Il 1° marzo 2024 tocca agli studenti di quinta superiore, ad aprile sarà la volta degli allievi di terza media, mentre a maggio sosterranno l'esame gli alunni della primaria e quelli di seconda superiore. Questo il nuovo calendario delle prove Invalsi 2024, il test che rileva la preparazione degli alunni e il livello di competenze raggiunto in italiano, matematica e inglese (scritto e parlato).

La speranza è che i risultati siano migliori dei precedenti, visto che la Sardegna è tra le regioni costantemente in fondo alla classifica nazionale. I test Invalsi 2023 rilevano per esempio che quasi il 60% degli scolari di terza media hanno una preparazione scarsa in italiano e il 55-60% non raggiunge il livello base in matematica. I dati non migliorano di molto negli istituti superiori: la Sardegna è la regione dove il 52% degli studenti di quinta non raggiungono le competenze base in italiano; e ben il 70% in matematica.

Nell'Isola dove il tasso di dispersione scolastica (13,2%) è tra i più elevati in Italia, i risultati delle prove Invalsi diventano lo specchio di quell'altro fenomeno che si chiama dispersione occulta che misura i divari di apprendimento degli studenti sardi rispetto ai coetanei del Centro-Nord del Paese. E' un’alta percentuale di studenti che, pur stando a scuola, non hanno le competenze di base, non possiedono la cassetta degli attrezzi che serve per affrontare la vita. Sono poco meno di 30mila ragazzi. Uno su quattro dei giovani tra i 18 e i 24 anni hanno infatti lasciato il corso di studi nel primo biennio delle superiori, il che significa che in tasca hanno solo la licenza di scuola media. Se si tiene conto che in quella fascia d’età la Sardegna conta poco meno di 140mila giovani, il conto è presto fatto. E sono numeri che, secondo gli osservatori, a cominciare dai presidi e dagli insegnanti in trincea, sono ampiamente sottostimati dalle statistiche ufficiali.

«La Sardegna mostra risultati preoccupanti da oltre dieci anni», ha avvisato il presidente di Invalsi Roberto Ricci. «È un problema che affonda le sue radici da molto lontano, quindi anche nella scuola primaria. Nella formazione in generale, ma soprattutto nella formazione scientifica, purtroppo la scuola sarda sembra più in affanno rispetto a quella di altre regioni». Il mancato raggiungimento delle competenze minime da parte di una quota piuttosto elevata di ragazzi pone inevitabilmente il problema, «di una marcata disuguaglianza educativa sia in termini di diversa capacità della scuola di attenuare l’effetto delle differenze socio-economico-culturali, sia in termini di differenze tra scuole e, soprattutto, tra classi».

Alle difficoltà della scuola (che fatica a organizzarsi per garantire a tutti, e a ciascuno, uguali opportunità), vanno aggiunte le criticità strutturali di un contesto che non aiuta gli studenti più svantaggiati, basti vedere le alte percentuali di pendolarismo (nel Nuorese la dispersione è oltre il 40%) e l’insufficiente copertura di banda larga nelle aree interne.

Si è rotto l'ascensore sociale, che pure ha funzionato in passato, e a terra ovviamente restano i ragazzi meno equipaggiati, le storie nascoste dentro i numeri record della dispersione scolastica. Un problema che incide negativamente sulla tenuta sociale ed economica della Sardegna. Emanuela Marrocu, docente di econometria dell’Università di Cagliari e ricercatrice del Crenos (Centro ricerche economiche Nord-Sud) spiega che «con l’abbandono scolastico noi perdiamo capitale umano. Questo ha delle ripercussioni non solo dal punto di vista strettamente economico ma prima di tutto sociale, civile». Dimensioni che, sottolinea, «hanno a loro volta effetti sull’economia perché abbiamo bisogno di persone istruite, ovvero cittadini che fanno scelte consapevoli». Sono, queste, «persone che hanno capacità, che possiedono quelle che in gergo gli economisti chiamano skills. Persone che quando svolgono il loro lavoro, proprio grazie a queste competenze sono molto più produttive di chi quelle skills, quelle conoscenze, non le ha acquisite». 

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