Ricordate le zone rosse, i lockdown, il coprifuoco? Sembra che sia passato tanto tempo e che ci siamo lasciati tutto alle spalle, anche se in realtà la variante Delta del Covid-19 – terribilmente infettiva – non esclude un ritorno a quegli scenari malgrado le vaccinazioni, al netto di no vax che ora più che mai stanno rischiando moltissimo. Eppure quel lontano ricordo - in realtà vicinissimo ma seppellito nella nostra mente - di rientro a casa presto la sera, di ristoranti diventati chimere, qualche modifica alla nostra vita l’hanno lasciata. Anche a tavola, considerato che il menu è giocoforza diventato casalingo e che il 38% degli italiani ha cambiato soprattutto il proprio modo di pranzare, ma il pilastro dei pasti è rimasto lo stesso. Si chiama pastasciutta.

Durante i periodi di restrizioni alle libertà individuali (i famosi Dpcm di Conte e i decreti di Draghi), la pasta non ha affatto perso il proprio ruolo nella dieta degli italiani, e anche ora – nel Paese tinto di bianco finché dura – rimane la protagonista. Anche di più, considerato che abbiamo aumentato la “frequentazione” con il primo tipico dello Stivale durante le chiusure per Covid-19. È il piatto principe della pandemia: per quattro italiani su dieci è rimasto non solo l’alimento più cucinato, ma anche quello in assoluto più diffuso nei pasti serali in compagnia. D’altra parte, per otto italiani su dieci la pasta è un alimento che si mangia sempre assieme a qualcuno ed è in grado di suscitare relax e appagamento: vale per il 44% degli italiani.

A studiare il nostro comportamento alimentare nel regime di restrizioni, didattica a distanza e telelavoro imposto per prevenire i contagi – ma anche dopo la tendenza è rimasta, compresi questi giorni – è stata la Doxa, autrice di un sondaggio commissionato dall’Unione italiana food. Ebbene, ne viene fuori che durante i lockdown totali e parziali la cena è diventato un caposaldo intoccabile della giornata: le abbiamo dedicato più tempo e maggior valore, considerato che per tre italiani su cinque è diventato il pasto più condiviso della giornata, particolarmente con i familiari costretti a rientrare a casa entro le 22, partner, coinquilini e amici. L’effetto “sociale” delle restrizioni continua anche ora: si è riscoperto il piacere di ritrovarsi tutti insieme a sera, quando la giornata è comunque già stata vissuta, la mente più libera e il momento del riposo (la notte) imminente, quindi ci si rilassa.

Eppure, la pasta a cena ha sempre avuto detrattori, perché gli amidi cotti quando li ingeriamo diventano zuccheri – quindi, energia a uso immediato – che invece non utilizziamo e ci fanno ingrassare durante il sonno. L’abbiamo sempre saputo, ma a distruggere questa convinzione sono i nutrizionisti. Michelangelo Giampietro, interpellato dall’Unione italiana food, ci dice ad esempio che «mangiare la pasta a cena è una scelta giusta e promossa dalla scienza. La presenza di triprofano nei carboidrati, accompagnata dagli aminoacidi, aumenta la produzione di serotonina nel cervello e il conseguente stato di benessere psicologico, facilitando l’addormentamento e la qualità del sonno».

La classifica dell’alimentazione nell’era del Covid-19 vede dunque la pasta come regina (40%), seguita pur a distanza dalla pizza e dalle focacce (19%) e dalla carne (15%). Tutto questo si nota soprattutto a cena, che è il pasto più condiviso nella giornata (per sei italiani su dieci) anche ora che il coprifuoco non c’è più – e si spera che non ritorni - mentre il pranzo è il più condiviso per il 31%. Per 14 italiani su 100 la cena è sinonimo di “tutti insieme”, ma prima della pandemia non era così e questo è importante, perché nel nostro Paese la condivisione del pasto ha un ruolo chiave nella costruzione del tessuto sociale. Senza la convivialità, dunque, siamo italiani a metà, proprio come la metà di noi considera la cena come il pasto di condivisione con figli e partner. Peraltro, il 20% della popolazione durante le restrizioni ha anticipato l’orario della cena e molti l’hanno mantenuto anche ora che il coprifuoco non c’è più.

E non è un caso, se gli spaghetti identificano l’Italia nel mondo: quelli al pomodoro, dice il sondaggio Doxa/Unione italiana food, sono il piatto preferito a cena da oltre un italiano su tre. A pranzo, la pasta rimane comunque più “frequentata”: domina il pranzo nel centro Italia (79%) e nel sud/isole, dunque anche in Sardegna, con il 69%. A cena i numeri più alti sono invece nel Nordovest (29%).

Entrando nei particolari delle ricette che utilizzano la pasta, in vetta alla classifica nazionale sono i classici spaghetti al pomodoro seguiti dalla pasta alla carbonata, ma sul podio ci sono anche i rigatoni al ragù. Quarto posto per pasta al tonno, pomodori e olive, seguono le linguine alle vongole e, in sesta posizione, la pasta al pesto. Poi gli spaghetti aglio e olio, i tortellini in brodo, nono posto per i bucatini all’amatriciana e decimo per le farfalle con verdure di stagione. E se all’estero, in maniera dispregiativa, qualcuno ci chiama «mangiaspaghetti», lasciamolo dire: perché ha ragione. Proprio come abbiamo ragione noi a esserlo.

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