Non era riuscito nell’impresa Pietro il Grande che aveva cominciato a guardare verso l’Occidente; e nemmeno l’imperatrice Anna, che di sé ha lasciato più che altro il ricordo di una sovrana crudele e stravagante. È stata Caterina II a conquistare la Crimea, sottraendola ai turchi e inaugurando definitivamente l’ossessione dell’egemonia russa sul Mar Nero, ancora oggi il totem della politica estera del Cremlino. Per la verità, ma gli incauti non si affrettino a farne un richiamo al presente, arrivò a espandere l’impero fin verso l’Europa, e col pretesto di difendere gli ortodossi che vivevano nella Polonia orientale, finì per spartirsi l’intero Paese con l’Austria e la Prussia.

Potere e sesso

La zarina di tutte le Russie, che nella seconda metà del Settecento regnò sul vasto impero che andava dalla Siberia al Baltico, come suo solito intrecciava le questioni di potere, e di espansione territoriale, alle storie d’amore e di letto. Salì al trono dopo l’uccisione del marito, Pietro III, per mano di Grigorij Orlov, uno degli amanti prediletti tra i dodici di cui gli storici hanno contezza, due prima dell’incoronazione e dieci dopo. Amanti che le assicurarono devozione, lealtà e quattro figli. L’amore più grande, l’uomo che ha amato più di tutti, fu Grigorij Aleksandrovic Potëmkin, colui che nel nome della zarina ha conquistato la Crimea (annessa da Caterina nel 1783), fondato Sebastopoli, organizzato la base e la flotta navale sul Mar Nero, e condotto infine la guerra nel Caucaso contro l’Impero ottomano.

La sovrana filosofa

Con buona pace di chi oggi butterebbe volentieri al macero la grande storia russa, va detto che Caterina II è stata uno dei più grandi monarchi dell’età moderna nonché una donna leggendaria. Figlia di un piccolo principe tedesco, governatore di uno staterello come al tempo in Prussia se ne contavano a centinaia, regnò per 34 anni con pugno di ferro e tuttavia ispirata dai principi dell’Illuminismo, tanto da pensare all’abolizione della pena di morte e della servitù della gleba. Voleva fare un nuovo codice di leggi e perciò scrisse un’istruzione per la commissione di giuristi incaricati di redigerlo; un documento in cui parlava di libertà e di uguaglianza, riprendendo interi brani degli scritti di Beccaria e Montesquieu.

La prima influencer

Diceva cose del tipo: «Io per me sarei repubblicana». Ma - a parte la modernizzazione della struttura amministrativa statale, l’apertura di scuole e ospedali - si vedrà che nella pratica non arretrerà neanche di un passo all’assolutismo del suo potere. Scriveva tantissimo: articoli, romanzi, pièces teatrali, manuali di pedagogia, riflessioni, memorie. E lettere, un’infinità, che spesso - specie i carteggi coi filosofi illuministi - venivano pubblicate sui giornali, con un ritorno d’immagine straordinario. Caterina, ovviamente, se ne compiaceva. «Voltaire mi ha messo alla moda», disse una volta. Voltaire, già allora il più conosciuto tra i filosofi dell’Illuminismo, era uno dei suoi protetti e lui la ricambiava con la piaggeria degli adulatori, tanto da dichiararle apprezzamento per il suo «autoritarismo illuminato» e da indicarla al mondo come un modello di cambiamento, una monarca diversa dai biasimevoli Borbone di Francia. Non mise mai piede in Russia, ma scambiò con la zarina una fitta corrispondenza. Lei, ha scritto lo storico Marco Natalizi nel saggio Caterina di Russia, arrivava a combinare «il processo di creazione dell’immagine con il calcolo strategico del governante». Trasformò, «l’esercizio del potere in una promozione personale continua».

Lo spettro della Bastiglia

Coltissima, leggeva i filosofi e ne era dunque anche mecenate. Tra gli altri aiutò Diderot e, appunto, Voltaire. Per finanziare il primo, carico di problemi economici, arrivò addirittura a comprare la sua biblioteca, lasciandogliela in mano, nominandolo bibliotecario di corte e anticipandogli una somma di denaro pari a cinquant’anni di stipendi. Nel 1773 l’aveva persino chiamato a San Pietroburgo per farsi consigliare nel progetto di grandi riforme, ma sfortunatamente in quel periodo Caterina era molto impegnata a soffocare nel sangue l’insurrezione dei servi della gleba capeggiata da Pugacëv. L’ombra della Rivoluzione Francese era ancora lontana, ma fu quella rivolta a instillare nella zarina il primo ripensamento sulle idee dell’Illuminismo. Se ne convinse definitivamente anni dopo, nel 1789, quando a Pietroburgo cominciarono ad arrivare dalla Francia terribili notizie: l’assalto alla Bastiglia, la nascita di un’Assemblea Costituente, la fine della monarchia assoluta, e nel ’93 la decapitazione di Luigi XVI e di Maria Antonietta. Tutto quel che dei filosofi aveva letto e apprezzato, adesso le appariva come la causa di una catastrofe, di una «calamità senza fine». Morì nel 1796 ed era già una leggenda.

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