Il 28 dicembre 1980 nel carcere speciale di Trani sta terminando l’ora d’aria. Primo pomeriggio. Sembra una giornata come tante, ma qualcosa di sconvolgente da lì a poco segnerà le cronache di un’Italia già provata dal terrorismo estremista combattente e da una lunga stagione di stragi. All’interno della struttura carceraria, sono le 15.20, il brigatista Bruno Seghetti aggredisce il capo degli agenti prendendolo in ostaggio: è il segnale. Scatta la rivolta con una settantina di detenuti che bloccano 29 persone in massima parte agenti, asserragliandosi in un’unica sezione. Ore concitate e per un interminabile giorno non si riesce ad andare oltre le inconcludenti trattative tra Stato e rivoltosi. Poi la svolta, il ministro di Grazia e Giusta, Adolfo Sarti, in accordo con il premier Arnaldo Forlani e il ministro della difesa Lelio Lagorio, dà il via libero all’intervento di un reparto dell’Arma, sino a quel momento segreto. Fu quello il battesimo di fuoco del Gis, il Gruppo d’Intervento Speciale dei Carabinieri.

I due libri scritti dal Generale di Corpo d'Armata Carmelo Burgio, 65 anni, per Itinera Progetti edizioni, foto Ripa
I due libri scritti dal Generale di Corpo d'Armata Carmelo Burgio, 65 anni, per Itinera Progetti edizioni, foto Ripa
I due libri scritti dal Generale di Corpo d'Armata Carmelo Burgio, 65 anni, per Itinera Progetti edizioni, foto Ripa

IL FATTO «Fu, come si suol dire, un esordio con il botto. Una di quelle situazioni dove, se riesci sei il migliore, ma se sbagli vieni bollato come incapace». Parole e commenti scritti da Carmelo Burgio, Generale di Corpo d’Armata dei Carabinieri e autore di un libro straordinario: “Gis. La vera storia del Gruppo d’Intervento Speciale”. Il volume, 190 pagine (Ed. Itinera Progetti, 2020; 4 edizioni in otto mesi) corredate da foto e belle riproduzioni grafiche di Pietro Compagni, ripercorre attraverso il racconto di un alto ufficiale della prima ora, la storia dei super carabinieri. Nascita, missioni e testimonianze del reparto altamente addestrato dell’Arma, istituito ufficialmente il 6 febbraio 1978 (la firma fu dell’allora ministro dell’Interno Francesco Cossiga) in piena emergenza terrorismo, appunto. Dopo due anni di addestramento segreto, fu Trani teatro della prima azione operativa. Qualcosa di mai visto e sconvolgente per milioni di italiani che guardavano in tv il blitz degli uomini col mefisto sul viso. Un noto quotidiano romano il 30 dicembre di quell’anno scrisse: «La battaglia è stata furibonda. Il raid di Trani ha rivelato, all’improvviso, l’esistenza di un reparto speciale dei Carabinieri, efficientissimo e moderno - si legge nell’articolo puntualmente riportato dall’autore del libro - La cosa che ha suscitato il più grande stupore non è stata tanto la condotta di tutta l’operazione, per altro esemplare, quanto che nessuno sapeva dell’esistenza di questi uomini, né chi fossero né quanti fossero».

Il Generale di Corpo d'Armata, Carmelo Burgio, 65 anni. Foto di sua proprietà
Il Generale di Corpo d'Armata, Carmelo Burgio, 65 anni. Foto di sua proprietà
Il Generale di Corpo d'Armata, Carmelo Burgio, 65 anni. Foto di sua proprietà

L’AUTORE Carmelo Brugio ha lasciato il servizio attivo quest’anno dopo una lunga carriera professionale dedicata all’Arma con importanti missioni nei teatri più pericolosi in Italia e all’estero. Generale di Corpo d’Armata, 65 anni, tra i vari incarichi ha comandato l’Interregionale Podgora e prima ancora l’Interregionale Culqualber. Ha trascorso 11 anni nei reparti paracadutisti dell’Arma e ha ricoperto vari incarichi di comando sino a guidare il reggimento presso il 1°CC paracadutisti Tuscania. E proprio ai carabinieri paracadutisti Burgio ha dedicato l’ultimo suo lavoro pubblicato nel 2021 sempre per Itinera Progetti, “I ragazzi del Tuscania, 1980-2010 Le missioni in Libano, Bosnia, Albania, Iraq, Afghanistan, nei ricordi di un carabiniere paracadutista”. Agli inizi degli anni Ottanta è impegnato come ufficiale di comando a Pisa mentre frequenta il corso addestrativo per entrare tra le forze speciale del Gis di cui diverrà prima comandante di sezione e poi vice comandante del reparto. Un corpo speciale dell’Arma, di cui allora poco o nulla trapelava: «Ufficiosamente avevamo il divieto di rendere partecipi della nostra appartenenza al Gis anche parenti o amici». La stessa clamorosa operazione di Trani «aveva posto il reparto nel mirino delle Brigate Rosse». Dopo il blitz nel super carcere, infatti, gli interventi del Gis si sono succeduti negli anni sia su scenari legati al terrorismo interno o internazionale, a interventi su dirottamenti di aerei, sia anche in operazioni di supporto dell’organizzazione territoriale.

LE MISSIONI Cambiano gli orizzonti ma non il rispetto di un automatismo di priorità tatuato nella pelle e nell’anima di ogni carabiniere del Gis. Burgio parla di mantra: prima la vita dell’ostaggio, poi del terrorista infine dell’operatore. Ricordando Trani, spiega: «Era essenziale evitare il bagno di sangue», per far capire che «un Stato, con la S rigorosamente in maiuscola, non si abbandonava alla vendetta», neppure «di fronte a sanguinari  terroristi». Riporta nel libro il messaggio di ringraziamento che il presidente della Repubblica Sandro Pertini inviò all’allora comandante Generale dell’Arma, Umberto Cappuzzo. Il capo dello Stato elogiò i Carabinieri, «che, senza scendere a patti con i terroristi di Trani, hanno saputo domare la rivolta con abilità, coraggio e saggezza». In quest’ultimo termine, puntualizza Burgio, «vi era l’essenza della filosofia dell’intervento speciale del Gis». Alla «consumata esperienza, spericolatezza, coraggio e determinazione, doveva essere unito l’equilibrio». E in modo ancora più esplicito: «Dovevamo addestrarci a neutralizzare e ad uccidere velocemente, ma sperando di non doverlo fare, e ponendo in essere tutti gli accorgimenti che la professionalità forniva per limitare al massimo il ricorso alla extrema ratio». E questa è stata ed è la strategia vincente del Gis in tutte le missioni. Molte anche rimaste top secret. Tra le più note l’autore del libro ricorda, dopo Trani, l’intervento del 25 agosto 1987 all’Isola d’Elba, carcere di Porto Azzurro. «Mario Tuti, esponente del terrorismo di estrema destra, insieme ad altri cinque ergastolani (...) tentò una evasione che fallì. Essi si barricarono allora, con oltre venti ostaggi nell’infermeria». Il blitz congiunto di Gis e Nocs (Polizia) permise il rilascio degli ostaggi. Il 24 dicembre 1989 segna la data della liberazione di Cesare Casella, il giovane di Pavia rapito a gennaio dell’anno prima. In quella circostanza il Gis catturò a San Luca, in provincia di Reggio Calabria, Giuseppe Strangio, esponente di spicco della ’ndrangheta. Il "cassiere" dell’Anonima sequestri si presenta, in un luogo dell’Aspromonte, per riscuotere il riscatto. «A quei tempi - scrive Burgio - il sistema comunemente usato dai sequestratori per ottenere i pagamenti era quello di ordinare all’emissario di compiere un ampio giro, da solo e di notte, su itinerari prefissati e a bordo di auto facilmente riconoscibile e di piccole dimensioni». Nell’auto quella notte ci sono tre operatori del Gis. «Uno al volante gli altri due rannicchiati». Il blitz a sorpresa riesce e Strangio viene arrestato dopo un confitto a fuoco in cui il boss viene ferito. Il rischio che «il mezzo fosse crivellato da qualche scarica di pallettoni esplosa per maggiore sicurezza dai malviventi», era altissimo.  L’anno successivo il 17 aprile, a «Santa Margherita Ligure (Genova), il Gis è protagonista della liberazione di Patrizia Tacchella». La bimba di 8 anni rimase sequestrata per ottanta giorni e la vicenda commosse l’Italia. «Non bastava infatti salvarla - spiega l’ufficiale - ma occorreva, nei limiti del possibile, ridurre al minimo ogni sorta di trauma». La lista dei criminali e terroristi finiti nella implacabile rete degli uomini in nero, è davvero lunga. Fra le imprese che il Generale Burgio definisce «più pittoresche» c’è quella del 9 maggio 1997. Venezia. Il giorno prima «il campanile di San Marco era stato occupato da sedicenti militanti della Repubblica di Venezia, definiti dai mass media Serenissimi», ben esaltati da «farneticanti teorie». Gli otto del campanile e del tanko artigianale con camper al seguito, furono riportati a terra e arrestati. Nell’interminabile brogliaccio non poteva mancare il contatto con l’Isola. Le esercitazioni ad Abbasanta ma anche gli interventi in occasione dei sequestri di persona.  Da ricordare, tra le operazioni più recenti l’arresto di Graziano Mesina a Desulo, dopo circa un anno e mezzo di latitanza (ennesima), nel dicembre dello scorso anno.

Carmelo Burgio, paracadutista dei Carabinieri, durante un lancio in caduta libera. Foto di sua proprietà
Carmelo Burgio, paracadutista dei Carabinieri, durante un lancio in caduta libera. Foto di sua proprietà
Carmelo Burgio, paracadutista dei Carabinieri, durante un lancio in caduta libera. Foto di sua proprietà

IL SALUTO I ragazzi del Tuscania e Gis, due volumi di facile lettura e ricchi di riferimenti bibliografici (saranno presentati mercoledì 19 ottobre al Carmine, a Oristano), hanno l’assoluto pregio di esporre i fatti catturando il lettore grazie a una organica miscela tra il racconto emotivo in prima persona e il rigore scientifico della ricostruzione storica e documentata. Un lungo lavoro di interpretazione dei fatti ma anche introspettivo come si può ben cogliere nell’epilogo del libro I ragazzi del Tuscania. «Un bel giorno capisci che stai per andar via. No, stavolta non stai per imbarcarti sul solito C-130, non sei carico come un somaro di zaino, elmetto, fucile, sacca per equipaggiamenti e indumenti. No, stavolta lasci tutto». E nello svuotare la scrivania dell’ufficio, piena di foto, carte e documenti accatastati,  «in definitiva non dovevi nemmeno preoccuparti che tutto fosse nuovo, bello, splendente, giusto e ben fatto. I frammenti della nostra vita non sono tutti nuovi, splendenti, belli, giusti e ben fatti. Doveva esserti sufficiente che li avessi vissuti - bene - con gente che fosse valsa la pena di avere attorno e mettendoci il cuore (...). È questo infine il senso di tutto. Essere stati - nella propria imprescindibile individualità - parte di un tutto, di un meccanismo che cercherà comunque d’essere eterno». Carmeo Burgio poi conclude con parole di profonda sensibilità emotiva: «Vittoria per noi era tornare a casa, e riportare i ragazzi alla loro. Vittoria era condividere la pietra che ti scagliano contro in piazza, annusare il sudore gelato prodotto dall’adrenalina e il rilassarsi del tuo corpo dopo una prova. La vittoria la stringevi nella mano, nel biscotto condiviso, nel caffè fumante di nessuna miscela speciale che ti avevano versato nel gavettino, con il viso accennato a mezzo sorriso e gli occhi a cercare la tua fiducia in loro. L’importante - ora lo sai - è sapere che il tuo particolarissimo successo ti sta annidato nel pugno della mano».

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