Il mondo del calcio e i tifosi sardi piangono Comunardo Niccolai, scomparso a Pistoia. Aveva 77 anni ed era uno degli eroi dello scudetto del 1969-70.

Arrivato a Cagliari nel 1964, passando da Sassari (Torres), giocava in difesa in un ruolo che oggi non esiste più, lo stopper, ed era passato alla storia per la propensione alle autoreti. Con il Cagliari, in dieci stagioni, collezionò 222 presenze, mettendo a segno 4 reti.

Indossò per tre volte la maglia azzurra, partecipando nel 1970 al Mondiale in Messico, con l’Italia (in campo tanti cagliaritani, ad iniziare da Gigi Riva) che si piazzò al secondo posto.

«Tutto il Cagliari Calcio piange la scomparsa di Comunardo Niccolai, indimenticabile protagonista dello Scudetto del 1970»: inizia così la nota del club rossoblù. 

Ecco di seguito il comunicato del Cagliari Calcio. 

Era nato a Uzzano, piccolo centro in provincia di Pistoia, il 15 dicembre 1946. Deve il suo curioso nome di battesimo al papà, Lorenzo, che lo chiamò Comunardo in omaggio alla Comune di Parigi.

Dopo gli inizi nel vivaio del Montecatini, Niccolai arrivò giovanissimo in Sardegna, alla Torres. Era il 1963: giocò 22 partite in Serie C, segnalandosi tra i migliori prospetti della categoria. Un’ottima stagione che gli valse l’attenzione del Cagliari, che lo acquistò precedendo tutte le squadre interessate al suo cartellino.

Niccolai confermò le sue doti anche in rossoblù, anche se inizialmente dovette fare da riserva al più esperto Vescovi. Con la partenza di quest’ultimo nel 1968, si impossessò definitivamente della maglia numero 5. Rimase al Cagliari sino al 1976, per poi trasferirsi al Perugia e chiudere la carriera al Prato. Col Cagliari ha totalizzato oltre 270 presenze con 6 gol all’attivo.

Intraprese quindi la carriera di allenatore all’interno della FIGC. È stato apprezzato selezionatore delle giovanili azzurre tenendo a battesimo giocatori che avrebbero scritto la storia della Nazionale, come Gianluigi Buffon e Francesco Totti. Nel 1993-94 ha guidato la Nazionale maggiore femminile.

Il suo nome è tradizionalmente legato agli autogol, alcuni dei quali rimasti celebri. Lui stesso ne parlava con filosofia e autoironia: “All’inizio mi dava fastidio ma poi ci ho fatto l’abitudine. Ci sono giocatori che hanno fatto un’ottima carriera ma non se ne ricorda nessuno; io almeno ho lasciato un segno nella storia del calcio italiano”.

Sarebbe tuttavia ingiusto limitare la carriera a questi sfortunati contrattempi. In realtà, Niccolai è stato un difensore di grande valore, arcigno, attento in marcatura, ma anche bravo ad uscire dall’area palla al piede e testa alta. I suoi interscambi col libero, Cera o Tomasini, hanno precorso i tempi: col passare degli anni, lo scambio di posizione tra i centrali è diventata una prassi nel modo di difendere richiesto dal calcio moderno. L’eccezionale rendimento del reparto arretrato nell’anno dello scudetto (11 soli gol al passivo, record tuttora imbattuto nei campionati a 16 squadre) lo si deve anche al suo formidabile apporto. Non a caso, venne inserito nella lista dei 22 azzurri convocati per i Mondiali del Messico. Il CT Ferruccio Valcareggi lo schierò titolare nella prima partita contro la Svezia. Sono 3 le sue presenze in azzurro.

Niccolai lascia il ricordo di un grande sportivo, un uomo educato, gentile, rispettoso, cordiale, che sapeva farsi voler bene. Un maestro di calcio e di vita.

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