Spazi nascosti, incantevoli, inesplorati e misteriosi. Cagliari è sempre stata una roccaforte militare di primaria importanza nella "portaerei" al centro del Mediterraneo che è la Sardegna. Ogni angolo del capoluogo è presidiato da edifici con le stellette. Soprattutto nel versante che si affaccia sul mare e sul colle di Buoncammino. A Sant'Elia e Calamosca sono state realizzate strutture che attualmente, visto il ridimensionamento delle Forze armate e l'abolizione del servizio di leva obbligatorio, sono in parte inutilizzate. Allora, perché non metterle a disposizione di cagliaritani e turisti? Perché non aprire le caserme e renderle più "verdi". E' questo l'ambizioso progetto di un accordo tra i vertici militari dell'Isola e un pool di studiosi capeggiato da Donatella Fiorino del Dipartimento di Ingegneria Civile, Ambientale e Architettura dell'Università di Cagliari. Il percorso non sarà semplice, ma la buona volontà da entrambi le parti non manca.

Professoressa Fiorino, l'immenso patrimonio militare potrebbe essere messo a disposizione dei cittadini? "La riforma delle Forze Armate e le politiche di razionalizzazione della spesa pubblica hanno già da tempo portato alla dismissione di numerosi e prestigiosi siti militari, resi così disponibili ad altre articolazioni dello Stato o ad enti locali e territoriali. Tali processi hanno consegnato alla collettività e alla società civile architetture e territori che, per loro natura, sono caratterizzati da una straordinaria collocazione geografica e paesaggistica e, soprattutto per i presidi urbani, assumono dimensioni tali da poter essere considerati nuovi potenziali contenitori di funzioni in grado di polarizzare le politiche sociali e le strategie locali. Tuttavia, ammainate le bandiere e spenti i fanali dei cammini di ronda, la dismissione ha rappresentato spesso solo l'inizio dell'abbandono e del degrado, in assenza di percorsi virtuosi di riconversione, finalizzati a supportare lo sviluppo del territorio e delle economie locali, ma anche a restaurare e salvaguardare l'architettura storica e la sua memoria".

Perché è importante valorizzare la storia militare della Sardegna?

"Il destino della nostra Isola è sempre stato legato alla sua posizione strategica nel Mediterraneo. La stessa città di Cagliari è caratterizzata da un eccezionale 'paesaggio militare' che conserva autentiche testimonianze delle modalità con cui si sono evolute le tecniche di difesa: le torri pisane, i bastioni 'alla moderna', l'opera a corno nel Buoncammino, le caserme postunitarie del nuovo Stato Italiano, il futurista idroscalo e aeroporto militare del primo Novecento, le batterie e i bunker della Seconda Guerra Mondiale, fino ai più recenti i Poligoni e basi NATO. La consistente presenza militare sul territorio è il risultato di una storia importante che non deve essere negata, ma al contrario studiata epurandola dai filtri ideologici, riletta con gli strumenti culturali moderni e valorizzata, come sta avvenendo in altre realtà italiane ed europee".

E' possibile superare le difficoltà di convivenza?

"Il patrimonio militare, soprattutto quello legato agli eventi bellici, è spesso definito come 'patrimonio difficile', sia per i fatti che esso inevitabilmente evoca, sia per la resistenza che molte architetture oppongono ad ospitare nuove funzioni. Ma soprattutto, i siti militari hanno sempre rappresentato 'isole inaccessibili'. Il progetto di architettura può a mio avviso contribuire a migliorare la convivenza tra il mondo civile e quello militare, attraverso la creazione di spazi di condivisione e di reciproca contaminazione. E' quanto avviene attraverso il cosiddetto "dual use", ovvero la possibilità di un uso condiviso di spazi e servizi militari, aperti anche alla comunità civile. In particolare, si prestano al "dual use" i siti monumentali, da rendere accessibili e godibili come patrimonio culturale nazionale, ma anche gli spazi verdi urbani e le aree sportive. E' quanto previsto, per esempio, dal progetto nazionale Caserme Verdi, promosso dallo Stato Maggiore Esercito che include anche le Caserme Mereu - Riva di Villasanta e Monfenera di Cagliari. Oltre all'ammodernamento del parco infrastrutturale, il programma prevede la possibilità di aprire gli spazi verdi e le strutture socio-ricreative anche alla cittadinanza locale, con prevedibili positive ricadute anche in termini di inclusione sociale".

Le caserme a Calamosca (foto Università di Cagliari)
Le caserme a Calamosca (foto Università di Cagliari)
Le caserme a Calamosca (foto Università di Cagliari)

Quale è il contributo dell'Università per la valorizzazione dei colli di Sant'Elia e San Bartolomeo?

"La Scuola di Restauro dell'Università di Cagliari ha avviato dal 2012 uno specifico progetto di ricerca finalizzato allo studio dei paesaggi militari della Sardegna, tra cui quello del promontorio di Sant'Elia e del colle di San Bartolomeo, al fine di riconoscerne i valori culturali e porre le basi per futuri scenari di riuso, rispettosi dell'identità storica dei manufatti, ma anche aperti alle mutate necessità contemporanee. Quest'area, ancora prevalentemente militare, conserva testimonianze materiali di presidi di difesa dal XIII al XX secolo, la maggior parte dei quali inclusi negli allegati di cui all'accordo di Programma del 2008 e, pertanto, potenzialmente soggetti a dismissione. Questo rende tutto il sistema particolarmente vulnerabile in relazione ai possibili esiti della rifunzionalizzazione. Il 'progetto esplorativo' concepito nell'ambito delle attività di ricerca e didattica ipotizza la creazione di un vero e proprio Parco Archeologico Militare, dotato di una rete di servizi interni ed esterni al parco stesso, che include e gestisce tutte le emergenze architettoniche militari, opportunamente restaurate. Attentamente e delicatamente restaurato attraverso ricuciture e innesti contemporanei, la suggestiva rovina di Sant'Ignazio può rappresentare il fulcro culturale dell'intero parco, come spazio polifunzionale, estivo, sede di concerti ed eventi open air, reso accessibile a tutti con sistemi meccanizzati dalla ex batteria DICAT e dalla Torre dei Segnali, attraverso una vasta rete di percorsi naturalistici percorribili a piedi o in bicicletta. Gli ampi volumi esistenti rappresentati dai ruderi delle strutture militari potranno ospitare foresterie e punti informativi e di ristoro. La Torre dei Segnali, il Faro e parte della Caserma Ederle possono trovare nella modalità del dual use una inedita prospettiva di valorizzazione nell'ottica di una complessiva 'messa in rete' e la salvaguardia del patrimonio architettonico militare e la costruzione di un nuovo polo culturale che implementi i presidi già esistenti e contribuisca alla valorizzazione del quartiere di Sant'Elia e della città".

Come vede la partecipazione dei privati al progetto del Parco Archeologico Militare?

"La valorizzazione del patrimonio cultuale può rappresentare un volano per l'economia dei territori, in grado di incentivare progetti di imprenditoria innovativa e sostenibile. Anche se nell'area di San Bartolomeo e Sant'Elia sono già presenti alcune attività imprenditoriali, molte sono le strutture abbandonate, che potrebbero essere rifunzionalizzate in chiave turistica e ricreativa, tra cui il complesso residenziale degli ex alloggi, un tempo parte della Caserma Ederle, non più militare da parecchi anni e ancora in disuso, con l'adiacente area sportiva, utilizzata in passato da società private, ma anche lo stesso Forte di S. Ignazio e i ruderi della batteria C135. L'inserimento di nuove attività imprenditoriali turistiche e ricreative nelle tante aree già disponibili non esclude il mantenimento e il consolidamento delle funzioni militari, nell'ottica di rivitalizzare in maniera non stagionale questa preziosa area urbana, attraverso un progetto in grado di valorizzarne i monumenti e riconnetterla culturalmente e fisicamente alla città".
© Riproduzione riservata