L’identikit dell’anziano cagliaritano, come invecchiare nel migliore dei modi
Stefania Nepitella: «Si dovrebbe cercare di scongiurare o almeno posticipare gli eventi che causano fragilità o disabilità attraverso buoni stili di vita»Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Come e quando si diventa vecchi? Qual è l’identikit degli anziani cagliaritani? Il rapporto “Passi d’Argento” fornisce la fotografia degli abitanti nel territorio della ASL di . Dati elaborati da Stefania Ligas e Stefania Nepitella del Dipartimento di prevenzione. Sono 141.752 gli ultra 64enni residenti nel territorio della Asl del capoluogo della Sardegna: 62.441 uomini e 79.311 donne. L'età media, in questa fascia, è di circa 75,5 anni, con pochissima differenza tra maschi e femmine. Il 61% del campione è rappresentato da persone coniugate, il 24% ha perso moglie o marito e il resto è costituito da separati-divorziati o celibi-nubili.
Dottoressa Nepitella, a quanti anni si diventa vecchi?
«Sebbene L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS; World Health Organizaton-WHO) indichi i 65 anni come l’età di transito alla condizione di “anzianità”, la Società di gerontologia (“scienza che studia il processo dell'invecchiamento nei suoi aspetti sociali, culturali, psicologici, cognitivi e biologici”) ha spostato la soglia all’età di 75 anni, definendo le persone dai 65 ai 74 come giovani anziani e quelle oltre i 75 grandi anziani. Ad ogni modo è bene considerare che non esiste un vero e proprio “cut-off” dalla Maturità alla vecchiaia, in quanto ognuno vive questo passaggio in modo soggettivo in base al suo stato di salute sanitaria e psicosociale. Infatti la percezione della vecchiaia si ha quando, nell’ambito della vita quotidiana, si perdono le autonomie nello svolgimento o esecuzione delle attività giornaliere. Si può quindi asserire che non è l’età anagrafica a decretare l’anzianità di una persona, ma la persistenza o meno dell’autonomia personale. Riguardo quest’ultima considerazione il sistema di Sorveglianza Passi d’Argento (PdA), attraverso domande fatte ad un campione rappresentativo della popolazione di ultra 64enni della ASL di Cagliari, acquisisce dati in relazione al grado di autonomia degli intervistati, indagando: le effettive capacità di compiere in autosufficienza funzioni basilari come mangiare, vestirsi, lavarsi, essere continenti e fare i bisogni in autonomia e spostarsi da una stanza all’altra. Capacita dell’individuo di esplicare funzioni più complesse che delineano una certa autonomia come cucinare, prendersi cura della casa, andare a fare acquisti, essere in grado di effettuare spostamenti fuori casa utilizzando mezzi pubblici o privati e in ultimo la capacità di rappresentare una risorsa attiva per la famiglia e la società ad esempio attraverso attività di volontariato. Le combinazioni di queste “autonomie” ci consentono di capire se un ultra-65enne sia in buona salute, fragile o disabile».
Invecchiano prima gli uomini o le donne?
«Fermo restando il fatto che non si può parlare di vecchiaia collegandola ad un’età specifica, ancor oggi è confermato che le donne hanno una prospettiva di vita più lunga degli uomini anche se, rispetto agli anni passati, il divario sta diminuendo (l’età media Maschi anni 74,74; VS Femmine 76.25). Però, nonostante l’aspettativa di vita sia maggiore nelle donne, dai dati raccolti nel PdA si evince che il loro invecchiamento non solo è peggiore, ma anche anticipato rispetto a quello degli uomini. Questo elemento risulta in accordo con i dati nazionali del PdA, nonché con l’indagine condotta dal Global Women's Health Index che misura lo stato di salute delle donne dai 15 anni in su, di 143 nazioni (https://hologic.womenshealthindex.com/en/index-rankings/italy). E’ molto probabile che all’invecchiamento delle donne contribuiscano anche dei fattori legati alle condizioni economiche, psicosociali e culturali più sfavorevoli rispetto ai coetanei maschi, come ad esempio il grado di istruzione medio-alta (femmine 66% vs maschi 77%) ma anche perchè tendono a curare meno la loro salute, forse perchè istintivamente più proiettate al benessere della famiglia piuttosto che a quella personale. Nel campione della ASL Cagliari analizzato, si è riscontrato che le donne vanno molto più spesso incontro a sintomi di depressione (F 22,66% VS M 7,19%), hanno più frequenti disturbi di vista (F 17,99% VS M 12,76%), difficoltà di masticazione (F 26,21% VS M 22,93%;) e presentano, in genere, più di 2 problemi sensoriali (F 22,88% VS M 15.45%): risultando, quindi, anche più fragili ( F 15.43% VS M 13.23%). In ultimo, volendo considerare come indicatore di vecchiaia la perdita di autonomia e la conseguente necessità di assistenza da parte di un care-giver (proxy), notiamo che nel nostro campione emerge una predominanza del genere femminile riguardo il ricorso al proxy (F 20,54% VS M 14,28%), differenza che si riscontra anche a livello Nazionale (F 23% VS M 18,8%)».
Come spostare l'asticella?
«Non esiste una formula magica che permetta di spostare l’asticella dell’età, ma certamente bisogna cercare di “vivere bene” e questo significa diventare innanzitutto protagonisti del proprio benessere, adoperandosi nel “seminare bene oggi per poter raccogliere salute domani”. Un primo passo è favorire sin da giovani, attraverso iniziative di informazione e promozione della salute, l’attuazione di stili di vita salubri, quali attività fisica, mantenimento del normopeso, avere un’alimentazione sana, mangiare ogni giorno frutta e verdura, assumere pochi zuccheri e poco sale. Nondimeno è importante fare periodicamente accertamenti per evitare quei fattori di rischio di malattie croniche (ipercolesterolemia, ipertensione arteriosa, glicemia alta). Il secondo passo è quello della prevenzione primaria attraverso gli screening, cioè controlli per intercettare l’eventuale inizio di malattie oncologiche e soprattutto riferire al proprio MMG sintomi di eventuali disturbi esordienti (Prevenzione secondaria) che trascurati potrebbero condurre ad una seria patologia. Non trascurabile è la salute psico-emotiva che si può favorire promuovendo la valorizzazione delle risorse dell’anziano e il suo sentirsi parte attiva e integrante della famiglia e della società. In sintesi si ribadisce come non esista una scorciatoia per sollevare l’asticella della “vita”, ma ci sono delle abitudini e stili di vita che permettono, con l’impegno costante dell’individuo e delle Istituzioni, che ciò possa accadere».
I consigli per invecchiare bene
«In virtù di quanto sopra esposto, considerando la persona in senso olistico, per invecchiare bene si dovrebbe cercare di scongiurare o almeno posticipare gli eventi che causano fragilità o disabilità attraverso buoni stili di vita, la prevenzione primaria e secondaria e una vita sociale attiva evitando la solitudine e coltivando interessi ed affetti; ma soprattutto è importante essere soddisfatti della vita che si conduce».