«Quando corro mi sento vivo, amo la competizione. L’atletica mi tiene sveglio la notte, è per me un sogno ad occhi aperti». Filippo Tortu ha appena terminato l’allenamento in una affollata Arena Civica di Milano, un po’ di stretching per sciogliere i muscoli, tono di voce rilassato. La temperatura è tiepida, l’atmosfera distesa, si respira un preannuncio di primavera che dà fiducia. Il 2023 sarà per lui un anno fondamentale, a distanza di due anni dal Trionfo Olimpico a Tokyo nella 4x100 insieme al suo amico fraterno Lorenzo Patta, per cui si sta preparando nel migliore dei modi. «Mi sento bene e non è poco», ripete mentre guarda il tartan color verde smeraldo di viale Giorgio Byron, il suo palcoscenico privilegiato, teatro di allenamenti quotidiani, custode di fatiche, sogni e speranze.

Tortu come procede la preparazione?

«Procede tutto per il meglio, sono soddisfatto. È stata una preparazione molto lunga, cominciata a ottobre: a gennaio ho svolto un bel raduno nel caldo di Tenerife, la prossima settimana ne farò uno a Roma con i miei compagni di staffetta della nazionale. Rispetto all’anno scorso, abbiamo corso un po’ di più nella prima fase, cerchiamo sempre di variare da un anno all’altro. Ora stiamo entrando nel vivo, con le sedute più intense dove stiamo di volta in volta velocizzando».

Quando esordirà all’aperto?

«Penso a fine aprile oppure verso i primi di maggio. Credo correrò un 100 come test ma potrei anche fare un 200 se le sensazioni dovessero essere buone. Vedremo».

Quanto ha influito venire da una famiglia di atleti e, in particolare, di sprinter?

«È stato sicuramente importante, mio nonno, mio padre Salvino - che è anche il mio tecnico - e mio fratello sono stati esempi da seguire. Ma nessuno di loro ha mai forzato la mano affinché corressi, per la mia famiglia era fondamentale che facessi sport e che mi divertissi».

Nel suo team di lavoro ci sono varie persone legate alla Sardegna.

«Assolutamente sì e sono fiero di questo. Il mio fisioterapista in nazionale è Matteo Pusceddu di Arbus mentre qui in Brianza mi segue Mario Ruggiu che è originario di Bosa per quel che riguarda la fisioterapia, la forza accessoria e la mobilità articolare».

Cosa ne pensa del trionfo sui 60 di Samuele Ceccarelli?

«Sono felicissimo per Samuele, è stato incredibile. Non vedo l’ora di conoscerlo personalmente, ci incontreremo la prossima settimana a Roma per il raduno con gli altri staffettisti. Oltre a essere un ragazzo di grande talento, ha dalla sua una grande lucidità: è stato in grado di gestire molto bene i turni di gara, dimostrando carattere e maturità. È la tenacia che rende un velocista talentuoso un campione».

Anche lei ha corso il 29 gennaio a Stoccolma un 60 al coperto in 6’’75 ma non era soddisfatto. Cosa non è andato per il meglio?

«Tecnicamente non è andata male, semplicemente è stata una giornata no che può capitare. Probabilmente se avessi corso la settimana successiva, avrei fatto un tempo migliore perché le sensazioni erano buone. Ma non faccio di questo un dramma, guardiamo avanti con entusiasmo».

Torniamo al Trionfo olimpico a Tokyo. Cosa ha pensato quando vedeva avvicinarsi Fausto Desalu?

«Tutti pensano che in quei momenti fossi tesissimo ma non è così. Io lì ho capito che potevamo vincere, mi è scattato qualcosa dentro, ero impaziente di partire perché volevo sprigionare la mia forza. Nella mia testa mi ripetevo costantemente mentre correvo: “stai rilassato, non irrigidirti, alza le ginocchia”. La lucidità è l’arma vincente di un atleta».

Una vittoria condivisa insieme al suo amico Lorenzo Patta.

«Sì, sono molto amico di Lorenzo così come di Wanderson Polanco che in quell’occasione era una delle riserve. Ci sentiamo spesso e quando c’è l’opportunità ci vediamo. Per me, vedere che ci sono tanti velocisti sardi ai vertici come anche Luca Lai, Antonio Moro e Dalia Kaddari è motivo di grande orgoglio».

Quando tornerà nell’Isola?

«Sicuramente a fine giugno a Golfo Aranci dove ho la casa. Mi allenerò al Fausto Noce di Olbia, un impianto a cui sono legatissimo, poi tornerò per rilassarmi a settembre».

Quali sono i luoghi che più ama?

«La spiaggia Cala Moresca, così come Tempio dove ho ricordi bellissimi delle cene con gli amici di mio padre: per me Elio, Gerolamo, Giovanni, Attilio e tutti gli altri sono persone a cui voglio un bene dell’anima».

Il 13 ottobre 2013 vinse i Tricolori Cadetti a Jesolo sugli 80 in 9’’09. Avrebbe mai detto che l’atletica sarebbe diventata la sua vita?

«Assolutamente sì, lo sognavo sin da bambino. Poi, quando sono arrivato nella categoria Allievi ne ho preso sempre più consapevolezza».

Quali sono i suoi obiettivi per il 2023?

«Sicuramente il focus sarà sui 200: voglio scendere sotto i 20 secondi ed entrare in finale ai Mondiali. Darò il massimo per farlo: amo la competizione e il confronto con i più forti non mi spaventa. Solo chi ha il coraggio di puntare in alto può realizzare i propri sogni».

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