I nostri avi per secoli hanno puntato il naso all'insù nella speranza (e nel timore, anche) di vedere qualche astronave solcare i cieli a velocità irraggiungibili per l'Uomo e avvolte in fasci di luce accecante, ma sono rimasti delusi: nulla, a parte presunti avvistamenti poco attendibili - qualche decina - nel corso dell'ultimo secolo.

La speranza è l'ultima a morire, si dice, ma anche chi verrà dopo di noi pare dovrà mettersi l'anima in pace: un recente studio scientifico (tra i tanti che spuntano a ciclo continuo) ha calcolato il possibile numero di civiltà aliene esistenti nell'Universo e il risultato è per certi versi sorprendente nella sua precisione: sarebbero 36.

Pochine all'apparenza, per un posto vasto quanto il cosmo che certo non è equiparabile a un monolocale: solo nella Via Lattea, la galassia dove trovano alloggio la Terra e il Sistema solare, ci sono miliardi di stelle e decine di miliardi di pianeti; attorno a lei ci sono miliardi di galassie ciascuna delle quali vaga nell'infinito trascinando con sé altri miliardi di stelle e pianeti. Numeri difficilmente comprensibili per la nostra capacità di calcolo, ma è banalmente intuibile che esista una certa probabilità di trovare vita (di quale tipo è da vedere) in un condominio di questo tipo. I pianeti simili alla Terra (rocciosi e di dimensioni a essa comparabili) nella fascia abitabile (dove cioè è possibile la presenza di acqua liquida) solo nella nostra galassia sarebbero quasi 9 miliardi.

Eppure queste civiltà aliene non sarebbero più di 36 e alcune avrebbero anche tentato di entrare in comunicazione radio con la Terra. E' quanto sostengono gli esperti dell'Università di Nottingham, in Gran Bretagna, secondo i quali la vita intelligente nasce e si sviluppa ovunque proprio come è accaduto da noi. Dunque gli studiosi, partendo da questa convinzione, nelle loro ricerche hanno ristretto il campo alle "Communicating Extra-Terrestrial Intelligent civilisations", cioè alle "Ceti", extraterrestri che abbiano la capacità di trasmettere onde radio. Non c'è alcuna prova che esistano realmente, lo studio ipotizza questo numero basandosi sull'evoluzione della vita sul nostro pianeta per poi metterla a confronto con quella (ben diversa) osservata su altri corpi celesti della via Lattea: il mondo che dovrebbe ospitare gli alieni deve trovarsi in una fascia orbitale abitabile (cioè non troppo vicina né troppo lontana dalla stella attorno alla quale gira, così da poter avere acqua in forma liquida e una temperatura utile a contenere la vita), e l'evoluzione necessaria per avviare le comunicazioni deve svilupparsi tra i 4,5 e i 5,5 miliardi di anni successivi alla sua formazione. Ancora più ristretto il periodo temporale di ricerca, perché si è partiti dal presupposto che le Ceti durino non più di 100 anni, periodo equivalente a quello durante il quale l'Uomo ha trasmesso onde radio. Ecco perché Christopher Conselice, astrofisico dell'ateneo britannico, sostiene l'esistenza di "poche decine di civiltà attive nella nostra galassia", al cui interno sarebbero disseminate in maniera uniforme.

Curiosamente è di qualche mese fa la notizia della ricezione di un misterioso segnale radio della durata di pochi millisecondi e di frequenza regolare. Messaggi alieni? Improbabile, secondo l'Istituto SetiI (Search for Extra-Terrestrial Intelligence), il programma per la ricerca di vita intelligente extraterrestre. Si tratterebbe di stelle di neutroni, quel che resta di stelle esplose milioni o miliardi di anni fa. Gli astrofisici ritengono che nell'universo siano emessi in media 5mila lampi radio veloci ogni giorno e il più vicino sinora è stato identificato come proveniente da una galassia distante mezzo miliardo di anni luce dalla Terra. Dunque, nessun alieno. C'è da considerare del resto che, a parte teorie fantascientifiche sulla nascita della nostra specie, nessuna prova certa è stata trovata sull'arrivo di extraterrestri in qualche punto del pianeta né sul fatto che queste civiltà si tengano a distanza da noi con l'unico scopo di osservare ciò che accade sulla Terra. Del resto, perché non dovrebbero farsi vedere? Hanno paura? Improbabile, tenuto conto che se fossero arrivati sin qui sarebbero forniti di una tecnologia ben più avanzata della nostra. Studiano il momento adatto per conquistarci? Trama da B-movie. La realtà, a oggi, è che se esistono davvero forme di vita intelligenti oltre la nostra, noi non siamo riusciti a scoprirle né a stabilire alcun contatto con loro.

Gli stessi studiosi dell'Università britannica escludono alla fine la possibilità di poterne incontrare a breve qualcuna, perché secondo i loro calcoli la civiltà intelligente più vicina si troverebbe a circa 17mila anni luce. La luce - è noto - viaggia a una velocità prossima ai 300mila chilometri al secondo, dunque è facilmente intuibile (al netto della grandezza numerica) a quale distanza si trovi quel pianeta alieno. Di fatto le comunicazioni tra noi e loro sono impossibili. Del resto le stesse sonde Voyager 1 e 2 hanno superato solo da pochi mesi il confine esterno del sistema solare dopo 40 anni di viaggio, e si parla di pochi miliardi di chilometri. Insomma, servirebbero centinaia di generazioni solo per coprire la distanza tra la Terra e il primo pianeta abitato (forse) da esseri senzienti.

Ipotizzare che l'Universo sia privo di vita però non ha senso. Sono così tante le stelle, e ben di più i pianeti che vi girano attorno, da ritenere plausibile che alcuni (tanti) siano abitati. Da semplici batteri a forme più evolute quali quella umana (non necessariamente identica) sino a qualcosa che forse neanche la fantascienza ancora è riuscita a immaginare. Tesi sostenuta anche da un'autorevole esponente del mondo scientifico e dell'astronomia, Helen Sharman, prima donna britannica ad andare nello spazio e a entrare nella stazione spaziale sovietica Mir nel 1991, secondo la quale addirittura "gli alieni è possibile siano tra noi sulla Terra e semplicemente non li possiamo vedere". Secondo la chimica, che lavora all'Imperial College di Londra, potrebbero non essere composti da carbonio e azoto come gli umani. Mah. In ogni caso quanto a contatti siamo a quota zero.

Ancora qualche giorno fa su La Repubblica i ricercatori italiani Amedeo Balbi dell'Università di Roma Tor Vergata e Claudio Grimaldi dell'Ecole Polytechnique di Losanna hanno spiegato bene le difficoltà legate a una ricerca di questo tipo. Se una qualche civiltà tecnologicamente avanzata sparasse nello spazio un segnale radio, per avere una qualche possibilità di essere captato dovrebbe essere emesso "per un tempo lungo oltre un milione di anni". Poiché l'Universo è nato circa 13 miliardi di anni fa e l'Uomo esiste da molto meno (qualche migliaio di anni, ma la sua capacità di captare certi impulsi è ben più recente), per raccogliere quella voce proveniente dall'abisso "dovrebbe essere tutto sincronizzato, dovremmo osservare al momento giusto nella direzione giusta. Se un segnale fosse passato di qui mille anni fa non l'avrebbe ascoltato nessuno, è una finestra molto piccola". Star Trek e Star Wars sono molto lontani.
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