Isre e cinema del reale, un viaggio lungo 40 anni
L’Istituto superiore regionale etnografico racconta in una pubblicazione le tappe dell’attività a iniziare dal film “Tempus de Baristas”In copertina campeggia il volto in bianco e nero di Pasqua Goddi che con gesti e parole racconta “La cena delle anime”, uno dei documentari di gran richiamo dell’Istituto superiore regionale etnografico. Altre immagini, a colori, riunite in una pubblicazione, raccontano un ricco percorso antropologico nella Sardegna delle tradizioni: “sa candelaria” di Orgosolo tra il pane della festa e i canti nelle case degli sposi, i riti di sant’Antonio a Orosei, Sedilo festante per sant’Isidoro, il ballo di “sa cointrozza” e la questua del Mercoledì delle ceneri di Aidomaggiore, la Settimana santa a Oliena, i fuochi rionali per san Giovanni a Paulilatino, i cavalieri dei Martiri e “su cohone ‘e frores” a Fonni, il ciclo della produzione della seta a Orgosolo, la festa del Redentore a Nuoro, la bottega di vasai di Siniscola. Tanti frame rinviano ai documentari realizzati da Fiorenzo Serra e Gabriele Palmieri prima, da Ignazio Figus con Virgilio Piras poi, tutti rievocati nel libro “La Sardegna nel cinema del reale”, curato dall’Isre per i 40 anni di produzione e promozione cinematografica dell’Istituto che nel tempo organizza a Nuoro la rassegna internazionale di cinema etnografico, poi divenuta Sieff (Sardinia international ethnographic film festival) fino all’attuale IsReal (festival di cinema del reale). Un viaggio intenso che ha una pietra miliare: il film “Tempus de Baristas” realizzato nel 1992 da David MacDougall, autorevole cineasta americano approdato dall’Australia nel Supramonte di Urzulei per raccontare la vita di tre pastori.
«La produzione di Tempus è stata un’iniziativa innovativa e coraggiosa. Il suo successo, sancito dai premi e riconoscimenti ricevuti in tanti prestigiosi festival internazionali, favorisce il rafforzamento delle iniziative dell’Istituto nel campo dell’antropologia visuale e più in generale della produzione cinematografica», ricorda Paolo Piquereddu, storico direttore dell’Isre e protagonista di quella svolta. Spiega: «Con il coinvolgimento di David MacDougall non solo prende decisamente consistenza l’idea di affidare una produzione dell’Istituto a un regista portatore di uno sguardo esterno ma anche quella di promuovere una concezione e una metodologia del cinema etnografico innovative e certamente inedite in Italia». Piquereddu sceglie di girare il film in Ogliastra e contatta pastori di Baunei e Urzulei. Poi accompagna MacDougall in un tour di dieci giorni tra Baunei, Urzulei, Dorgali, Fonni, Ovodda e Orgosolo. MacDougall accetta e si entusiasma, riesce a coinvolgere nella produzione la Bbc. A Urzulei realizza il suo primo film in Europa dopo i lavori in Africa, Australia e India. «David decide di fare un film di osservazione chiedendo alle persone di non modificare o preparare alcuna scena ma solo di consentire la sua presenza e quella dell’assistente-fonico nei vari momenti della vita quotidiana», annota Piquereddu nel suo saggio inserito nella pubblicazione dell’Isre. Le riprese durano cinque mesi, quattro il montaggio, eseguito a Londra.
Cento minuti in lingua sarda con sottotitoli in inglese e in italiano raccontano la vita di tre generazioni di pastori: Franchiscu Balisai, il figlio diciassettenne Pietro e Miminu Arba, capraio quarantenne a cui si deve il titolo del film. «Questo non è più il tempo dei pastori ma dei baristi nella spiaggia», aveva detto raccontando i mutamenti sociali in atto. «Per la prima volta in un lavoro cinematografico sui pastori sardi – ricorda Piquereddu – emerge la personalità e la visione della vita dei singoli individui, anziché la rappresentazione di una classe sociale. Non un mondo epico, dunque, ma situazioni personali che rivelano gli stati d’animo dei protagonisti, compresi i sentimenti di tenerezza nei confronti degli animali».
Il legame tra l’Isre e MacDougall va avanti da oltre trent’anni. Nel frattempo, l’Istituto promuove festival con formule diverse e cineasti di successo come Salvatore Mereu, Paolo Zucca, Marco Antonio Pani, Bonifacio Agus, Mario Piredda. In questo lungo viaggio ha un posto speciale “Giorni di Lollove”, film del 1996 di Ignazio Figus in collaborazione con Virgilio Piras. Due firme che raccontano la quotidianità del borgo satellite di Nuoro risucchiato dallo spopolamento e anche la storia dell’Istituto etnografico, ora presieduto da Stefano Lavra e diretto da Marcello Mele. I loro contributi sono inseriti nella pubblicazione assieme a quelli di Marco Mulas, Ignazio Figus, Paolo Piquereddu, Felice Tiragallo, Diego Pani, Antioco Floris.