L’operazione l’ha tentata anche il Cagliari ma non è andata a buon fine. Probabilmente “Non potho reposare”, con la voce del compianto Andrea Parodi, non è la canzone più adatta per uno stadio, soprattutto quando la squadra va male e rischia di retrocedere. Ma scegliere un brano musicale celebre e farne un simbolo è qualcosa di molto comune nel mondo dello sport che è ricco di tentativi riuscitissimi. Molto simile a ciò che sperava di fare Tommaso Giulini, anche se alla Sardegna Arena il brano (coetaneo del Cagliari, dato che Giuseppe Rachel lo musicò, utilizzando le parole di Salvatore Sini, nel 1920) veniva suonato nel prepartita, è ciò che è riuscito al Napoli. Al San Paolo ora dedicato a Diego Armando Maradona, dopo la partita suonano le note di “O’ surdato nnammurato”, altra canzone ultracentenaria e popolarissima. Identitaria, per usare un aggettivo ricorrente. Soprattutto quando gli azzurri vincono, il coro dei tifosi che cantano il celebre ritornello (“ohi vita, ohi vita mia…”) è da pelle d’oca.

Le squadre italiane

La musica negli stadi ha acquisito un ruolo sempre più importante. Se parliamo di sport professionistici, l’Italia del calcio è ancora lontana dalla dimensione dello show raggiunta da altri sport (volley e basket anche nel nostro Paese) nelle nazioni più evolute, Stati Uniti su tutte. La musica, confinata al prepartita, all’intervallo e al post partita, comincia a guadagnare spazio, magari sotto forma di jingle da utilizzare per il gol. Prima del fischio d’inizio, a parte l’inno ufficiale della competizione, non manca quello della squadra di casa. Ma non tutti ne hanno uno all’altezza e molti si sono affidati a canzoni già esistenti. Chi non ha la fortuna di avere un cantautore prolifico e appassionato come l’Antonello Venditti romanista (“Roma Roma Roma” e “Grazie Roma”, ma in tutto gli inni giallorossi sono ben cinque), ha promosso altre canzoni. I “cugini” biancocelesti, che pure hanno il loro inno, utilizzano nel dopo partita “I giardini di marzo”, celeberrimo brano del laziale Lucio Battisti. “Il cielo è sempre più blu” di Rino Gaetano è invece suonato in due stadi. Al “Ferraris” di Genova, quando gioca la Sampdoria, e allo “Scida” di Crotone, dato che l’autore era nato proprio nella città calabrese. Sempre con grande passione e grande partecipazione popolare.

I tifosi del Liverpool ad Anfield (Ansa)
I tifosi del Liverpool ad Anfield (Ansa)
I tifosi del Liverpool ad Anfield (Ansa)

In Inghilterra

Un’altra città che può vantare musicisti conosciutissimi e tifosissimi è Manchester. Il City ha adottato uno dei brani più celebri degli Oasis, dato che i fratelli Liam e Noel Gallagher non hanno mai nascosto il loro tifo viscerale per i Citizens: “Don’t look back in anger” è una colonna sonora costante all’Etihad Stadium, ma anche “Hey Jude”, il brano che i Beatles divulgarono nel 1968. I Beatles, come è noto, sono però di Liverpool, dove invece domina un brano che in Italia non è altrettanto famoso. Scritto nel 1963 da Gerry and the Pacemakers, “You’ll never walk alone”, è nel tempo diventato leggendario proprio grazie al fatto di essere cantato negli stadi. Il coro dei tifosi compare perfino in un disco dei Pink Floyd (“Meddle”, del 1971, nel brano “Fearless”) e, come la nota rivista di enigmistica, vanta numerosissimi tentativi di imitazione. Uno che regge il paragone con il coro della “Kop” (la curva più calda di Anfield) è senz’altro quello del Celtic Park di Glasgow, dove i tifosi lo cantano a squarciagola esponendo le sciarpe a righe biancoverdi in ogni settore dello stadio, nessuno escluso, con un effetto da brivido.

Anthony Rizzo festaggia una recente vittoria dei New York Yankees Yankees nei playoff della Mlb (Ansa)
Anthony Rizzo festaggia una recente vittoria dei New York Yankees Yankees nei playoff della Mlb (Ansa)
Anthony Rizzo festaggia una recente vittoria dei New York Yankees Yankees nei playoff della Mlb (Ansa)

Negli Stati Uniti

Sin qui il calcio ma, come è immaginabile, gli esempi citati si moltiplicano per ogni squadra e ogni stadio di ogni paese in cui si giochi non soltanto a calcio. Negli Stati Uniti, una delle squadra più celebri in assoluto e in modo trasversale, i New York Yankees, primatisti di successi nel baseball, hanno dapprima adottato “God bless America” di Kate Smith, poi l’ancor più celebre (almeno in Italia) e appropriata “New York, New York”, nella versione cantata da Frank Sinatra, che viene suonata allo Yankee Stadium, nel Bronx, dopo le vittorie. Un altro brano che nel 1969 l’autore non avrebbe mai potuto immaginare diventasse così famoso e utilizzato dai tifosi di tutto il mondo (soprattutto anglosassone), è “Sweet Caroline”. La canzone di Neil Diamond è suonata (e cantata) quasi come un inno a Fenway Park di Boston quando giocano i Red Sox ma in molti altri stadi, e con interpretazioni differenti dai tifosi di altre squadre come i Panthers la squadra di football americano dell’Università di Pittsburgh.

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