In un mondo che cambia, evolve, si modifica, anche quello che nella nostra società sembrava intoccabile può invece riservare sorprese. La pandemia e il triennio 2020-2023 hanno modificato sensibilmente alcuni ambienti di lavoro e anche la psicologia di molti professionisti che hanno deciso di dare una svolta alla loro attività. Non solo. L’aumento delle transazioni digitali e degli strumenti tecnologici hanno modificato sensibilmente i rapporti tra azienda e clienti, ancora di più per esempio nel mondo bancario. Le lunghe file allo sportello per fare un bonifico o conoscere il saldo del nostro conto sono ormai soltanto un lontano ricordo. Ecco perché oggi fa notizia l’accordo raggiunto tra i sindacati e il gruppo bancario Intesa Sanpaolo su settimana corta e smart working. Vengono modificati i rapporti tra i dipendenti e l’azienda, il modo e i tempi di lavoro ma anche le dinamiche sindacali si modificano sensibilmente, non fosse altro per il fatto che l’istituto di credito ha raggiunto l’accordo direttamente, abbandonando la rappresentanza nelle contrattazioni di settore tradizionalmente portata avanti dall’Abi, l’Associazione bancaria italiana.

In altri termini, è come se una grande azienda lasciasse Confindustria nella trattativa per il contratto di settore e facesse da sola con Cgil, Cisl e Uil.

La novità

Se dunque la trattativa diretta tra azienda e sindacati diventerà una moda lo sapremo solo in futuro. Quello che è certo è il solco aperto da Intesa Sanpaolo, accogliendo il principio della settimana corta e dello smart working a richiesta. Forse tutto questo è frutto di quanto accaduto negli anni della pandemia, una sperimentazione obbligata che ha aperto gli occhi su alcune dinamiche, per esempio il raggiungimento degli obiettivi piuttosto che il rigido rispetto dell’orario di lavoro. E così Intesa Sanpaolo e il suo amministratore delegato Carlo Messina hanno pensato bene di abbandonare la casa madre Abi nella trattativa contrattuale per agire in autonomia, confrontandosi direttamente con i sindacati anche sulla base della soddisfazione mostrata dai lavoratori nei confronti delle proposte sperimentate dall’istituto di credito negli ultimi anni.

Cosa cambia

Ecco allora che la settimana lavorativa, per la prima volta in Italia (mentre in altri Paesi questa formula è già stata sperimentata), diventa di quattro giorni a parità di retribuzione. Dopo lo stallo nelle trattative che si è manifestato a dicembre scorso, le sigle sindacali Fabi, First Cil, Uilca, Fisac e Unisin hanno ripreso a discutere fino a siglare un accordo del quale si dicono molto soddisfatte. A iniziare dalla novità appunto della settimana di 4 giorni, in cui si lavora per 9 ore ciascuno. In sostanza, si è scesi da 37,5 a 36 ore settimanali, su base volontaria, a parità di retribuzione. Il tetto allo smart working è stato fissato a 120 giorni annui, che sale fino a 140 per alcune lavorazioni. Quasi la metà dunque dei giorni dell’anno lavorativo si potrà operare da casa. Questo prevede la contrattazione collettiva e riguarda le 40 filiali di grandi dimensioni della banca, dove potrà essere appunto applicata la settimana corta. Le stesse opzioni potranno poi essere estese alla rete delle filiali, anche a quelle di piccole dimensioni (tra 250 e 280), che fanno parte sia della Banca dei Territori e della Divisione Private, a partire dal prossimo mesi di novembre. La filiale verrà chiusa un giorno alla settimana, tra martedì, mercoledì e giovedì, e il dipendente potrà essere libero in una di queste giornate.

Peraltro, già 40 mila persone hanno aderito alla riorganizzazione promossa a partire da gennaio scorso e poi messa nero su bianco nell’accordo tra istituto di credito e sindacati. Al momento, sono già 17.000 i dipendenti che usufruiscono della settimana corta, pari al 60% di coloro che lavorano full time nelle strutture di governance e in 12 grandi filiali, spiegano da Intesa Sanpaolo. Nonostante, la riduzione del tempo che si passerà in ufficio, è stata anche aumentata a 4,50 euro giornalieri l’indennità di buono pasto per le giornate di lavoro agile in cui si opera da casa. Inoltre, si potrà arrivare in ufficio tra le 7 e le 10, spostando in là il rientro a casa a seconda delle esigenze. E questa flessibilità di orario vale anche per lo smart working. Insomma, le tutele restano, ma cambiano le modalità di lavoro, andando incontro anche alle esigenze dei lavoratori e puntando decisamente sugli obiettivi da raggiungere.

I sindacati

I rappresentanti dei lavoratori appaiono soddisfatti dell’accordo raggiunto, perché “definisce norme collettive a tutela di tutte le lavoratrici e dei lavoratori del gruppo Intesa”, ha commentato Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi. In particolare, spiega Sileoni, si è tenuto conto della necessità di tutelare “le condizioni professionali e personali delle lavoratrici e dei lavoratori del gruppo interessati alla settimana corta e allo smart working”. Certamente si è agito con lungimiranza, ma ora c’è da chiedersi cosa faranno gli altri gruppi del settore, posto che da anni ormai si assiste alla chiusura delle filiali e alla trasformazione del mondo del credito con un rapporto con la clientela basato più su aspetti fiduciari e di consulenza. Con le operazioni di sportello ridotte ai minimi termini, l’operatività è stata ripensata e quindi anche i tempi di attività vanno rivisti. E l’accordo raggiunto può rappresentare un modo per “gestire i grandi cambiamenti della banca in un contesto in continua evoluzione”, dicono dalla Fabi.

Ecco perché ora appare fondamentale comprendere cosa accadrà sul contratto nazionale. Si andrà avanti con intese singole? È questo il dilemma. L’accordo, afferma Domenico Iodice, segretario nazionale della First Cisl, è innovativo “perché guarda al futuro, e individua nelle tutele del contratto nazionale e nel ruolo della contrattazione collettiva le garanzie di una transizione giusta, rispettosa del ciclo di vita delle persone”.

Ora, dunque, le assemblee sindacali in corso per definire una piattaforma da consegnare poi ad Abi, da parte dei sindacati, diranno se lo schema già adottato da Intesa Sanpaolo potrà fare da apripista, con il mantenimento dei posti di lavoro e soprattutto di alti livelli di soddisfazione tra i bancari. Un modo per cavalcare la transizione con coraggio e allo stesso tempo rispettare le prerogative, anche al di fuori del lavoro, dei dipendenti.

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