È un Jakub Jankto senza filtri, quello intervistato da Jack Murley nel podcast “Bbc’s Lgbt Sport”. Il centrocampista rossoblù ha parlato a lungo della sua sessualità, a partire dal video del coming out pubblicato nello scorso febbraio: «Ogni volta che aprivo TikTok o Instagram, il primo video riguardava me». Un’attenzione mediatica senza precedenti: «Quando ricevi migliaia, forse milioni, di messaggi di persone che ti dicono che ti apprezzano e ti ringraziano, sei davvero felice. Però mi ha messo pressione», spiega Jankto. «Non è facile essere il primo ragazzo al mio livello che dice, “Sì, sono gay”»

Poi ha ripercorso la sua vita, partendo dall’adolescenza: «Avevo 13 o 14 anni quando ho capito che qualcosa fosse… non innaturale, ma diverso. Da bambino non ci pensi tanto». Poi racconta: «Quando ho provato la mia prima relazione con una ragazza, non era come essere un ragazzo. E poi quando sono entrato in squadre di calcio professionistiche, essere gay era ancora visto come “non normale”. Il calcio è ancora un po’ omofobo, credo». 

Jankto racconta le sue ansie e i suoi timori: «Ero terrorizzato. Quando avevo 18 o 19 anni ed ero vicino ad altri ragazzi e non potevo aprire i messaggi su Whatsapp perché avevo sempre la paura che qualcuno potesse vedere un messaggio o una foto da un ragazzo». Poi il rossoblù racconta di aver capito che il nascondersi lo stava penalizzando anche in campo: «Giocare a calcio professionistico era un mio sogno, e cerco sempre un modo per migliorare. Il coming out era ciò di cui avevo bisogno per migliorare. Mi sono anche detto: “Bene Jakub, sei un calciatore professionistico, ma hai la tua vita che devi vivere come vuoi”. E per me era fondamentale».

Da qui la grande decisione: «Non avevo paura quando l’ho fatto. Era un momento enorme per me, ma dopo sei-sette mesi posso dire che non è stato un errore. Se potessi rifarlo lo rifarei, perché mi ha aiutato e penso abbia aiutato tante tante persone. È stato un momento enorme per tutti i calciatori, e molti mi hanno scritto per ringraziarmi. Penso sia servito da esempio per tutti, e ora sono felice di poter giocare senza nascondermi o essere spaventato. Vado avanti come se nulla fosse, e questo è davvero bello». 

Eppure la sua è ancora una situazione isolata: «Stavo pensando alla situazione e mi dicevo: “Sei il primo caso”. È il 2023, non so quanti milioni di persone sono gay e tu sei il primo calciatore gay dei primi cinque campionati. È strano! Ero sorpreso».

Poi parla di come la notizia sia stata accolta: «Sai, mi aspettavo che nelle partite in trasferta, qualcuno negli spalti potesse fischiarmi. Ma non l’ha fatto nessuno. Proprio nessuno nessuno! E io pensavo “Oh Dio, che bello”. Che bello che tutti mi supportino, mi sento davvero alla grande qui».

Ora la sua vita è cambiata: «Sono fiero di me, perché se ho affrontato questa situazione posso affrontare qualsiasi situazione della mia vita. E se mi dite che le persone gay sono fiere di me, io dico che sono fiero di voi, perché so come vi sentite. So come le persone si sentono se devono nascondere qualcosa, e vi auguro buona fortuna e siate forti, perché non c’è nessun motivo per avere paura. Forse vedremo più esempi come il mio, non solo nel calcio». 

(Unioneonline/L.Ne.)

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