Il 12 marzo 1921, un secolo fa, nacque a Torino Gianni Agnelli. Noto al mondo come l'Avvocato, fu presidente della Fiat e della Juventus e di tante altre passioni minori. Ricco, affascinante e potente, non meno che cinico e playboy su scala planetaria. In età adulta, blasé per definizione. «Un re senza corona», è il titolo che per pigrizia degli italiani l'ha accompagnato per tutta la vita. Gli agiografi hanno trattato alla stregua di diamanti le sue analisi politiche e sportive magnificando certi vezzi - il più noto è stato il temibile orologio sul polsino - che solo lui poteva permettersi. Restano centinaia di frasi pronunciate sullo scibile. Ecco una selezione ragionata.

LA FAMIGLIA Non chiamatemi senatore. Ogni volta che sento questa parola penso a mio nonno, che per me e la famiglia è tutto. Il senatore è lui. Il mio nome d'arte è avvocato Agnelli, ed è giusto così.

Non sono un grande pedagogo. Sono più incline a lasciare fare alle persone quello che vogliono. I miei nipoti li prendo, gli parlo, rido con loro e andiamo nei musei e al cinema insieme. So come si fa. Ma non sono un bravo educatore.

Mio padre aveva grandi qualità, era assai delicato. Ma io mi considero nipote di mio nonno; sono stato al suo fianco dai quattordici ai vent'anni, durante il mio periodo di formazione. Le responsabilità sono passate direttamente da lui a me.

Mia sorella Suni è stata la mia vera amica, forse anche perché è la più vicina a me per età. Ed anche mia sorella Clara. Gli altri erano più piccoli, ma poi sono diventato molto amico anche di Umberto. Ci comprendiamo al volo, ancora prima di parlarci. È raro, sa, tra fratelli. La passione per l'arte cresce con la maturità. Mio padre mi portava fin da bambino a visitare i musei perché riteneva che il bello educasse, che il gusto si affinasse dall'infanzia, e aveva ragione.

LE DONNE Sono sempre stato un marito devoto, ma se pretendessi di essere sempre stato un marito fedele direi una bugia.

Gli uomini si dividono in due categorie: gli uomini che parlano di donne e gli uomini che parlano con le donne. Io di donne preferisco non parlare.

Ognuno è playboy. Tutti ci provano, alcuni ci riescono, altri no.

Ho conosciuto mariti fedeli che erano pessimi mariti. E ho conosciuto mariti infedeli che erano ottimi mariti. Le due cose non vanno necessariamente assieme.

Marcello Lippi è il più bel prodotto di Viareggio, dopo Stefania Sandrelli.

Mi chiedete se mi sono mai innamorato? Ci si innamora a vent'anni: dopo si innamorano soltanto le cameriere.

Si può fare tutto, ma la famiglia non si può lasciare.

LA JUVENTUS Di stile Juventus parlano gli altri, non noi.

Avere Platini in squadra era come avere una credit card sempre a portata di mano.

La Juventus l'abbiamo sempre avuta. Questo non è un affare; è una passione; una passione soggettiva, che però è condivisa da molta gente.

I calciatori cattivi guadagnano certo troppo, quelli buoni non guadagnano mai abbastanza.

Se Baggio è Raffaello, Del Piero è Pinturicchio.

È abitudine della Juventus dire e credere che quando le cose vanno bene il merito è dei giocatori, quando vanno meno bene la responsabilità è della società.

Buscetta ha detto di essere ossessivamente un tifoso della Juventus? Se lo incontrate ditegli che è la sola cosa di cui non potrà pentirsi.

Platini l'abbiamo comprato per un tozzo di pane e lui ci ha messo sopra il foie gras.

La Juve è per me l'amore di una vita intera, motivo di gioia e orgoglio, ma anche di delusione e frustrazione, comunque emozioni forti, come può dare una vera e infinita storia d'amore.

LA FIAT Mio nonno certamente disse che bisogna togliersi tutto dalla testa prima di cominciare a lavorare seriamente. Lui mi richiamò in Fiat come vicepresidente accanto a lui. Avevo 23 anni e mezzo. Poi io andai di nuovo via, di nuovo a fare il soldato per un certo periodo, poi rientrai.

Quando nel '66, Valletta mi passò quella che lui chiamava la somma delle responsabilità mi ricordo che me lo disse con enorme serenità: «Oggi la Fiat è forte, è finanziariamente in ordine, copriamo più di due terzi del mercato italiano, c'è serenità e pace sociale, sono proprio lieto di consegnarle questa Fiat, in queste condizioni, dopo aver tanto lavorato vicino a suo nonno».

Tutto quello che ho, l'ho ereditato. Ha fatto tutto mio nonno. Devo tutto al diritto di proprietà e al diritto di successione, io vi ho aggiunto il dovere della responsabilità.

Se mi avessero detto quando ero ragazzo che sarei diventato socio della General Motors, non ci avrei mai creduto.

La Fiat ha un peso nell'economia e nella società italiana che non si può combinare con uno schieramento politico.

Agisco tramite professionisti esperti, ma loro non prendono decisioni senza consultarmi.

La mia vita privata non conta niente. Quello che conta è essere al servizio della Fiat al momento giusto, come adesso.

Mio nonno aveva il 70 per cento delle azioni Fiat in portafoglio e le gestiva dando dividendi bassi. Anche perché li avrebbe distribuiti in massima parte a se stesso. Preferiva accantonare a riserva e con le riserve costruì la grande Mirafiori. Ma nessuno lo sapeva perché lui parlava poco. Insomma non era come me che all'assemblea racconto tutto.

LE AUTO L'autista non guida mai. Guido sempre io, è un'abitudine. Una volta, quando si andava a cavallo, si diceva «c'è chi preferisce stare a cassetta e chi preferisce stare in carrozza». Io preferisco stare a cassetta.

Non tutti gli italiani tifano per la Nazionale, mentre tutti gli italiani e il cinquanta per cento dei non italiani tifano Ferrari.

LA POLITICA Io non ho nessuna passione per la politica e per i politici. Riconosco che è un'attività necessaria e anzi che, almeno in teoria, è la più nobile di tutte, quella che gestisce gli interessi della polis, della comunità. Ma non mi piace l'inevitabile parzialità dei partiti e l'altrettanto inevitabile egoismo di chi li guida.

Mi sono simpatici gli ecologisti. Ma hanno programmi costosi. Non si può essere più verdi delle proprie tasche. Come tutti i politici, anche Montezemolo è molto sensibile a quello che scrivono i giornali. Anzi: è più sensibile ai giornali che ai fatti. Sbaglia.

Finché il potere politico continuerà a nominare i manager non si potrà parlare di privatizzazioni.

Per noi la guerra è finita con una semi-sconfitta. L'Italia è il Paese dove la mano pubblica conta di più, dove il sottogoverno pesa più del governo.

PUNTI DI VISTA Un uomo che non piange, non potrà mai fare grandi cose.

Per essere italiani nel mondo, dobbiamo essere europei in Italia.

L'Italia digerisce tutto, la sua forza sta nella mollezza degli apparati, nella pieghevolezza degli uomini politici, nelle capacità di adattamento degli italiani.

Torino ricorda le antiche città di guarnigione, i doveri stanno prima dei diritti, il cattolicesimo conserva venature gianseniste, l'aria è fredda e la gente si sveglia presto e va a letto presto, l'antifascismo è una cosa seria, il lavoro anche e anche il profitto.

Non amo molto i consuntivi; soprattutto non mi piace il passato se non per quel tanto che fissa la nostra identità. Io amo il futuro e mi piacciono i giovani. La mia vita è stata tutta una scommessa sul futuro.

Mi piacciono le cose belle e ben fatte. Ritengo addirittura che estetica ed etica si equivalgano. Le cose belle sono etiche, mentre le cose non etiche non sono belle: dall'evasione fiscale ai sotterfugi.

L'INCIDENTE Ho sempre guidato volentieri e veloce. C'è un particolare momento, al mattino tra le quattro e le sei, in cui si tengono i fari dell'auto ancora accesi, mentre quelli che si sono appena svegliati non accendono le luci. Ad esempio i macellai con i loro camion, alla mattina, quando vanno al mercato. E io sono andato proprio a finire contro uno di questi.
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