà a superare gli eventi stressanti che incontreremo permettendoci di andare il più lontano possibile».
Come possiamo allenarla?
«E' ormai assodato che l'attività fisica è alla base della lotta alla fragilità sia fisica che cognitiva. Bastano dai 20 ai 40 minuti al giorno di attività fisica aerobica moderata, quali una camminata a passo veloce. Anche se non si è in grado di queste prestazioni base, bisogna tenere a mente che è sempre valido il principio che praticare qualunque tipo di attività fisica è meglio che non farne affatto. E' comunque importante essere costanti, creandosi una sorta di abitudine. Gli altri interventi coadiuvanti sono l'adeguato regime alimentare e la stimolazione delle attività cognitive e di interazione sociale. In sostanza mangiare bene e vario, senza abbuffarsi, leggere e frequentare il maggior numero di persone possibile. Contrastare la fragilità, aumentando la nostra riserva funzionale, ci permetterà di abbassare la nostra età biologica».
I sardi detengono il record di longevità
«Si, è vero. La Sardegna, e in particolare la Barbagia e l'Ogliastra, fa parte delle 5 aree geografiche in cui la speranza di vita è notevolmente più alta rispetto alla media mondiale. Oltre questo dato statistico abbiamo un'altra caratteristica, siamo l’unico posto al mondo dove gli uomini vivono quanto le donne. Sono noti a tutti le attività di ricerca sulla genetica dei progetti “AKeA” e “ProgeNIA” che saranno in grado di illuminarci sulla longevità della popolazione sarda. Personalmente non posso che sottolineare ciò che sembra comunque comune nei nostri centenari: l'attività fisica, quella dettata dalle abitudini giornaliere, e l’alimentazione, con un consumo prevalentemente di prodotti naturali».