Il tetto di cristallo si è rotto anche nella Regione Sardegna con l’elezione di Alessandra Todde, prima donna presidente. Quello più alto, un anno e mezzo fa, l’aveva infranto Giorgia Meloni, prima presidente del Consiglio. Due donne agli antipodi per scelte politiche e comunicative che hanno in comune il ruolo di apripista in istituzioni ancora declinate al maschile. Ma se ai piani alti qualcosa si muove, alla base l’equa rappresentanza di genere – da Roma a Cagliari, senza scordare i Comuni - resta ancora lontana. Tanto per restare alla Regione Sardegna, le ultime elezioni segnano un lievissimo passo indietro nella rappresentanza con dieci donne elette (compresa la presidente) contro le 11 che si contavano alla fine della passata legislatura (all’inizio qualcuna in meno). Sette appartengono alla coalizione vincente, tre all’opposizione ed è donna la più votata in assoluto, la pentastellata Desirè Manca.

Sardegna in chiaroscuro

La Sardegna, prima delle ultime elezioni, era al quindicesimo posto per rappresentanza femminile con il 18 per cento di donne in Consiglio regionale, percentuale che è lievemente scesa. Un dato sensibilmente inferiore alla media che è del 23,5 per cento. Irraggiungibile, in testa l’Emilia Romagna con il suo 40 per cento di donne nell’aula.

Il meccanismo della doppia preferenza di genere, inserito nella legge elettorale sarda, si sta rivelando non sufficiente ad assicurare una rappresentanza. «Le norme da sole non bastano – ha dichiarato all’Ansa l'avvocato e docente di Diritto costituzionale Andrea Deffenu - Anche per le più avanzate, perché risultino essere efficaci, occorre una consapevolezza culturale da parte delle forze politiche e dei cittadini». Al dato culturale si aggiunge il dato che il consenso elettorale è spesso legato a un peso politico e ad apparati di potere già consolidati, un circolo vizioso dal quale è difficile uscire.

Un dato positivo però riguarda la Giunta. La Regione sarda, nelle statistiche del 2023, era ai piani alti per gli assessorati con il 30 per cento dei posti ricoperti da donne, percentuale che la nuova presidente intende superare e metro rilevante dell’effettivo potere, soprattutto se ci saranno assessorati di peso. L’Isola è oggi in vetta per la presidenza: la Sardegna e l’Umbria (con Donatella Tesei) sono le uniche due regioni che hanno una donna al vertice dell’amministrazione.

Governo e Parlamento

Il Governo guidato da Giorgia Meloni il giorno del giuramento (Foto governo.it)
Il Governo guidato da Giorgia Meloni il giorno del giuramento (Foto governo.it)

Il Governo guidato da Giorgia Meloni il giorno del giuramento (Foto governo.it)

A livello nazionale le percentuali di rappresentanza sono decisamente più elevate. Al Governo le donne rappresentano il 30,2%, alla Camera il 32,3%, al Senato il 36,1% degli eletti.

Ma la misura del potere resta bassa. L’ha valutata la Fondazione Openpolis che ha costruito un indicatore chiamato indice di forza. Ai politici viene attribuito un punteggio in base agli incarichi ricoperti in parlamento e al governo attraverso un sistema originale di ponderazione di istituzioni, organi e ruoli. In base a questo indice il peso delle donne è pari al 27,94% mentre gli uomini si attestano sul 71,89%. Una sproporzione decisamente consistente e un dato – osserva Openpolis - che potrebbe essere ancora più basso se non fosse per la prima storica presenza di una presidente del consiglio donna, oltre che di 5 ministre.

Nella classifica generale del potere ci sono tre donne nelle prime 15 posizioni, la più influente di tutte è Giorgia Meloni, chiaramente al primo posto assoluto, seguita dalla ministra del lavoro Marina Elvira Calderone che occupa il tredicesimo posto totale e dalla ministra del turismo Daniela Santanché. In questa particolare classifica non c’è il nome di Elly Schlein perché l’indice di forza non misura gli incarichi di partito ma solo quelli istituzionali.

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