Non possiamo farne a meno, dobbiamo però saperle smaltire, le mascherine anti Covid. Bene, correttamente, per non aggiungere altro inquinamento nel Mondo, nei mari del pianeta che già stanno facendo i conti con tonnellate di plastica che ogni anno finiscono nelle acque degli Oceani, Mediterraneo compreso. Non è un grido d'allarme preventivo. Dopo la prima pandemia d'inizio anno, con i picchi di aprile e maggio, il fenomeno si era già mostrato in tutta la sua potenziale emergenza. E i primi abbandoni scorretti dei presidi sanitari (mascherine e guanti, questi ultimi abbandonati nei mesi successivi perché ritenuti inadatti) imposti per cercare di contrastare la diffusione del coronavirus era stati confermati. Marciapiedi, strade, campagne, spiagge, e conseguentemente il mare, avevano accolto i risultati di sciagurati comportamenti.

Ora parlano i numeri. È stato stimato che le mascherine chirurgiche e i guanti diventati ogni mese rifiuti speciali dopo l'uso si aggirano sui 194 miliardi. Ben 129 miliardi le prime, 65 gli altri.

Inutile dire che una grande quantità è finita e continua a finire nei nostri mari, al pari dei rifiuti plastici più o meno evidenti, più o meno consistenti, visto che a creare grossissimi pericoli sono anche le particelle infinitesimali che, ingoiate dai pesci (e crostacei) inavvertitamente, entrano nella catena alimentare per tornare all'uomo.

A diffondere i numeri del fenomeno non certo finito proprio perché strettamente legato alla pandemia, è stato uno studio pubblicato sulla rivista "Environmental Science and Technology". Ad allarmare - come sostengono molte organizzazioni ambientaliste internazionali ma anche prestigiosi centri di ricerca - è l'impatto devastante sull'ambiente al pari se non più insidioso delle buste di plastica. I cosiddetti "nuovi rifiuti", oltre a rappresentare un rischio per la salute per la loro capacità di diffondere il virus se non gestiti correttamente e secondo le rigorose indicazioni sanitarie, impiegano fino a 450 anni per decomporsi completamente. Una volta in mare, poi, possono essere scambiate da diversi animali acquatici come succulenti organismi da divorare. Meduse, per esempio, cibo prediletto dai rettili marini come le tartarughe verdi o le carette. Non solo. Possono anche diventare vere e proprie trappole per pesci e crostacei (ma anche per le giovani tartarughe) che rischiano di restarci impigliati.

Dopo il primo allarme lanciato mesi fa dall'organizzazione ecologista Oceania impegnata nella conservazione marina, che durante un'esplorazione mirata nelle isole giapponesi Sodo aveva trovato incredibili cumuli di mascherine "spiaggiate", ora a preoccupare è il Mediterraneo, sulle cui coste si affacciano ventuno Paesi e tra questi Francia, Spagna e Italia, colpiti massicciamente dalla pandemia.

È stata l'organizzazione "Opération Mer Propre" (lo riporta il magazine "GreenMe") a mettere in evidenza il pericolo, con una vera campagna d'indagine (e di pulizia) nella Costa Azzurra. Confermando i "sospetti", anzi le certezze scientifiche avanzate dall'Ispra, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale sottoposto alla vigilanza del ministero dell'Ambiente.

Resta da capire come il fenomeno possa essere fermato. Prima di aggiungere guai ad altri guai. Di certo non devono essere mai gettati per terra, come ricorda senza tanti giri di parole l'Istituto superiore della sanità nella premessa di un vademecum. Raccomandazione non certo scontata e neppure inutile visto che l'abitudine a sbarazzarsi di questi presidi sanitari individuali abbandonandoli su strade, marciapiedi, parchi, giardini e spiagge è assolutamente frequente.

Se si è positivi o in quarantena obbligatoria mascherine e guanti monouso, come anche la carta per usi igienici e domestici (fazzoletti, tovaglioli, carta in rotoli) vanno smaltiti nei rifiuti indifferenziati, possibilmente inseriti in un ulteriore sacchetto.

Per le attività lavorative i cui rifiuti sono già assimilati ai rifiuti urbani indifferenziati mascherine e guanti monouso saranno smaltiti come tali.

Non vanno mai e poi mai gettati in contenitori non dedicati a questo scopo, quali, per esempio, cestini individuali dei singoli ambienti di lavoro, cestini al servizio di scrivanie o presenti lungo corridoi, nei locali di ristoro, nei servizi igienici o presenti in altri luoghi frequentati e frequentabili da più persone, ma gettarli negli appositi contenitori.

Se poi si è in strada e c'è la necessità di cambiare la mascherina, allora è meglio chiuderla in un sacchetto e portarla a casa per un corretto smaltimento domestico.
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