Mangiamo meglio, in Sardegna, e l’agricoltura migliora. Malgrado il Covid, che non è stato considerato nella ricerca di cui stiamo per parlarvi, la salute nell’Isola progredisce così come la parità di genere, l’innovazione, le infrastrutture, la produzione e il consumo responsabili. Siamo dunque il paradiso? Per certi versi sì, ma non tutto va come desidereremmo: infatti siamo anche diventati più poveri (e ti pareva!), la qualità dei servizi igienico-sanitari è calata, volgono al peggio lavoro, città, biodiversità, giustizia e istituzioni, e su questa torta indigesta la “ciliegina” è l’aumento delle disuguaglianze. Ci possiamo consolare con il fatto che, nella sola Città metropolitana di Cagliari, va bene la quota dei laureati così come lo fanno il divario occupazionale di genere (il numero di posti di lavoro assegnati a uomini e a donne) e l’offerta del trasporto pubblico locale, ma la stessa Area vasta del capoluogo si allontana dagli obiettivi sull’energia rinnovabile e sul consumo del suolo.

Ci sono gioie e dolori, nel report che l’Asvis (l’Agenzia italiana per lo sviluppo sostenibile) pubblicato di recente, che ha scattato una fotografia della situazione nell’Isola. Il “link” (così, come vuole la mania anglofona, nella nostra lingua si direbbe “Rapporto”) di fatto stila una classifica di regioni, province, città metropolitane e aree urbane sul tema “I territori e lo sviluppo sostenibile”. Per farlo, misura le prestazioni di ogni luogo sulla base dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 verificando l’andamento dei singoli territori verso, appunto, la sostenibilità economica, sociale e ambientale.

Dove siamo migliorati? Il rapporto Asvis ce lo dice nel dettaglio. Ad esempio, nel valore aggiunto per unità di lavoro in agricoltura, cresciuto del 38% dal 2010 al 2018. Andiamo meglio nel settore salute, un po’ su tutti gli indicatori, ma non per quanto riguarda i posti-letto residenziali: abbiamo perso il 22,6% dal 2010 al 2019. Si sono fatti passi avanti per quanto riguarda la parità di genere, sulla maggior parte degli indicatori di questa categoria: conforta soprattutto l’aumento delle donne laureate in materie scientifiche, che dal 2012 al 2018 sono cresciute del 2%. E se abbiamo ancora voglia di buone notizie, per quanto riguarda la categoria “Innovazione e infrastrutture” è migliorata sensibilmente la connessione internet a banda larga (del 29,6% dal 2010 al 2020) assieme alla quantità di imprese che si dedicano ad attività innovative, più che raddoppiate dal 2010 al 2018. La Sardegna cresce anche per quanto riguarda la produzione e il consumo “responsabili”, grazie alla maggiore raccolta differenziata e alla diminuita produzione di rifiuti.

Ma non è sempre Natale, verrebbe da dire, perché nei settori in cui l’Isola è peggiorata, alcuni sono particolarmente importanti. È il caso, ad esempio, della povertà relativa, ma prima vediamo che cos’è: un parametro statistico che esprime le difficoltà economiche nella fruizione di beni e servizi, riferita a persone o ad aree geografiche, in rapporto al livello economico medio di vita dell'ambiente o della nazione. Si ottiene sulla base del valore medio del reddito per abitante, quindi calcolando la quantità di denaro di cui ogni cittadino può disporre in media ogni anno, e poi si paragona alla soglia convenzionale adottata a livello internazionale, che considera povera una famiglia di due persone adulte con un consumo inferiore a quello medio pro-capite nazionale. Ebbene, fatti tutti questi calcoli, la Sardegna è più povera del 3,3%, se facciamo la differenza tra 2010 e 2020. Intanto sono aumentate le famiglie che lamentano irregolarità nell’erogazione dell’acqua della rete (+2,7% tra il 2010 e il 2020) malgrado il fatto che l’efficienza degli acquedotti sia migliorata del 3,6% tra il 2012 e il 2018.

Vietato fare festa per quanto riguarda il lavoro e la crescita economica: crollo di un terzo degli investimenti dal 2010 al 2018, aumento del part-time involontario (cioè, non richiesto dal lavoratore) del 3,1% nel decennio iniziato nel 2010, con la particolarità che nel 2019 la Sardegna ha avuto il dato peggiore tra tutte le regioni italiane. Altro tema “nero” riguarda le disuguaglianze di reddito disponibile, aumentate dello 0,7% dal 2010 al 2018: un dato negativo, peggiorato dal crollo del 7,1% (dal 2010 al 2020) dell’occupazione giovanile. “In compenso”, in Sardegna crescono gli abusi edilizi, quasi raddoppiati nei dieci anni dal 2010, e la quota di persone che vivono in alloggi sovraffollati (+6,1% dal 2010 al 2019). Peggiorano tutti gli indici della biodiversità terrestre, aumentano le frodi informatiche e diminuisce la partecipazione sociale, giù dell’8% dal 2010 al 2020.

Andamenti positivi per la Sardegna nei dati su sovraffollamento delle carceri (obiettivo raggiunto), probabilità di morte per malattie non trasmissibili (non c’entra dunque il Covid), uscita precoce dalla scuola e dalla formazione, quota dei laureati e gap occupazionale di genere. Però i sardi si allontanano dagli obiettivi per dodici indicatori, tra cui la quota di coltivazioni biologiche, di energia da fonti rinnovabili, di consumi energetici, disuguaglianze di reddito, giovani che non lavorano e nemmeno studiano, consumo del suolo.

Molto su cui piangere e non abbastanza da festeggiare, dunque, nelle rilevazioni dell’Asvis. Il che, già di per sé, non è esattamente “sostenibile”.

© Riproduzione riservata