La Sardegna è la regione del Mediterraneo con la più alta incidenza dei portatori sani di beta-talassemia, la cui frequenza media è di circa l'11 per cento. Numeri in calo grazie soprattutto al lavoro degli specialisti dell’ospedale pediatrico microcitemico Antonio Cao di Cagliari. Susanna Barella guida il Centro Microcitemie e Anemie rare.

Dottoressa Barella, cos’ è la Talassemia?

«La Talassemia è una patologia congenita, ereditaria, nella quale il sintomo principale è l’anemia. E’ una malattia molto antica; il primo paziente di cui abbiamo conoscenza è un bambino vissuto oltre 8.000 anni fa, il cui scheletro è stato rinvenuto, insieme a tanti altri nell’ isola di Cipro.

Il termine Talassemia significa “anemia che viene dal mare” perché è più diffusa nelle zone costiere, specie in quelle con pregressa o attuale endemia malarica. La forma più severa è la beta-Talassemia Major, conosciuta anche come “Anemia Mediterranea” perché molto diffusa nel bacino del Mediterraneo. E’ nota anche come morbo di Cooley, perchè Thomas Cooley è stato primo a descriverla in una pubblicazione scientifica, nel 1925 negli Stati Uniti; i pazienti erano figli di immigrati greci e italiani. Questa forma permette la sopravvivenza dei pazienti solo se vengono sottoposti a regolari trasfusioni di sangue, in media ogni 15-21 giorni. La Sardegna è una delle Regioni a più elevata prevalenza di Talassemia, sia per quanto riguarda i portatori sani che i pazienti. In Italia, su una popolazione di 59,11 milioni di abitanti, vi sono circa 7.000 pazienti affetti da Talassemia Major, e circa 3.000 pazienti che hanno delle forme definite Intermedie, che non necessitano di terapia trasfusionale regolare, ma che sono comunque clinicamente molto rilevanti. In Sardegna su una popolazione di 1,64 milioni di abitanti vi sono 1.600 pazienti con Talassemia, dei quali 1.063 sono affetti dalla forma Major e circa 600 dalla forma Intermedia. Questi pazienti sono curati presso diverse strutture distribuite sul territorio; al Centro Microcitemie e Anemie Rare di Cagliari, dell’Ospedale Pediatrico Microcitemico Antonio Cao, afferiscono circa 500 pazienti con Talassemia Major e circa 450 con Talassemia Intermedia. Ogni anno, nascono nella nostra isola tra 6 e 10 nuovi bimbi affetti da questa patologia. Attualmente, per fortuna, questo avviene non per disinformazione ma per una scelta consapevole delle coppie, legata a motivi etici o religiosi ma anche ai notevoli miglioramenti nella cura di questa patologia, quindi al miglioramento della qualità e della prospettiva di vita. Influisce sulla scelta anche la possibilità di guarigione, sia mediante Trapianto di cellule staminali ematopoietiche (trapianto di midollo) che, speriamo a breve, mediante Terapia Genica».

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-Quali sono le cause?

«Come detto è una malattia ereditaria, autosomica recessiva. Questo termine significa che la nascita di un bimbo affetto da Talassemia può avvenire solo da due genitori portatori sani di Talassemia. Il difetto genetico determina una assente o ridotta produzione di emoglobina, la sostanza che è contenuta all’interno dei globuli rossi e che trasporta l’ossigeno a tutti i tessuti dell’organismo. Questo determina una anemia cronica severa».

-Quali sono i sintomi?

«Il sintomo principale è costituito dall’anemia severa, che in genere non si manifesta alla nascita ma alcuni mesi dopo. Questa anemia può essere corretta solo con le trasfusioni di sangue, soprattutto nella Talassemia Major. Poiché i globuli rossi contengono ferro, il paziente che fa le trasfusioni accumula ferro, praticamente in tutti gli organi, ma in particolare nel fegato e nel cuore.

Per questo motivo i pazienti devono assumere, tutti i giorni, una terapia per eliminare il ferro in eccesso. Se questo non avviene possono insorgere delle complicanze (cardiopatia, cirrosi epatica, diabete, etc.) che sono severe e che possono esporre a rischio di vita».

-Una guerra che potrà essere vinta?

«Abbiamo già vinto la guerra perché la Talassemia Major in passato aveva una limitata aspettativa di vita. In genere i bimbi morivano nella prima infanzia, al massimo entro i dieci anni di vita, con condizioni cliniche estremamente scadenti. Con il miglioramento delle cure l’aspettativa di vita è progressivamente aumentata fino all’età giovane adulta e poi decisamente adulta.  Attualmente la definiamo una patologia a prognosi aperta. I nostri pazienti hanno, quindi, una aspettativa e una qualità di vita che in passato sarebbero state inimmaginabili; possono realizzarsi sia sul piano personale che professionale, fare sport e , se lo desiderano, fare un progetto di famiglia. Tra loro abbiamo moltissimi genitori e anche alcuni nonni. Ma continuo a sottolineare che è una patologia molto impegnativa che lega il paziente al Centro di cura praticamente dalla nascita e che richiede una stretta alleanza e collaborazione operatore sanitario / paziente / famiglie. Abbiamo un nuovo farmaco che può ridurre la necessità di trasfusioni nella Talassemia Major, e anche questa è un’altra battaglia vinta. E’ anche possibile guarire dalla Talassemia, attualmente solo con il Trapianto di Midollo Osseo, ma solo per i pazienti che abbiano un donatore compatibile. In tempi abbastanza brevi dovrebbe diventare una realtà anche la terapia genica, che non richiede un donatore perché sono le cellule del paziente che vengono “corrette“ in Laboratorio e poi reinfuse al paziente stesso. Entrambe queste terapie richiedono che il paziente sia in condizioni cliniche ottimali. E, comunque, importantissimo ricordare che la terapia tradizionale, costituita da regolari trasfusioni di sangue e farmaci per l’eliminazione del ferro in eccesso, rimane la base di partenza per tutti i pazienti e per alcuni sarà la terapia di tutta la vita. E quindi dobbiamo anche ricordarci di donare, perché chi dona il sangue dona la vita, agli altri ma anche a se stesso. Quella della regolare e costante disponibilità di sangue per le trasfusioni è una battaglia che dobbiamo ancora vincere completamente».

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