Avvocata Woo, la nuova star delle legal series coreane
Pur ancora con l’obbligo dei sottotitoli, su Netflix spopolano le storie di Woo Young-woo, interpretata dall'attrice è Park Eun-binPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
La Corea si rivela ancora una volta vincente: dopo Squid Game, spietato affresco del neocapitalismo, segna un altro goal con la serie “Avvocata Woo”, che ha per protagonista una giovane avvocata alle prese col suo primo lavoro in un grande studio legale di Seoul.
Woo Young Woo, nome palindromo, adora le balene e il codice penale. Figlia di un mancato avvocato single, ha cominciato a parlare tardi, recitando un intero articolo del codice penale: non stupisce trovarla, quindi, anni dopo, come ottima laureata in Legge alla migliore università di Seoul.
Dovrebbe essere contesa dagli studi legali, invece viene rifiutata da tutti perché ha la sindrome di Asperger, un disturbo dello spettro autistico. Solo grazie l’intervento del padre viene assunta dallo studio Hanbada, rivale del ben più noto Taesan.
Nelle sedici puntate della serie seguiamo Woo mentre cresce come persona e come avvocata e si rimane affascinati dalle sue stranezze, ma soprattutto dalla sua intelligenza. Fanno da contorno il padre, la migliore amica, il suo mentore, i giovani colleghi e una serie di intrighi che coinvolgono le Ceo dei due studi legali. Non manca neppure un corteggiatore tanto bello quanto affettuoso.
Tra colpi di scena personali e in tribunale, la serie regala molte emozioni, che arrivano nonostante la lingua sia quella originale e si debbano leggere i sottotitoli in italiano: ma vale la pena fare un po’ di fatica per godersi, oltre alla traduzione in italiano, anche la bellezza del suono autentico del coreano.
Woo è insicura nella vita privata, ma si rivela una leonessa quando veste la toga. Sente i suoi problemi come un ostacolo fra lei e il mondo dei “normali”, ma il suo mondo è più interessante di quello comune e ciò le permette di avere un’altra prospettiva, non banale, sulla realtà.
Il pregio della serie è di far riflettere sulla disabilità in modo intelligente, senza indulgere verso la macchietta o il pietismo: Woo ha difficoltà a decifrare le emozioni, sue e degli altri, ma ha anche il dono di una portentosa intelligenza.
La sua vita è quella di una giovane donna alle prese con un lavoro nuovo e importante, che ha bisogno di un maestro ma che è a sua volta guida per gli altri: il suo capo e i colleghi dello studio sono affascinati e allo stesso tempo terrorizzati da lei, che ha guizzi di genio come di goffaggine. I clienti rimangono perplessi a vederla entrare nella sala riunioni solo dopo aver contato fino a tre, ma poi apprezzano la sua competenza: nessuno conosce gli articoli del codice meglio di lei.
In Woo i normali problemi di una giovane ragazza sono resi più complicati dall’autismo, poiché ha voglia di essere amata, ma ha paura di rendere solo chi la amerà; vuole crescere, ma ha paura di staccarsi da suo padre; vuole essere una buona avvocata, ma trova difficile entrare in empatia con gli altri.
Eppure è proprio grazie al suo intuito che i casi più spinosi vengono risolti: i temi sono tutti molto attuali e ci presentano uno spaccato della vita coreana e delle sue contraddizioni, in cui a fianco ad aziende leader delle vendite online convivono antichi monasteri buddisti o dove i bambini sono sottoposti a rigidi orari per poter diventare poi degli adulti competitivi. Non mancano le discriminazione sul lavoro, la difesa del territorio, la sfida tra aziende rivali.
Woo, tra apparizioni di cetacei e porte girevoli da superare, trova la via giusta per affrontare gli ostacoli della sua vita di donna e di legale. E alla fine anche il collega che le era più ostile si convince a guardare il mondo attraverso i suoi occhi.