L’Inghilterra dà un’altra lezione di multiculturalismo al mondo intero. Una prova di integrazione vera. Di sostanza, non di facciata. Basta sbirciare in casa dei Tory, il partito conservatore, quello di Winston Churchill e Margaret Thatcher. La nuova leader, battezzata Olukemi Olufunto Adegoke, ha la pelle scura, è figlia di nigeriani e ha vissuto a Lagos sino all’età di sedici anni, oggi ne ha 44. Al di là della Manica, la conoscono come Kemi Badenoch. Il cognome è del marito Hamish, bianco, che di professione fa il banchiere. Insieme hanno due figli.

Kemi Badenoch ha tutto chiarissimo. Vuole arrivare a Downing Street ed essere la prima premier nera dell’Inghilterra, una nazione dove il colore della pelle non è un problema. Altro che Europa, altro che il nostro Bel Paese (si fa per dire), dove il generale Roberto Vannacci dice che la campionessa del volley Paola Egonu non ha «i tratti somatici della maggioranza degli italiani». A Londra se il razzismo c’è, non lo applicano di certo alla politica. Prima di Badenoch, altri due immigrati hanno preso in mano il potere. Quello vero. 

Sadiq Aman Khan, 54 anni compiuti l’8 ottobre, è sindaco di Londra da maggio del 2016. Lui, laburista socialdemocratico, è figlio di due pakistani. Padre autista di pullman, la mamma sarta.  Grazie ai risparmi dei suoi genitori, Khan riuscì a iscriversi nella facoltà di legge. Uno studente modello che prima di abbracciare la causa politica aveva uno studio legale. Il sindaco è anche un musulmano praticante e da quelle parti, nella terra della Corona anglicana, nessuno ha avuto da dire nulla.

Figli di immigrati, ben più benestanti ma comunque non bianchi, è pure il penultimo primo ministro inglese, Rishi Sunak, 44 anni anche lui. A ottobre 2022, dopo le dimissioni di Liz Truss da Downing Street, è stato leader dei Tory e a capo del governo inglese. Il multipot di Sunak è  ancora più spettacolare: il padre era nato in Kenya (faceva il medico), la madre, farmacista, in Tanzania. L’induismo era la religione di famiglia, perché i nonni dell’ex premier erano del Punjab, emigrati inizialmente nell’Africa orientale e poi in Inghilterra. Vero che se Kamala Harris avesse vinto le elezioni americane si sarebbe convertita nella prima presidente asioamericana degli States, ma nel Paese a stelle strisce ci sono ancora i primatisti bianchi, pure con un discreto seguito. Non solo: nessuno può dimenticare George Floyd, a cui un poliziotto di Minneapolis tolse il fiato, sino a farlo morire, immobilizzandolo con un ginocchio sul collo. A nulla valse il lamento dell’afroamericano 46enne che provava a ripetere: «I cant' breathe». «Non riesco a respirare». Non era il tempo dello schiavismo. Era il 2020. Poi sì, Barack Obama aveva il padre nigeriano, ma la mamma era una bianchissima antropologa di Honolulu.

Insomma, l’Inghilterra se ne frega di razza e religione, per dirla con le parole della nostra Costituzione, all’articolo 3. Kemi Badenoch studia da premier esibendo con orgoglio le proprie origini. Peraltro: quando il 2 gennaio del 1980 vide la luce, sua madre era a Londra per alcune cure sanitarie. Ma subito dopo prese il fagottino e tornò in Nigeria, come detto. La 44enne, non a caso, dice di sé: «Sono un’immigrata di prima generazione». L’aspirante premier ha i capelli afro (le treccine, per intenderci) e detesta il vittimismo razziale. Politicamente sostiene la Brexit e si definisce «femminista critica del gender». Badenoch, dall’arco delle sue frecce politiche, ne tira  spesso una. Ripete di essere diventata conservatrice per “colpa” di alcuni suoi colleghi dell’università, «stupidi ragazzi bianchi di sinistra».

La nuova leader dei Tory – entusiasta sostenitrice dell’Impero britannico e decisa a saldare in fretta il debito con il proprio partito, «che amo e mi ha dato tantissimo» –  sarà una grana per Keir Starmer, l’attuale capo del governo inglese travolto dal calo di consensi. Ad appena quattro mesi dal voto, la fiducia in Starmer è crollata del 38 per cento. Prima di diventare premier, Badenoch rischia di essere l’acceleratore della crisi laburista.

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