«Le auto d’epoca? Non inquinano e sono un patrimonio culturale »
Intervista al presidente del circolo sardo di Cagliari Augusto FrauPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
«Auto e moto d’epoca vogliono dire cultura e salvaguardia di un patrimonio dell’ingegno che deve renderci orgogliosi dell’Italia davanti a tutto il mondo». Il professionista cagliaritano Augusto Frau è il presidente del Circolo Sardo Automoto d’epoca di Cagliari che ha una dicitura speciale.
«Sì: S’arrolu de sa Carrozza senz’è Quaddusu. Così chiamarono l’automobile i primi cagliaritani che le videro camminare nelle strade della città insieme alle carrozze trainate dai cavalli, appunto».
Una passione radicata in Sardegna.
«Ci sono circa 300 circoli italiani affiliati all’Asi (Automotoclub Storico Italiano), il diciottesimo assoluto in ordine di tempo in tutta Italia è nato a Cagliari ed è il nostro. C’è una importante tradizione e un buon patrimonio di veicoli storici».
Come è nata la sua passione?
«Le auto mi hanno sempre affascinato. Ho 54 anni, da ragazzo non acquistavo fumetti ma riviste di automobilismo, Gente Motori, Quattroruote. Poi ho conosciuto le auto storiche ed è stato amore a prima vista».
In che modo?
«Un amico mi ha invitato al tradizionale raduno annuale che il Club organizza al Tanka di Villasimius. Era il 2006. Con mia moglie abbiamo conosciuto tante persone davvero gradevoli, è nata una frequentazione che mi ha aperto verso un mondo affascinante».
E ha cominciato la sua collezione.
«Guardi, vorrei sfatare un tabù: essere appassionati di auto d’epoca non significa per quasi tutti gli iscritti al nostro club inseguire auto di altissimo valore come Ferrari o Porsche. Molto spesso ci si innamora di una vettura per questioni strettamente personali: la prima auto di famiglia, quella di un vicino che ci ha fatto provare da ragazzi».
E lei?
«Io possiedo un’Alfa Romeo Gtv Spider, una Fiat 131 che è l’ultima berlina della casa automobilistica torinese a trazione posteriore; poi una 126 come quella che aveva mia madre, e una Fiat Coupé che comincia ad essere non facilissima da trovare».
Dal 2019 è il presidente del circolo.
«Sì. Siamo circa 500 soci, un bel gruppo. In tanti sono possessori di auto di famiglia, ci si scambia informazioni su pezzi e ricambi, ci si aiuta a vicenda a portare a compimento un cosiddetto “progetto”, così chiamiamo la ricerca di un’auto che ci interessa, che poi è il bello di ogni affare».
Auto antiche cioè vecchie e inquinanti.
«Non è vero».
A Roma stanno vietando l’utilizzo di vecchie Fiat 500 e Citroen 2Cv, di tutte le auto con più di 40 anni.
«In altre parti d’Italia come Torino, Milano e Firenze, solo per citarne alcune, si è proceduto diversamente e in modo più corretto, mi consenta».
Via libera?
«Non per tutti. Occorre che le auto abbiano un Certificato di Rilevanza Storica che riconosce l’autenticità e la corretta conservazione del veicolo».
Uno strategia per continuare a usare vecchi catorci?
«Niente di più sbagliato. Si deve partire da un altro presupposto. Le macchine d’epoca non possono circolare tutti i giorni per un motivo semplice: si guastano per l’usura del tempo oppure, quelle più recenti, perché concepite con il concetto dell’obsolescenza programmata, quindi tante parti con l’utilizzo giornaliero si rompono, smettono di funzionare. E i ricambi sono difficili da trovare e cari. Per questo la maggior parte dei comuni d’Italia consente la circolazione nelle aree del centro storico ai soli veicoli dotati di Certificato di Rilevanza Storica, che attesta l’originalità e la perfetta conservazione di auto che per essere tutelate non possono circolare quotidianamente. Per tornare all’esempio iniziale, un’auto con più di 20 anni usata quotidianamente nelle strade di città si usura nel giro di poco tempo; per tale motivo le auto storiche certificate vengono usate dai proprietari con particolare parsimonia. Ho potuto constatare che, mediamente, le auto certificate percorrono circa 400 Km all’anno, con un impatto sull’ambiente del tutto irrisorio. Quindi l’inquinamento è un falso problema: se stiamo attenti al traffico cittadino, sempre meno auto antiche sono circolanti».
Lei è contrario alle auto elettriche?
«Assolutamente no, ma la guerra alle auto e alle moto d’epoca non ha senso in questi termini».
Una passione per ricchi?
«No. Ripeto, è un fatto culturale. Il fascino di guidare un mezzo di interesse storico non ha nulla a che fare con il conto in banca: piuttosto è una scelta di vita, rispondente al desiderio di conservare un pezzo importante del nostro passato ed impedire la dispersione del patrimonio storico automobilistico universalmente tutelato. E per questo il mercato è sempre vivace».
Consigli per gli acquisti?
«Il futuro collezionistico di un veicolo storico è del tutto imprevedibile: ultimamente stanno riscuotendo un certo successo anche le Fiat 127 e le Fiat 128, autentici fenomeni di vendita negli anni Settanta che hanno motorizzato il Paese così come dieci-vent’anni anni prima avevano fatto le Topolino, le 500 e le 600. Ma l’importante è cercare un’auto che emozioni per un qualsiasi motivo».
Una Daf Variomatic che aveva la madre di un amico?
«Perfetto, auto olandese con il cambio automatico, disegnata da uno dei più eclettici designer italiani, al quale si devono diversi modelli di BMW, Alpine, Lancia, Maserati, Triumph».
La Mehari spesso usata nei telefilm?
«Ok».
La Citroen Ds?
«Un capolavoro. Anch’essa con un’anima italiana, impressa dal progettista che ha creato alcuni modelli tra i più belli».
Paolo Carta