La geografia della Sardegna che scompare tocca tutte le Provincie dell’Isola. Trentuno paesi che - secondo uno studio vecchio di trent’anni fa e purtroppo mai smentito successivamente dai fatti, sono a forte rischio di scomparsa. Non solo per il forte calo demografico, ma anche per la posizione geografica e per l’andamento dell’economia.

Lo spiega meglio di qualunque parola un grafico che raduna dati significativi: numero di residenti, certo, ma anche reddito pro capite, aggiornati ai dati Istat del 2019. Il documento è stato discusso di recente in una riunione organizzata a Ula Tirso dove si sono radunati i sindaci dei paesi in via d’estinzione. Nessun piagnisteo, non fa parte del Dna della Sardegna dell’interno, semmai rabbia e voglia di non arrendersi. Rabbia di fronte all’immobilismo della Regione, si legge in un documento firmato da tutti i primi cittadini coinvolti, e richieste concrete da presentare.

Uno dei Comuni più attivi in questa piccola rivoluzione che vorrebbe partire dal basso è quello di Ballao. Il sindaco, Chicco Frongia, farmacista di professione, stavolta non lesina critiche a forti dose contro la classe politica regionale. «Il problema non è solo nostro ma di tutta la Sardegna. E abbiamo il dovere di proporre soluzioni con il coinvolgimento generale della società. Occorre una programmazione di contrasto mirata alla rinascita economica e sociale di zone sempre più vaste della Sardegna, alla salvaguarda della identità rurale così a rischio davanti ai fenomeni quali emigrazione esodo e colonizzazione culturale».

Semestene, Monteleone Rocca Doria, Padria, Giave, Montresta, Sorradile, Nughedu San Nicolò, Baradili, Soddì, Ula Tirso, Martis, Armungia, Borutta, Villa Verde, Anela, Esterzili, Aidomaggiore, Bortigiadas, Ruinas, Simala, Ardauli, Seulo, Villa Sant’Antonio, Asuni, Mara, Morgongiori, Ballao, Sini, Ussassai, Nughedu Santa Vittoria, Cheremule: questo l’elenco dei paesi inseriti nella famosa “lista rossa” che se fosse stilata adesso comprenderebbe di sicuro anche altri centro dell’Interno a rischio di scomparsa. Paesi dove il tempo di non si è fermato, è tornato indietro: sono state chiuse le banche, gli uffici postali, le caserme dei carabinieri, soprattutto le scuole, cioè gli avamposti di uno Stato sempre più lontano e assente che ha provato queste comunità di servizi di fatto togliendole linfa vitale e costringendo soprattutto i giovani a partire.

«Per questo - sostiene Chicco Frongia - i finanziamenti ottenuti dall’unione europeo i quanto zona povera del Continente dovrebbero essere destinati proprio  alla Sardegna più povera, quella che rischia di scomparire: Baradili ha 83 abitanti, Monteleone Roccadoria 106, Ula Tirso 592 ma con un reddito pro capita inferiore agli ottomila euro all’anno».

La discussione di Ula Tirso ha coinvolto anche altri paesi a rischio anche se non compaiono in questo tristemente famoso elenco e ha consentito di affrontare temi molto importanti e urgenti.  

«Il Pil della Sardegna .- prosegue Chicco Frongia -  risulta al 177° posto su 241 Regioni europee, con una media di 21.012 euro, pari al 70% del reddito medio europeo che è di 30.017,14 euro. Il 75% del PIL europeo è dunque di 22.512,85 euro, al di sotto del quale si entra nel novero delle Regioni che costituiscono l’Obiettivo1 del Quadro comunitario di Ssstegno. Complessivamente l’Italia si colloca nella media con il 97%; al Centro-Nord si raggiunge il Pil di 34.497contro il 18.986 delle regioni meridionali. Il Pil della Sardegna risulta il più elevato tra le Regioni meridionali, ma deriva dal valore delle produzioni petrolifere della Saras che incidono per l’83% del totale.  Il reddito pro capite nel 2019 era di 19.667 euro a Cagliari; di 16.191euro la media regionale; di 13.443 quello del Sud Sardegna, risultata la provincia più povera. Il Pil pro-capite, seppure approssimativamente proporzionale, è cifra diversa e superiore al reddito pro-capite. Anche l’indice di vulnerabilità sociale e materiale fornisce elementi utili per l’individuazione di potenziali criticità».

Analisi che fa il paio con l’osservazione diretta delle scelte politiche. «Per i piccoli comuni - dice Chicco Frongia - sono stati destinati 50 milioni di euro per il 2022. I criteri utilizzati sono quattro: popolazione inferiore ai 5.000 abitanti; riduzione della popolazione di oltre il 5% nel 2019 rispetto al 2011; reddito pro capite inferiore di oltre 3.000 euro rispetto alla media statale l’indicatore di vulnerabilità sociale superiore alla media italiana. Esulare da uno solo dei parametri significa esclusione dal finanziamento. I criteri si possono modificare, però attenzione: pur modificandoli qualcuno rimarrà escluso per un abitante o un 0,1%; a parità della posta di bilancio e ampliamento della platea, le risorse che già oggi somigliano a elemosina lo saranno ancora maggiormente domani».

La richiesta dei sindaci è indirizzata alla classe politica regionale: «La battaglia deve essere sui finanziamenti europei del Quadro comunitario di sostegno, del Pnrr e del bilancio regionale: sarà battaglia perché,  ricevuti con il criterio “del reddito pro capite”, la Sardegna decide di erogarli con quello “ad abitante”, penalizzando di fatto i Comuni in via di spopolamento: chi meno ha, meno avrà; viceversa rispetto alle città e ai centri costieri, dove risiedono la maggioranza dei Sardi e si registrano i redditi più elevati», chiude Frongia.

© Riproduzione riservata