È tutto vero. Jasmine Paolini è in finale al Roland Garros, la quinta italiana nella storia a raggiungere l’atto decisivo di un torneo “Major”. Un’impresa incredibile per una giocatrice che a 28 anni (e da quando ha scelto come coach Renzo Furlan, direttore del centro tecnico della Federtennis di Tirrenia), sta cogliendo i migliori risultati della sua carriera.

Una carriera in qualche modo legata alla Sardegna: nel 2011, vinse il suo primo torneo internazionale di doppio, nel circuito minore Itf, a Santa Margherita di Pula, quattro anni prima del successo in singolare ottenuto sempre al Forte Village. Come Yannik Sinner cinque anni fa: un filo rosso come la terra battuta, la stessa superficie del Roland Garros, unisce i due fuoriclasse della racchetta alla Sardegna.

Sarebbe riduttivo dire che Jasmine Paolini sia semplicemente una regolarista, una giocatrice votata al sacrificio, palla lunga e pedalare: se un tennista si deve valutare in primis dalla velocità dei piedi e alla profondità dei suoi colpi, c’è da dire che Jasmine merita di disputare la finale del Roland Garros contro la numero uno al mondo Iga Swiatek. Semmai c’è da chiedersi perché c’è arrivata così tardi.

La Paolini è molto preparata fisicamente, in campo si muove molto bene e soprattutto dal punto di vista tattico sa sempre cosa fare. Contro la siberiana Andreeva ha impostato la sua partita sulla regolarità, sfruttando gli errori di una avversaria molto emozionata. In precedenza l’azzurra di Fed Cup (la Coppa Davis femminile) ha messo un mostra un rovescio quasi piatto che ricorda quello della sua compagna di doppio Sara Errani (anche lei finalista sui campi parigini, battuta nel 2012 dalla divina Maria Sharapova) e soprattutto un diritto (moderno) che sa far davvero male.

Jasmine Paolini (EPA/RONALD WITTEK)
Jasmine Paolini (EPA/RONALD WITTEK)
Jasmine Paolini (EPA/RONALD WITTEK)

Si dirà che l’azzurra di babbo ghanese e madre polacca, con un bellissimo accento toscano visto che la famiglie vive a Bagni di Luca, è stata abbastanza fortunata a giocare un match importante come la semifinale di uno Slam contro una diciassettenne inesperta come la Andreeva. Questo perché la siberiana aveva battuto nel turno precedente la numero due al mondo Sabalenka, vittima più di un malore che non dei colpi della russa.

Resta però il fatto che Jasmine nei quarti aveva eliminato la numero quattro al mondo Rybakina, dominata negli ultimi due set dopo aver perso il primo. Insomma, Jasmine è stata forse anche fortunata, ma non è lassù per caso e lunedì sarà comunque tra le prime dieci giocatrici al mondo.

La Jasmine sta esplodendo forse tardi e merito di un coach come Furlan, ex 18 al mondo, dopo aver percorso tutte le tappe dell’ascesa tennistica. Davvero un crescendo. Se in Sardegna nel 2015 aveva vinto il suo primo torneo Itf, nel 2018 ha trionfato nel primo torneo Wta, il circuito maggiore, a Bogotà, e ha chiuso l’anno attorno al numero 200 della classifica mondiale. Nel 2019 l’esordio al Roland Garros, il primo torneo del Grande Slam da lei disputato. Mentre nel 2020 è scesa in campo anche agli Australian Open e agli Us Open: ormai stabilmente tra le prime cento al mondo e numero uno italiana vista la crisi di Camila Giorgi.

Nel 2021 il primo vero salto di qualità: ha chiuso l’anno numero 53 al modo dopo aver vinto i tornei di Saint Malò (Wta 125) e Bol (Wta 250). E nel 2023 la continuità di rendimento le ha consentito di entrare (e reestare) le prime trenta del mondo.

I primi sei mesi del 2024 sono invece magici, fantastici per Jasmine Paolini: prima la vittoria nel Wta 1000 di Dubai, ora la finale al Roland Garros.

Francesca Schiavone (AP Photo/Laurent Rebours)
Francesca Schiavone (AP Photo/Laurent Rebours)
Francesca Schiavone (AP Photo/Laurent Rebours)

La prima azzurra a conquistare la finale di un torneo del Grande Slam era stata Francesca Schiavone nel 2010: il 6-4, 7-6 rifilato alla australiana Samantha Storus l’ha consegnata alla storia. Stesso punteggio, ma stavolta una sconfitta, contro la Li Na un anno dopo per la Schiavone: il suo canto del cigno a livello Major. Nel 2015 l’exploit di Sara Errani, finalista sconfitta da Maria Sharapova. Ci hanno pensato le due sorelle d’Italia, Flavia Pennetta e Roberta Vinci, a rinverdire i fasti del tennis azzurro nel 2015 con una finale tutta pugliese sul cemento di Flushing Meadows a New York: vinse la Pennetta che a fine match annunciò il suo ritiro dal circuito internazionale. Un colpo di teatro comprensibile dopo aver toccato il cielo con un dito.

Flavia Pennetta (a destra) e Roberta Vinci (REUTERS/Eduardo Munoz)
Flavia Pennetta (a destra) e Roberta Vinci (REUTERS/Eduardo Munoz)
Flavia Pennetta (a destra) e Roberta Vinci (REUTERS/Eduardo Munoz)

Ora spetta a Jasmine Paolini, capace di conquistare i tifosi azzurri anche il suo sorriso, la sua spontaneità a fine match durante le interviste, il suo accento toscano: il suo grazie ragazzi in italiano dal centrale del Roland Garros è più di un messaggio d’amore.

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