Per due anni la sua vita è stata scandita tutti i giorni da un metronomo difficile da accettare: la dialisi peritoneale. «Dieci-dodici ore di trattamento, per potermi alzare la mattina in tempo utile per andare al lavoro andavo a letto alle 19 o alle 20».

Quando Enrico Pitzalis ha ricevuto da un donatore un rene compatibile era il 9 novembre del 2007: «Avevo 29 anni. Dieci giorni dopo sono stato dimesso dall’ospedale, e dopo un mese mi sono sposato e ho ripreso a praticare  sport».

Adesso Enrico Pitzalis  ha 44 anni, lavora come impiegato tramite un’agenzia interinale per conto del Comune di Sestu  ed è uno dei punti di forza della nazionale italiana degli sportivi trapiantati e dializzati. Dagli Europei di Oxford è rientrato a Settimo San Pietro con due medaglie al collo: il bronzo per il tennis e l’oro nella petanque. «Nella finale di petanque, una disciplina delle bocce, sport da noi poco praticato, perdevo 8-1 ma concentrazione e un po’ di fortuna mi hanno aiutato a recuperare e a  vincere. Nello sport così come nella vita  ci vuole sempre una buona dose di fortuna».

Quando si è accorto della patologia?

«Ero un calciatore, ho giocato sin da bambino arrivando ad esordire in Prima Categoria con il Settimo, società in cui mio padre è stato a lungo presidente. Ogni anno mi sottoponevo alle visite mediche sportive specialistiche, in quel frangente è emerso il mio problema. Una malattia genetica trasmessa dalla mia nonna materna (sindrome di Alport) Sono peggiorato anno dopo anno sino ad arrivare alla dialisi».

Poi c’è stato il trapianto.

«Sì, al terzo tentativo. Prima in due occasioni ero stato contattato dal Brotzu ma l’intervento era saltato. Tutto ok il 9 novembre del 2007. Lo dico, sono rinato, libero dalla schiavitù della dialisi e devo tanto a chi mi ha donato il rene».

Sa chi è stato?

«Sì, ci tenevo a conoscere i familiari di chi, perdendo la vita, era stato capace di un gesto così nobile. Siamo riusciti a contattare questa famiglia di un paese della Trexenta, siamo in ottimi rapporti, li consideriamo parenti, ci sentiamo spesso: ogni giorno il mio pensiero va a lui che mi ha donato il rene, ma il ringraziamento quotidiano va a tutti i donatori che con il loro grande atto d’amore consentono a tante persone di continuare a vivere e godere di tanti. Momenti di vita normale e belli come quello che io e tutti i partecipanti all’ultimo campionato europeo abbiamo vissuto».

Perché questo desiderio di conoscere la famiglia del donatore?

«Per ringraziarli. In questo caso un uomo di 46 anni aveva avuto un ictus e la morte cerebrale, un dolore insopportabile per i parenti rimasti, forse appena appena meno insopportabile quando hanno saputo che una parte del loro caro è ancora viva e concede a me di vivere una vita normale».

Quando ha cominciato a giocare a tennis?

«Sono sempre stato uno sportivo, ho praticato calcio, pallavolo, in una squadra dove ho conosciuto mia moglie, e ciclismo. Dopo l’intervento mi è stato consigliato di smettere con il calcio, con il ciclismo non mi sono trovato a mio agio. Durante un torneo multisport organizzato in paese ho ricordato i miei trascorsi da ragazzo con la racchetta in mano e dopo due anni eccomi qua».

Enrico Pitzalis impegnato in un rovescio sui campi in terra di Settimo  (foto concessa da Enrico Pitzalis)
Enrico Pitzalis impegnato in un rovescio sui campi in terra di Settimo  (foto concessa da Enrico Pitzalis)
Enrico Pitzalis impegnato in un rovescio sui campi in terra di Settimo (foto concessa da Enrico Pitzalis)

Con chi si allena?

«Con i veterani e gli amici della serie D del tennis club Settimo, Mino Argiolas, Emiliano Farina, Matteo Marini».

A che livello gioca?

«Sono un quarta categoria, ho fatto pochi tornei, gioco di fatto da due anni e in previsione dei campionati per trapiantati e dializzati, anche se adesso proverò con i tornei provinciali e regionali della Federtennis».

Il suo gioco?

«Da fondocampo. Il mio preferito è Federer, ammiro anche Djokovic ma per ora palla lunga e pedalare è il mio motto, ma in futuro magari diventerò un giocatore da servizio e volée (sorride)».

Enrico Pitzalis con la maglia della rappresentativa dializzati (foto concessa da Enrico Pitzalis)
Enrico Pitzalis con la maglia della rappresentativa dializzati (foto concessa da Enrico Pitzalis)
Enrico Pitzalis con la maglia della rappresentativa dializzati (foto concessa da Enrico Pitzalis)

A Oxford?

«Premessa: i campi erano in erba sintetica e io non ci avevo mai giocato. Ho perso in semifinale contro un tedesco. Mi rifarò, magari ai mondiali tra uno-due anni».

Fra trapiantati si crea una sorta di fratellanza.

«Sì, grazie all’associazione Prometeo presieduta da Pino Argiolas, siamo molto attivi nel sensibilizzare e promuovere la donazione degli organi e i trapianti che in Sardegna in questo ultimo anno sono in forte calo e questo sia come associazione sia come pazienti ci preoccupa fortemente».

Come mai?

«È aumentato il numero di opposizioni alla donazione, che in questi primi

mesi è pari al 41% , mentre negli ultimi 14 anni il tasso di opposizione era stato mediamente del 20% che in un ipotetica classifica della bontà la nostra isola si sarebbe collocata ai primi posti, mentre ora ci collochiamo in fondo alla classifica. Con la nostra opera di sensibilizzazione, sia nelle scuole sia nei comuni, speriamo di tornare ai vertici di questa classifica».

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