È una mattina di fine novembre, c’è da risolvere il problema Boy George: l’eccentrico interprete di “Do you really want hurt me” è a New York, ha perso l’aereo perché non si è svegliato in tempo. Dovrebbe presentarsi nello studio di registrazione Sarm West Studios di Londra, dove un gruppo di produttori volontari ha aperto una finestra gratuita di appena ventiquattr’ore per dare forma a quell’improvvisa iniziativa discografica a scopo benefico. Il frontman dei Culture Club è troppo importante, è sulla cresta dell’onda, non può mancare.

Da qui la decisione estrema e obbligata: un Concorde viene messo a sua disposizione dalla British Airways per il volo lampo sull’Atlantico. Il cantante arriva appena in tempo per mettere il sigillo sul progetto Band Aid, il “gruppo di soccorso”, creato per l’occasione. One shot, si direbbe in inglese: tutto in un attimo, una canzone che fa subito la storia. Il padre dell’iniziativa è Bob Geldof, frontman dei Boomtown Rats, rimasto scosso dopo aver visto un documentario sulla Bbc dedicato alla drammatica crisi umanitaria in Etiopia, con un popolo alla fame. È lui ad accendere le polveri del progetto discografico, puntando soprattutto sulla collaborazione con Midge Ure, leader degli Ultravox: parte un tam tam velocissimo per coinvolgere le stelle della musica britannica. C’è pochissimo tempo, il Natale è alle porte, si deve registrare e arrivare sul mercato in un attimo: “Do they know it’’s Christmas” nasce così, senza prove e tra mille improvvisazioni: diventa un pezzo leggendario che esce dalla sua epoca e si trasforma in quello che un tempo si sarebbe chiamato “evergreen”, fino a rimbalzare sulle radio di tutto il mondo ogni volta che si avvicinano le feste di fine anno. L’iniziativa può contare sui più importanti esponenti del cosiddetto Britpop, la musica anglosassone che quarant’anni fa trainava le colonne sonore di tutta Europa. Nella supersquadra di artisti presenti nel pezzo ci sono gli U2, i Duran Duran, gli Spandau Ballet, gli Ultravox, i Kool & de Gang, le Bananarama, gli Status Quo, gli Heaven 17, i Boomtown Rats, I Culture Club. E poi Sting, Phil Collins, Paul Young, Paul Weller (Style Council) e George Michael (a quel tempo ancora nel duo Wham), che proprio negli stessi giorni lancia il suo “Last Christams”, altro pezzo eterno che ricompare puntualmente ogni anno a dicembre, proprio come la canzone dei Band Aid. A dirigere la produzione c’è l’esperto Trevor Horn, anima qualche anno prima di “Video killed the radio star”.

Il disco è pronto in un lampo, dal 25 novembre al 6 dicembre si chiude la filiera della produzione: arriva nei negozi di tutto il mondo, mentre il videoclip spopola nelle tv, che proprio in quegli anni cominciano ad associare le proposte musicali alle immagini. In pochi giorni, tra i 45 giri e i primi Cd, “Do they know it’s Christmas” balza in testa alle classifiche di vendita di tutta Europa e di mezzo mondo (come in Canada e in Nuova Zelanda), diventando il disco più venduto di sempre in Inghilterra, superato soltanto (tredici anni dopo) dalla nuova versione di Candle in the Wind di Elton John, dedicato a Lady Diana, morta nel 1997 nel drammatico incidente stradale a Parigi. 

In poche settimane vengono vendute tre milioni di copie, Bob Geldof annuncia che “ogni singolo penny” verrà devoluto in beneficenza per sostenere la lotta contro la fame in Etiopia. Il governo inglese non vuole però rinunciare alle tasse sulla produzione, si apre un aspro scontro politico ma la reazione della popolazione spinge l’esecutivo guidato da Margaret Thatcher a fare un passo indietro. Il successo travolgente di Do they know it’s Christmas apre la strada al superconcerto Live Aid del luglio 1985, che va in scena tra Londra e Filadelfia. Phil Collins compie l’impresa iconica di esibirsi da una parte all’altra dell’Atlantico grazie al volo sul solito Concorde messo a disposizione dalla British Airways. Stavolta ci sono anche Paul McCartney, Mick Jagger, i Queen, David Bowie, che avevano da subito sposato il progetto. Scendono in campo anche le stelle americane, da Bob Dylan a Lionel Ritchie, da Madonna a Tina Turner, che nel frattempo avevano lanciato la loro iniziativa Usa for Africa, con “We are the world”. Nuovo supergruppo benefico e disco guidato da Michael Jackson che travolge tutto e tutti, compreso il progetto inglese. Ma quella è un’altra storia, ci sara’ un’altra occasione per raccontarla. 


 

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