Pochi giorni fa si è registrato il nuovo record mondiale: 91.648 spettatori ad assistere a una partita di calcio femminile. È accaduto in Spagna per l’incontro Barcellona-Wolfsburg (finito 5-1 e valido per la Champions League Women) ma appena un mese prima gli spettatori erano stati appena un centinaio in meno per il “Clasico” della Liga femminile spagnola Barcellona-Real Madrid. Non si può più dire che il calcio femminile sia un fenomeno in crescita, ma è giusto riconoscere che ormai è proprio esploso. Un boom che sta investendo tutti i Paesi e anche il nostro, dove le ragazze della Nazionale femminile negli anni scorsi hanno raggiunto i quarti di finale al Mondiale centrando traguardi che i colleghi uomini sognano da circa dieci anni.

Ecco perché la decisione del Consiglio federale della Figc di riconoscere il professionismo anche per le donne che giocano a calcio in Serie A appare non come una concessione ma un passo obbligato. La Federazione italiana gioco calcio è la prima ad “aver avviato e attuato questo percorso”, ha spiegato il presidente Gabriele Gravina. Non certo senza qualche ostacolo, visto che la Serie A maschile ha espresso qualche contrarietà, nonostante l’assemblea interna avesse dato parere favorevole. Un qui pro quo chiarito al termine dell’incontro del Consiglio federale che comunque lascia qualche ombra.

Il cambiamento

Il percorso per la parità dei sessi anche nell’arte pedatoria è lungo e tortuoso, ma un passo importante è stato fatto. Soprattutto perché cambieranno in meglio le tutele nei confronti delle calciatrici. Le giocatrici delle squadre di Serie A, a partire dal 1° luglio, saranno considerate professioniste a tutti gli effetti e avranno una serie di diritti sui quali fino ad ora non potevano fare affidamento. Uno su tutti. Il diritto di procreare. “In caso di maternità, ma anche di assistenza e previdenza le calciatrici avranno una tutela – ha dichiarato la ex giocatrice e allenatrice Carolina Morace - Io ho le ginocchia rovinate, avrei avuto diritto alla pensione dopo tanti anni di professionismo. E avrei avuto la pensione e sicuramente dei punti per l’invalidità". Invece niente di tutto questo. D’ora in avanti, invece, saranno versati i contributi, le calciatrici avranno diritto alla pensione, alle tutele assicurative e così via. Stop al dilettantismo e soprattutto porte aperte a compensi maggiormente adeguati. Certamente non si arriverà subito alle cifre che prendono gli uomini, ma la crescita ci sarà non fosse altro per l’aumento di interesse intorno al calcio femminile (a cui guardano ormai con un certo interesse anche gli sponsor). Fino ad ora una atleta, poiché considerata dilettante, non poteva guadagnare più di 30.658 euro. D’ora in avanti quel tetto potrà essere superato senza escamotage e il minimo contrattuale, così come per i colleghi uomini, sarà intorno ai 20 mila euro.

Le protagoniste

Da qualche anno, infatti, anche in Italia è stato, se non imposto, quanto meno suggerito ai club calcistici di promuovere le squadre femminili. La prima è stata la Juventus, che da qualche anno fa pure incetta di scudetti con la formazione femminile. La Federazione, negli ultimi tre anni ha elargito 18 milioni di euro al movimento femminile per stimolarne la crescita ed effettivamente i risultati si vedono. Da Cristiana Girelli a Barbara Bonansea, da Valentina Giacinti a Laura Giuliani e Sara Gama, quest’ultima capitana della Nazionale, i nomi diventano sempre più familiari e le loro imprese, soprattutto in azzurro, fanno sognare i tifosi. I loro volti diventano più familiari anche per la presenza sempre più frequente negli studi televisivi, dove spesso vengono chiamate a fare le opinioniste.

In altri campionati, e di recente anche in quello italiano, c’è una presenza femminile consistente tra gli arbitri. E nei settori giovanili, sempre più spesso, si vedono ragazze che fin dai primi calci vogliono sfidare i colleghi di sesso maschile. Insomma, si va verso un campionato femminile anche in Italia più avvincente e chissà che presto non venga fuori un album delle figurine totalmente dedicato alla Serie A Women.

Gli altri sport

La notizia del professionismo anche tra le donne è stata accolta con grande soddisfazione nel nostro Paese. Molte esponenti politiche hanno espresso un plauso alla scelta del Consiglio federale. E si spera che ora l’esempio del calcio venga seguito da altre federazioni. Pochi mesi fa il mondo dello sport si indignò quando Lara Lugli, pallavolista (in questo settore però va detto che non è riconosciuto il professionismo neanche tra gli uomini nonostante sia uno stato di fatto) che decise di comunicare alla società per cui giocava la sua maternità: venne cacciata su due piedi con la rescissione del contratto. Ora, con il riconoscimento del professionismo questo non potrà avvenire. E che bellezza dire che una calciatrice rimarrà fuori dai campi per nove mesi perché in gravidanza e non per la rottura del legamento crociato di un ginocchio. È certamente un’altra gioia.

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