L’ultimo episodio è emblematico: un allenatore di una squadra della categoria pulcini sostituisce un bambino perché avendo le scarpe nuove, leggermente grandi, faticava a tenerle indossate. I genitori non hanno gradito il cambio: sono entrati in campo e hanno discusso con il tecnico. Poi il papà del bambino ha colpito il mister con una testata, cercando di sferrargli anche dei calci. Solo l’intervento degli altri genitori ha evitato il peggio. È accaduto nella provincia di Ravenna. «I ragazzini erano molto scossi. C’è chi piangeva. Non è stato facile tranquillizzarli. Abbiamo provato a trasformare quanto successo in un insegnamento su come non ci si deve comportare», hanno raccontato i dirigenti della società dell’allenatore vittima dell’aggressione.

Si tratta, come detto, solo di uno degli ultimi episodi perché i genitori sempre più si rendono protagonisti di atteggiamenti e comportamenti violenti e diseducativi: e i figli, o gli altri bambini e ragazzi, si trovano davanti degli esempi da non seguire. Un aspetto che non riguarda solo i campi di calcio. Anche in altri sport, come il basket e il rugby, il problema dei genitori aggressivi sta diventando sempre più grande. Si va dalle proteste, con insulti, agli arbitri (spesso giovanissimi che davanti a questi atteggiamenti violenti decidono di non proseguire la carriera), a quelle verso gli avversari, alle contestazioni plateali agli allenatori per arrivare a vere e proprie risse con i genitori dei ragazzini che fanno parte della squadra avversaria.

Uno striscione emblematico
Uno striscione emblematico
Uno striscione emblematico

«La più grande emergenza nello sport giovanile italiano è la formazione dei genitori. Se vinci questa partita, il tuo scudetto è assicurato»: questo il messaggio di Alessandro Crisafulli, ideatore di Scuola genitori sportivi, realtà nata l’anno scorso: un progetto unico per contrastare una vera e propria emergenza, «la più pressante in assoluto, nel calcio giovanile italiano», come spiega il fondatore, e cioè «informare e formare mamme e papà di atleti minorenni affinché possano supportare e accompagnare al meglio, e in maniera corretta, il percorso dei propri figli nel mondo dello sport». Bisogna evitare «tutti quei comportamenti devianti ai quali purtroppo si assiste ogni maledetta domenica su campi e campetti di ogni angolo d’Italia. Azioni che spesso scadono nella violenza, fisica e verbale, e creano uno squilibrio nell’attività agonistica dei ragazzi, creando un corto circuito nella loro motivazione».

Qualche anno fa Paolo Pulici, ex giocatore del Torino (è ancora il miglior marcatore di tutti i tempi della squadra granata), diventato allenatore di bambini e giovani, aveva provocatoriamente commentato: «La squadra migliore d’allenare sarebbe quella composta da ragazzi orfani». Una forzatura che però nasconde una verità: i primi a dover essere educati non sono i bambini e i giovanissimi che fanno sport, ma i loro genitori. «I genitori dei giovani atleti dovrebbero essere informati, educati, responsabili, consci di quelli che sono i bisogni e le aspettative dei ragazzi», è la missione di Scuola genitori sportivi, «e soprattutto rispettosi, sempre, del proprio ruolo e del lavoro di tutte le figure coinvolte nella scuola calcio. Devono supportare i propri figli nel percorso sportivo nella maniera corretta, garantendo che sia quanto più possibile lungo, sereno e fruttuoso. Impossible? Forse, ma bisogna provarci».

Le situazioni di maleducazione, contestazione, violenza, volgarità non riguardano soltanto il mondo del calcio. Negli spalti e nelle tribune degli impianti di altri sport le scene spesso disgustose dei genitori si stanno moltiplicando: insulti per una scelta arbitrale, per una decisione dell’allenatore della propria squadra, addirittura incitamento al far male a un avversario, per arrivare alle discussioni con i genitori delle società “rivali”. Cosa si può fare? Cercare di far ragionare i genitori, facendo capire che lo sport è dei loro figli, un percorso di crescita graduale, fatto anche di momenti difficili (e sconfitte), di gioie e di dolori, di rispetto dei ruoli e delle regole, di cadute e riprese, di socializzazione. E i genitori devono accompagnare i figli. Non intromettersi.

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