Fango monello. Fango schifoso. Mostro con tre orecchie. Fangacqua. E tutte le declinazioni possibili di distruzione e tortura. Sono i nomi che i bambini di Bitti hanno pensato di dare alla furia assassina di acqua, fango, alberi e detriti che il 28 novembre scorso ha ucciso tre persone, sventrato strade, sepolto case, causato 110 milioni di euro di danni e messo in ginocchio tutta la comunità. L’alluvione che nella terribile giornata d’autunno ha sconvolto il paese è rimasta senza un nome, diversamente da quella del 18 novembre 2013, da subito ribattezzata Cleopatra, ormai storico punto di riferimento dei disastri ambientali in Sardegna. Quella ben più devastate arrivata sette anni dopo, invece, è semplicemente l’alluvione per antonomasia. E tanto basta.

A distanza di otto mesi i bambini hanno cercato un nome per qualificare un evento che ha spezzato in due la storia della comunità. Hanno attinto dai sentimenti vissuti in modo diretto con i familiari, oppure dai racconti da brivido che non potranno mai dimenticare. E allora tra i tanti nomi, oltre a fango monello o schifoso, all’irresistibile fangacqua, emerge una varietà di definizioni che coglie terrore e fantasia: portavia, distruggi case, distruggi tutto, distruttore, superdistruzione, mostro, pantera infuriata, tempesta di acqua, paura, torturizzamento, torturizzazione. Anche Samantha, Marco Antonio marito di Cleopatra, furia, paurosa, devastante, il gigante guliver, impertore, pluplia, sendermen, abilastru (aquila in lingua sarda).

Bambini attorno alla fontana della piazza Asproni (foto concessa)
Bambini attorno alla fontana della piazza Asproni (foto concessa)
Bambini attorno alla fontana della piazza Asproni (foto concessa)

Il nome con cui battezzare il ciclone ai bambini della ludoteca - una quarantina - è stato proposto come un gioco inserito nel progetto di arte e comunità “Paesaggi interrotti”, curato dalla Carovana Smi (suono movimento immagine) che, tra linguaggi dello spettacolo e inclusione, ha alle spalle tante iniziative ed esperienze consolidate dal 2008. «Vogliamo rigenerare bellezza e poesia dove c’è il dramma», ha spiegato Ornella D’Agostino, regista e direttrice artistica. Con questo obiettivo a giugno e luglio la Carovana Smi con i suoi animatori ha visitato i luoghi devastati, guardato le ferite, ascoltato le persone, coinvolto le associazioni. Ha messo in campo artisti di provenienza e culture diverse, dai danzatori ai circensi, ai musicisti, giunti da realtà lontane: Filippine, Cile, Gambia, Marocco, Mali, Francia, Germania. In mezzo a loro anche giovani migranti. Tutti si sono confrontati con una natura vulnerabile, la voglia di inclusione e la ricchezza rigeneratrice dello spettacolo, capace di trasformare i luoghi mutilati in speciale palcoscenico. «Non abbiamo la presunzione di indicare direzioni, siamo arrivati a Bitti in punta di piedi. Il primo passo è stato quello di aprirci alle organizzazioni, esperienze e generazioni di questo paese unico al mondo. Non a caso abbiamo cominciato dai bambini», hanno spiegato i protagonisti, capaci di portare avanti un progetto corale coinvolgendo Comune, Ilos Teatro di Lula, cooperativa Istelai, biblioteca, Ceas Tepilora, Terrapintada, Bitzi Tv, Riccardo Ruiu, Global Band, tenore Dure, gruppo folk Sa Bitha, le associazioni Su Leorminu e Akimus, panificio Cossellu e Su Logu.

Spettacolo con la Carovana Smi a Bitti (foto concessa)
Spettacolo con la Carovana Smi a Bitti (foto concessa)
Spettacolo con la Carovana Smi a Bitti (foto concessa)

La ludoteca, col laboratorio “Le vie dell’acqua”, ha guidato i piccoli, tutti alunni delle scuole elementari, lungo l’itinerario doloroso che parte da via Cavallotti, arriva nella piazza Asproni e scende lungo via Brigata Sassari fino al parco giochi che non c’è più. Tra incanto e gioco, questo teatro d’esperienza ha conquistato i bambini che col guscio di una noce hanno realizzato una barchetta dove infilare un biglietto con una parola simbolo. C’è chi ha scritto solidarietà, a evocare il gran cuore di cui Bitti è stato destinatario, chi pace, chi felicità o speranza. La barchetta con il suo buon auspicio è stata lasciata galleggiare nell’acqua della fontana al centro di piazza Asproni che per i residenti è da sempre, semplicemente, lo zampillo. Luogo familiare per generazioni, dove lo scroscio dell’acqua leggero e gradevole non fa paura. Le barchette in navigazione simboleggiano anche un atto di riconciliazione: la violenza di quel 28 novembre ha rotto il rapporto di serena convivenza con l’acqua diventando presenza funesta e terrorizzante. I giochi dei bambini aiutano a guardare oltre il dramma. Come atto finale del progetto è arrivata la scelta di un nome possibile per un evento comunque traumatico per grandi e piccoli. Le parole scritte in modo anonimo nei foglietti sono diventate un puzzle di carta e di memoria, ricomposto nella ludoteca. Un’opera collettiva importante. Non l’unica. Di questa intensa esperienza restano anche i disegni dei bimbi che si animano in un video, “Il fiume parla”, grazie all’abilità di Alonso Crespo e alla spontaneità delle riflessioni dei piccoli. «Il fiume mi ricorda a volte la paura perché penso che possa di nuovo esondare, a volte la calma», confessa un bambino. In un altro lavoro i piccoli esternano proposte proiettate verso la ricostruzione. «Io farei il parco giochi più in là, sostituirei il campo da basket con un parco giochi nuovo». «Vorrei che ci fossero più spazi verdi a disposizione, non solo per far giocare i bambini ma anche per far entrare la natura nel paese».

Spettacolo per Bitti (foto concessa)
Spettacolo per Bitti (foto concessa)
Spettacolo per Bitti (foto concessa)

I lavori dei bimbi hanno fatto parte naturalmente del festival Artistinscena che, sotto la direzione artistica di Elena Musio, ha riunito a Bitti una trentina di compagnie teatrali e musicisti. Per sette giorni hanno donato la bellezza della loro arte e un cuore pieno di solidarietà.

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