Da un certo punto di vista è un ritorno al passato. Il ciclismo vive una nuova fase eroica, un’era dominata dai titani. Sono tornati gli invincibili, quelli che un tempo si spartivano le corse e agli altri lasciavano le briciole. Quando correvano Coppi e Bartali, vincere una corsa imporrante sembrava quasi una concessione. Ma ai tempi di Eddy Merckx, se lo vedevi alla partenza sapevi che metà delle chance di vittoria (e anche più), se n’erano andate. E Moser e Saronni, che ultimamente hanno ripreso a beccarsi come quando lottavano sulle strade, lasciavano pochissimo agli altri.

In tempo più recenti, però, il ciclismo era diventato più democratico. Perfino Indurain e Armstrong, dominatori (salvo complicazioni) di ben 12 Tour de France tra il 1991 e il 2005, durante il resto dell’anno non si accanivano più di tanto. Con l’avvento delle nuove metodologie - non sempre lecite, purtroppo – un numero sempre maggiore di corridori si è mostrato di emergere almeno una volta ogni tanto e allungare l’elenco dei vittoriosi di stagione. Meno corse vinte da un singolo corridore, più corridori capaci di vincerne una o due all’anno. E tanto basta per allungare il contratto o trovarne uno per la stagione successiva. Tanto nelle grandi corse a tappe, quanto in quelle più brevi o nelle gare di un giorno, il ventaglio di vincitori o aspiranti tali si è allargato, per rendere lo spettacolo più incerto e, almeno in teoria, appassionante. Come unica accezione, si è di recente assistito al dominio di squadra. Il “fastidioso”, per le modalità utilizzate, quello del team Sky/Ineos, scientifico, spietato.

La stagione che è sbocciata sui prati del ciclocross, dove Mathieu Van der Poel, Wout van Aert e, in misura minore, Tom Pidcock hanno sollevato l’attenzione e gli ascolti, è invece diversa. Quando i giganti scendono in strada, non ce n’è per nessuno, a meno che non si scontrino tra loro. E quando parliamo di giganti ci riferiamo, oltre ai due sopra citati Van, al campione del mondo Remco Evenepoel e ai due sloveni Primoz Roglic e Tadej Pogacar. Dopo il Giro delle Fiandre, le statistiche di questi cinque titani sono sbalorditive.

Mathieu van der Poel trionfa al mondiale di ciclocross davanti al rivale Wout Van Aert (Ansa)
Mathieu van der Poel trionfa al mondiale di ciclocross davanti al rivale Wout Van Aert (Ansa)
Mathieu van der Poel trionfa al mondiale di ciclocross davanti al rivale Wout Van Aert (Ansa)

Gli arcivali

Reduci da una stagione ciclocrossistica stellare, Van der Poel (vincitore sul rivale del campionato del mondo) e Van Aert sono riusciti a passare alle gomme slick senza traumi. L’olandese nato in Belgio da mamma francese (figlia di Raymond Poulidor) si è un po’ fatto sorprendere al debutto nelle amate Strade Bianche, vinte da Pidcock, poi ha corso una Tirreno Adriatico senza mai farsi notare. A Sanremo, però, ha piazzato la stoccata vincente, andando a prendersi, 62 anni dopo e sempre il 18 marzo, quella vittoria che era stata che di nonno PouPou. Poi ha sfiorato il tris  al “Fiandre”. Anche il suo arcirivale, il belga Van Aert ha iniziato con calma alla Tirreno Adriatico, poi è salito sul gradino più basso del podio della Sanremo, quindi ha annusato l’aria di casa e ha cambiato passo: ha dominato la E3 Saxo Classic e “regalato” la Gand Wevelgem al compagno di fuga e di squadra nella Jumbo-Visma, Christophe Laporte. Un gesto che non tutti hanno condiviso, soprattutto dopo il fallimento (quarto posto, sic!) alla Ronde.

Stretta di mano tra l'iridato Remco Evenepoel e Primoz Roglic sul podio del Giro di Catalogna (Ansa)
Stretta di mano tra l'iridato Remco Evenepoel e Primoz Roglic sul podio del Giro di Catalogna (Ansa)
Stretta di mano tra l'iridato Remco Evenepoel e Primoz Roglic sul podio del Giro di Catalogna (Ansa)

L’iridato

Restando al Belgio, il campione del mondo Remco Evenepoel, uno che a 22 anni appena compiuti ha già 40 (qua-ran-ta) successi da professionista, ha rifinito la preparazione al Tour San Juan, in Argentina, poi ha portato la sua maglia iridata a brillare al sole del deserto arabo. Ha dominato il Uae Tour (vincendo la crono e piazzandosi secondo nelle due tappe in salita), poi si è trasferito alla Volta a Catalunya e lì ha dato vita, assieme a Primoz Roglic, a uno spettacolo di rara intensità. Nelle sette tappe: secondo, terzo, primo, 26° (unico sprint di gruppo), secondo, quinto, primo. Nelle classifiche: secondo nella generale (per 6”) e a punti, primo tra i giovani e gli scalatori.

Lo sloveno Tadej Pogacar domina così l'ultima tappa alla Parigi-Nizza (Ansa)
Lo sloveno Tadej Pogacar domina così l'ultima tappa alla Parigi-Nizza (Ansa)
Lo sloveno Tadej Pogacar domina così l'ultima tappa alla Parigi-Nizza (Ansa)

Gli sloveni

A tenere testa a Evenepoel in Catalogna è stato Primoz Roglic, che, dovendo cedere al compagno Jonas Vingegaard i gradi capitano al Tour, punterà sul Giro d’Italia, come Remco. Per lo sloveno, il ruolino in Catalogna, dove ha vinto classifica generale a tempo e a punti, è stato: primo, secondo, secondo, 15°, primo, nono, secondo. Era la sua uscita stagionale, dopo una Tirreno Adriatico in cui non ha mostrato una superiorità schiacciante: si è limitato a tre vittorie di tappa di fila e la classifica generale (oltre a quelle a punti e dei gpm). Al Giro il suo rivale sarà Evenepoel, ma in generale, nonostante la differenza d’età, non può che essere l’altro grande corridore sloveno, Tadey Pogacar (24 anni, 55 corse tra cui due Tour de France in bacheca). “Pogi” ha cominciato l’anno come segue: sedici giorni di corsa, dieci vittorie (tra le quali il Giro delle Fiandre, davanti a Van der Poel), più il quarto posto a Sanremo e il terzo alla E3 Saxo. Fenomeno. Per chiudere, i cinque giganti del ciclismo avevano vinto, al 2 aprile, complessivamente 23 corse. E siamo ancora all’inizio…

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