È difficile che le generazioni odierne sappiano di cosa si parla quando si fanno i nomi di Space invaders, Tetris, Bubble bubble, Outrun, Maniac mansion, ZcMckraken, Donkey kong. Solo per citare alcuni dei più famosi. Nato con la PlayStation (arrivata alla numero 5) e con la Xbox, chi oggi non ha più di 30 anni è improbabile abbia conosciuto l’era dei videogiochi da bar, nata più o meno a fine anni Settanta ed esplosa del tutto nel decennio successivo con l’uscita di titoli da leggenda che hanno tenuto incollate a uno schermo di 28 pollici frotte di ragazzini. Calcio, corse automobilistiche, alieni minacciosi, teatri di guerra, cazzotti, giochi olimpici: c’era di tutto in un periodo in cui poco si pretendeva e altrettanto bastava per divertirsi, mancando la tecnologia informatica odierna. La grafica era primordiale (i pixel erano grossi come un chicco di caffè) ma la novità assoluta, dunque in ogni locale - chi non ricorda tra i quarantenni il mitico Pinocchio di via Tuveri a Cagliari? - c’era la fila per cimentarsi nell’ultimo gioco messo a disposizione dai proprietari, che vendevano centinaia di gettoni (ormai un residuato post bellico) al modico prezzo di 100-200 lire e si facevano la giornata.

L’espansione del mercato

Sarebbero seguiti supporti più avanzati e moderni con la pubblicazione di migliaia di titoli e il passaggio definitivo dal bar alla propria casa tra metà anni Ottanta e metà anni Novanta grazie agli allora modernissimi Commodore 64 e Amiga, la sua evoluzione: consolle evolute rispetto al mitico Atari e ai primordiali Magnavox, Bandai, Emerson, ZX Spectrum. Da quel momento la scalata è stata inarrestabile, il mercato dei videogiochi si è rivelato una miniera d’oro e le case produttrici hanno sfornato anno dopo anno supporti sempre più avanzati, con schermi migliori e giochi più complessi: il Sega, il Game Boy, il Nintendo, il Neo geo. Sino alla rivoluzione PlayStation e alla Xbox, dove si utilizza il Joyped (erede dell’antiquato joystick) e il giocatore quasi entra a far parte del gioco, e alla Wii, il cui sistema di puntamento verso lo schermo rende indispensabile il movimento delle braccia per giocare. Livelli diversi rispetto a vent’anni prima per qualità, complessità, durata, grafica. Studi recentissimi Sul “Gaming & Esports” hanno calcolato che a partire dal 2020, anno della pandemia con frotte di ragazzini (e non solo) chiusi in casa, il settore degli sport elettronici ha generato un giro d’affari da 175 miliardi di dollari di ricavi e la partecipazione di 2,7 miliardi di giocatori in tutto il mondo. Un mercato faraonico, nulla di paragonabile con i pionieri degli anni Settanta.

Mame

Eppure chi ha vissuto l’epoca d’oro degli Arcade ne sente ancora nostalgia e va alla ricerca dei giusti supporti per tornare indietro nel tempo. Nel magico mondo di internet si trova un po’ di tutto ma spesso le indicazioni si dimensioni ed efficacia riproduttiva ingannano: spesso sul web le proposte si fermano a formati-mini, alti pochi centimetri e dal costo spropositato. Non pochi sfruttano il Mame, software capace di riprodurre in varie piattaforme i vecchi giochi senza la necessità di farli girare sul supporto originale, che poteva essere il Commodore 64, l’Amiga, i cabinati da sala giochi. È anche lo strumento utile a far rivivere e tramandare antichi titoli altrimenti destinati a essere dimenticati e perduti. Oggi si calcola che nel grande mare della Rete ve ne siano oltre 7mila a disposizione di appassionati e nostalgici. Un gradito ritorno per chi è vero nostalgico di quel periodo.

Anni fa era stato messo gratuitamente a disposizione degli internauti anche un migliaio di giochi degli anni Settanta e Ottanta dall’Internet Archive: ci si poteva collegare all’indirizzo web dal proprio pc e si cominciava a giocare. Oggi c’è chi arriva ad acquistare veri cabinati da bar rimessi a nuovo e in funzione da esperti nel ramo, che vanno a caccia di questi supporti per sistemarli e rivenderli. Un mercato in espansione anche a Cagliari. Il costo non è particolarmente basso, ma il risultato – c’è da crederci – è straordinario. Una macchina alta 180 centimetri con due levette, da quattro a sei tasti originali, la possibilità di utilizzare vari emulatori (dai classici da bar all’Amiga, al Commodore, al Siga, al Nintendo, al Super Nintendo e così via) e una libreria di migliaia di titoli la gran parte dei quali, forse, non si utilizzeranno mai.

Ritorno al passato

Però, come restare indifferenti davanti a nomi quali Ghostbusters, Space Invaders (il primo videogioco della storia, 1978), Pac-Man (forse il più famoso di tutti), Mario Bros (iconico idraulico), Tetris, Frogger, Street Fighter (il mitico picchiaduro), Bubble Bobble, Impossible mission (antesignano del Mission: impossible del cinema con Tom Cruise), Wonder boy, Ghost-n Ghoblins? Ma la lista è ben più lunga e comprende anche, tra gli altri, Arkanoid, Armalyte, Conan il barbaro (Barbarian 1-2-3), Batman 1989, Bionic commando, il mitico Boulder Dash, Bruce Lee, Commando, lo straordinario Emlyn Huges soccer, International Karate +, il famosissimo Kick off e il predecessore Microprose soccer, Out run, la saga di Turrican e quella di The last Ninja, R-Type, Maniac Mansion e Zak McKracken and the alien mindbenders. Insomma, una manna per chi ha un’anima da nerd. Ma anche chi non ce l’ha, o non sa di averla, davanti a una libreria di questo genere avrebbe difficoltà a non cedere alle tentazioni.

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