Elegante. Elegantissima. La vera divina del tennis italiano, come l’aveva ribattezzata quello scrittore prestato al giornalismo sportivo che rispondeva al nome di Gianni Clerici.

Lea Pericoli (foto Ansa)
Lea Pericoli (foto Ansa)
Lea Pericoli (foto Ansa)

Chi ha conosciuto Lea Pericoli – scomparsa oggi all’età di 89 anni – nelle sale stampa dei tornei internazionali o durante i match di Coppa Davis e Federation Cup, anche a Cagliari, restava incantato dal suo fascino, dal suo charme.

Sempre gentile e sorridente con tutti, disponibile per un commento, una chiacchiera, mai una polemica, sempre una parola buona per tutti, autentica ambasciatrice del tennis italiano, ruolo che le ha aveva assegnato il presidente della Federtennis Angelo Binaghi, insieme al suo amico di tutta una vita, Nicola Pietrangeli. La prima tifosa dei tennisti azzurri, la più entusiasta quando Francesca Schiavone e Flavia Pennetta vinsero i titolo del Grande Slam a Parigi (2010) e a New York (2015). E quando all’inizio dell’anno, a gennaio, Yannik Sinner vinse il suo primo titolo slam in Australia, gli fece forse il più bel complimento: «Sinner è unico, non mi ricorda nessuno dei campioni del passato».

Quella di commentatrice per la tv e per i giornali era la sua seconda vita sui campi da tennis. Prima era stata una tennista vera, una delle prime “professioniste” in Italia, e con la racchetta in mano rivelava la sua vera indole, quella di combattente.

In campo non mollava un punto, è stata a lungo numero 1 italiana, detiene il record di titoli tricolori assoluti (27) in un’epoca in cui questo torneo era davvero importante. Era un altro tennis, quello delle racchette in legno, delle mises rigorosamente in bianco, anche le tenniste come Lea Pericoli non si arricchivano di certo, spesso i tornei erano a inviti. E non esistevano classifiche mondiali: Lea Pericoli ha comunque dominato il tennis in Italia dal 1955 al 1975, ha raggiunto gli ottavi al Roland Garros (1955, 1960, 1964 e 1971) e a Wimbledon (1965, 1967 e 1970) in singolare e ha vinto tredici tornei internazionali, compreso quello di Montecarlo.

Lea Pericoli (foto archivio Unione Sarda)
Lea Pericoli (foto archivio Unione Sarda)
Lea Pericoli (foto archivio Unione Sarda)

Spesso si dice che il campo da tennis è come lo specchio della vita, lo stile di gioco rivela quello che si è nella vita, dentro di sé. E Lea Pericoli ha impersonato alla perfezione questo concetto. Elegante, l’abbiamo già detto, ma anche con una forza d’animo che esprimeva nelle infaticabili maratone sulla linea di fondo campo, con i suoi famosi pallonetti, ma soprattutto fuori dal campo: Lea Pericoli è stata una delle prime donne testimonial della lotta contro il cancro dopo aver affrontato e sconfitto un tumore (all’utero) nel 1973, e poi un altro ancora nel 2012 (al seno). Un esempio per tutti. Il professor Umberto Veronesi, oncologo fondatore a Milano dell’istituto nazionale per i tumori, le chiese come mai decise di raccontare la sua malattia: «Sto combattendo il cancro come se fosse un mio avversario in una partita a tennis, voglio il sostegno del pubblico». Fantastica. 

Incredibile.

Lea ha concesso poche interviste. Nell’ultima rilasciata al Corriere della Sera, faceva una sorta di bilancio della sua vita, ammetteva di non avere rimpianti, di essere stata felice, appagata, sia come tennista, sia come giornalista scelta da Indro Montanelli come firma del tennis per il Giornale, sia come donna.

L’infanzia l’aveva trascorsa al seguito del padre imprenditore ad Addis Abeba. Quello stesso padre che si infuriò quando un famoso stilista Ted Tinling, disegnò per lei arditissimi vestiti da tennis che lei indossò addirittura a Wimbledon nel 1955: prima abbinati a mutande di pizzo, poi ornati con piume di struzzo, brillantini e stoffe che venivano usate per gli abiti da sposa o per quelli di scena, non per calcare i campi da tennis.

D’altronde solo lei, la divina, poteva permettersi di indossare in quegli anni quelle tenute con una classe e un’eleganza agli antipodi rispetto a una volgarità nell’abbigliamento che ha invaso di recente anche i campi da tennis.

I messaggi di cordoglio sono arrivati da tutto il mondo. A cominciare dalla Federazione italiana tennis e padel. Il più commosso quello di Nicola Pietrangeli. «Ho perso una sorella».

Nicola Pietrangeli e Lea Pericoli durante un incontro relativo alla candidatura presidenza Federtennis il 9/12/1997. ANSA -FARINACCI-KLD
Nicola Pietrangeli e Lea Pericoli durante un incontro relativo alla candidatura presidenza Federtennis il 9/12/1997. ANSA -FARINACCI-KLD
Nicola Pietrangeli e Lea Pericoli (ANSA -FARINACCI-KLD)

Ma forse è ancora più struggente rileggere adesso quello che Lea pericoli dichiarò sempre al Corriere della Sera quando le domandarono il suo pensiero sulla fine della sua vita: «Quando morirò sarò molto infelice, amo la vita in modo assurdo e tutto quello che mi è successo di negativo me lo sono fatta scivolare addosso».

Un’altra lezione di vita.

L’ultima.

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