Un diamante è per sempre ma se possedeste un’ichnusaite potreste ambire ad andare oltre l’aldilà. Il minerale scoperto nel 2013 a Punta de su Seinargiu (Sarroch) da Robert Hazen, ricercatore del Carnegie Institution for Science of Washington, è classificato tra i più rari al mondo. Anzi, il più raro.

Il suo enorme valore è dato dal fatto che la sua composizione - torio radioattivo e molibdeno - secondo Hazen e secondo studiosi di tutto il mondo, può condurre “a nuova comprensione sulla cristallochimica dei molibdati attinidi, che possono formarsi durante l'alterazione del combustibile nucleare esaurito e influenzare il rilascio di radionuclidi in condizioni stoccaggio”. In termini più semplici, può essere utile per la conservazione delle bombe nucleari, per le scorie instabili e per i reattori nucleari destinati allo spegnimento.

Non solo: il torio è prezioso per i geologi perché l'energia rilasciata dal suo decadimento radioattivo, consente di ottenere indizi sulla tettonica delle placche e, dunque, di studiare che cosa accade all'interno della terra e magari, un giorno, prevenire con ancora maggiore precisione i terremoti. Per la stessa ragione può inoltre contribuire a comprendere meglio la scala dei tempi geologici.

Ecco perché l’ichnusaite, così come la nuragheite (sull’origine dei due nomi è superfluo soffermarsi), attira scienziati di tutto il mondo che – abbondantemente finanziati da governi e multinazionali – hanno avviato importanti progetti di studio di questi due minerali dei quali c’è ancora molto da scoprire.

Se si conoscono nome e formula chimica, molibdato attinide Th(MoO4)2·3H2, per ora non sono note densità e proprietà ottiche, difficili da misurare a causa della poca quantità di materiale rinvenuto (la quantità totale non riempie un ditale). ​Quel che è certo è che è incolore, trasparente, sottile, fragilissimo, lungo fino a 200 micron ed ha una lucentezza perlacea-adamantina.

La rivista American Mineralogist, la bibbia del settore, mette l’ichnusaite al primo posto nell’elenco dei 2.550 minerali più rari al mondo. Peccato che, almeno per ora, non possa essere commercializzato non solo per via della minima quantità ritrovata ma anche a causa della sua fragilità. Come altri minerali rari, infatti, si possono dissolvere a contatto con la luce o con l’acqua.

Il sito minerario di Su Seinargiu è attualmente un’area privata che dall’inizio del secolo è stata sfruttata, attraverso concessioni, da numerose società perché ricca soprattutto di ferro, molibdeno, piombo, rame, zinco e argento. Tanto che nelle varie fasi di ricerca è stata realizzata una galleria di circa trecento metri.

La mineralizzazione di su Seinargiu – come riporta il sito Miniere di Sardegna – “fu intercettata dai lavori a quota 260 metri sul livello del mare, a mezza costa del rilievo ed era essenzialmente costituita da piccoli filoni subverticali formati da quarzo e molibdenite, a cui si aggiungeva molibdenite disseminata nel granito; come minerali accessori, rari, si riscontrarono calcopirite, pirite, scheelite e wolframite”.

La ichnusaite apre un nuovo capitolo per questo sito che continua a riservare sorprese.

(Per ulteriori approfondimenti https://pubs.geoscienceworld.org/msa/ammin/article-abstract/99/10/2089/46072/Ichnusaite-Th-MoO4-2-3H2O-the-first-natural?redirectedFrom=fulltext)

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