Il nome non è importante, ma ciò che ha fatto, anzi, come è stato giudicato per quello, sì. E molto. Anche perché, la squalifica per tre turni di un giocatore del Taloro Gavoi (campionato Giovanissimi della provincia di Nuoro) è destinata a fare giurisprudenza.

Quale è stata la colpa? Un calcione a un avversario? Una protesta in campo? Una simulazione? Niente di tutto questo.

Un post. proprio così, un post su uno dei tanti social network.

È stato l'arbitro a ricevere, su Facebook, "...un messaggio contenente gravi ingiurie e trivialità riconducibile alla gara Taloro-Nuorese, campionato Giovanissimi", recita il comunicato federale. Per la cronaca, la gara era finta 0-2.

Il giudice sportivo ha ritenuto che l'ambito della partita uscisse della linee di gesso, dal terreno di gioco per destinazione, dalla recinzione del campo e anche dal mondo reale, per sconfinare in quello virtuale. Sancisce un principio sacrosanto: l'educazione e il rispetto per avversari e arbitro, non devono avere confini.

Il giovane calciatore ora lo sa. Avrà tre settimane per rifletterci e magari la lezione sarà - suo malgrado - utile a tanti suoi colleghi. Anche meno giovani.
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